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Il mio giudizio sull’accordo è senz’altro positivo, poiché l’accordo va nella direzione giusta: quella del decentramento della contrattazione collettiva e di un maggiore collegamento tra retribuzione e produttività. Ma con una osservazione critica. Il decentramento della contrattazione collettiva era già ampiamente legittimato dall’articolo 8 del decreto-legge n. 138 del 2011. Da un punto di vista tecnico-giuridico, dunque, questo
accordo non sarebbe stato necessario. Esso diventa necessario solo perché le confederazioni sindacali hanno deciso di cancellare politicamente la norma del 2011.
Hanno voluto cancellare quella norma perché è stata voluta dal governo Berlusconi: è stato uno degli ultimi suoi atti. Ma il sistema delle relazioni industriali, se vuole difendere la propria autonomia e la propria funzione di governo indipendente delle condizioni di lavoro, dovrebbe funzionare etsi politica non daretur, cioè mantenendosi totalmente indipendente dagli interessi di questa o di quella parte politica. Dovrebbe utilizzare gli spazi disponibili per scelta propria e prescindendo totalmente dalle scelte di questa o quella parte politica. Intendiamoci: l’articolo 8 del decreto-legge n. 138/2011 ha molti e gravi difetti; però apre degli spazi che la contrattazione aziendale, magari sulla base di guidelines dettate dalle confederazioni al livello nazionale, avrebbe potuto benissimo occupare già dall’anno scorso.
Quanto al Governo, esso avrebbe potuto limitarsi a disporre lo sgravio fiscale, entro limiti massimi predeterminati, per la parte della retribuzione che sia collegata al margine operativo lordo – cioè a un indice disponibile in qualsiasi impresa, anche di minime dimensioni – o ad altro indice di redditività o produttività individuato dalla contrattazione collettiva aziendale. L’incentivo, così, avrebbe funzionato indipendentemente dall’accordo, ma avrebbe fortemente incentivato l’accordo stesso, e in particolare la disposizione più importante che esso contiene. Mi riferisco, ovviamente, a quella per cui i contratti nazionali dovranno affidare alla contrattazione aziendale la gestione di una parte almeno dell’adeguamento retributivo all’inflazione, attuandolo attraverso premi legati a redditività o produttività aziendale.