LA NUOVA GEOGRAFIA DEL PARTITO CHE ESCE DAL PRIMO TURNO DELLE PRIMARIE IMPONE A BERSANI UNA CORREZIONE DI ROTTA BRUSCA (E DIFFICILISSIMA DA COMPIERE IN SEI GIORNI)
Primo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 225, 26 novembre 2012 – In argomento v. anche il secondo editoriale telegrafico, Se tra Bersani e Renzi l’arbitro è D’Alimonte.
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Per avere un’idea dell’entità della scossa sismica da cui ieri è stato colpito il Pd, basta considerare che Renzi aveva lanciato la sua sfida politica a Bersani con l’appoggio di meno del tre per cento dei parlamentari democratici e del due per cento circa dell’apparato del partito. In questo primo turno delle primarie, al netto dei voti andati a Vendola e a Tabacci, lo stesso Renzi ha avuto il 43 per cento dei voti di area Pd. Quale che sia l’esito del ballottaggio di domenica prossima, chi guiderà il Pd non potrà non tener conto del fatto che la sua area liberal non pesa soltanto per il due per cento, come hanno pensato fin qui i suoi dirigenti di vertice, ma circa per la metà. Se tiene conto di questo profondo mutamento nella geografia del suo partito, Bersani non può esimersi da una profonda correzione di rotta, già nei prossimi sei giorni che ci separano dal voto. Se non lo farà, apparirà come un politico groggy, o con la testa nelle nuvole. Non propriamente l’immagine migliore per vincere.
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