DA DOVE E’ NATA LA CONVERGENZA TRA ME E IL SINDACO DI FIRENZE IN TEMA DI LAVORO E AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE, E DOVE PUO’ PORTARE
Intervista a cura di Maria Zegarelli per l’Unità, 14 novembre 2012
Senatore Pietro Ichino, se Renzi diventa premier lei sarà sicuramente ministro. Le ha praticamente assegnato il posto di Elsa Fornero durante il faccia a faccia tra i candidati alle primarie…
Si ferma un attimo a pensare, poi scuote la testa. “Ministro, non lo so… Quel che è certo è che questa è una lunga storia: già due anni fa Renzi mi chiamò a Firenze per farsi spiegare il Codice del lavoro semplificato. E organizzò un seminario su questo progetto di riforma. Poi la scorsa estate mi ha chiesto di lavorarci per il suo programma. Tra noi la consonanza su questo terreno, come sugli interventi per la pubblica amministrazione, data da allora”. In Aula in Senato è in corso la discussione sulla Diffamazione per i giornalisti, ancora nessuno si aspetta il blitz che arriverà dopo neanche un’ora con il voto segreto reintroduce l’arresto. Ichino ogni tanto si ferma ad ascoltare, “fra un po’ dovrò andare a votare”.
Bersani ritoccherebbe la riforma del mercato del lavoro del ministro Fornero. Se fosse lei ministro?
Quella riforma è un primo passo significativo, anche se timido, nella direzione giusta, cioè verso una riunificazione del mercato del lavoro e quindi verso il superamento del dualismo protetti-non protetti. Ha reso un po’ più flessibile il lavoro a tempo indeterminato e introdotto alcune norme di contrasto al precariato. Ma serve un intervento più coraggioso e incisivo in entrambe le direzioni.
Che cosa si dovrebbe fare?
Per prima cosa semplificare. La legge Fornero è illeggibile E aggiunge 100 pagine alle 2mila già esistenti della nostra legislazione sul lavoro. Occorre ridurre la legislazione di fonte nazionale a un unico testo facilmente leggibile dai milioni di persone interessate. Il Codice semplificato, che insieme a 54 altri senatori Pd ho presentato nel 2009 e che ora Renzi propone di varare, è costituito da 59 articoli in tutto, scritti in modo chiaro e semplice, traducibile in inglese. Sarebbe uno straordinario biglietto da visita, per attrarre gli investitori stranieri che oggi sono tenuti lontani anche dalla illeggibilità e intraducibilità del nostro diritto del lavoro.
Se lei dovesse indicare un argomento forte di cambiamento per convincere gli elettori a cosa punterebbe?
“La mia idea-forza è la flexsecurity: tutti i lavoratori a tempo indeterminato, a tutti le protezioni fondamentali, a cominciare dalla protezione antidiscriminatoria, ma nessuno inamovibile. A chi perde il lavoro deve essere garantita la necessaria sicurezza economica e professionale. Si può fare da subito anche qui in Italia.
Ichino in Italia non c’è il rischio che alla flessibilità in uscita non corrisponda la flessibilità in entrata e si creino ulteriori fragilità a danno dei lavoratori?
Anche in questo periodo di crisi in Italia si stipulano ogni anno due milioni di contratti di lavoro regolare a tempo indeterminato. Le società di outplacement ricollocano sul territorio nazionale i lavoratori che vengono loro affidati entro una media di sei mesi. Certo, questo servizio costa caro, ma costa molto di più tenere la gente in cassa integrazione per 5 o 6 anni come facciamo oggi. Si può sostituire il controllo giudiziale sul licenziamento per motivo economico con un trattamento complementare di disoccupazione, che scatta per il secondo anno se l’impresa non è riuscita a ricollocare il lavoratore entro il primo. Sarebbe un forte incentivo ad attivare i migliori di outplacement. Se poi le Regioni coprissero, come dovrebbero, i 2/3 o i 4/5 del costo tutto diventerebbe sopportabile.
Che giudizio dà del faccia a faccia tra i candidati?
E’ andato molto bene. Si è dimostrato che se al meccanismo delle primarie si dà il respiro necessario, diventano un fattore di rafforzamento straordinario del partito. Le analisi dei sondaggisti convergono nel dire che la crescita del Pd è dovuta al fatto che c’è un dibattito di massa per le primarie e che queste sono primarie vere, dall’esito incerto.
C’è qualcosa che Renzi avrebbe dovuto spiegare meglio?
Diverse cose, ma capisco la difficoltà di concentrare concetti anche complessi in un minuto e mezzo. Avrebbe forse potuto spiegare meglio agli italiani la responsabilità gravissima di un ceto politico che ha indotto il Paese per 30 anni a consumare l’equivalente di 30miliardi di euro ogni anno in più rispetto a quello che era in grado di produrre, collocando il debito sulle spalle di figli e nipoti. E avrebbe forse potuto anche spiegare meglio la strategia europea dell’Italia avviata con successo in questo primo anno da Mario Monti. E’ vero che ci costa 50miliardi l’anno fra rinuncia a indebitarci e restituzione del debito pregresso, ma può fruttarci 60-70miliardi l’anno di minori interessi sul debito. E aprirci finalmente agli investimenti stranieri.
Le è sembrato un po’ freddino con il premier?
E’ giusto rilevare i molti errori e lacune dell’azione del Governo Monti, ma dobbiamo essere più espliciti nel difendere la strategia di fondo di Monti. Dobbiamo convincere anche gli incerti che il gioco vale la candela.
Solo queste due annotazioni?
Ce n’è un’altra: la sua cravatta viola. Matteo non può rappresentare solo la Fiorentina, deve rappresentare senza discriminazioni anche noi milanisti.
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