AI MOTIVI PIÙ SQUISITAMENTE POLITICI, EVIDENZIATI DALLA PRIMA FASE DELLA CAMPAGNA ELETTORALE, IN QUESTA SECONDA FASE SE NE AGGIUNGONO ALTRI PIÙ STRETTAMENTE DI MERITO
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Nota per la Nwsl n. 221, 29 ottobre 2012 – In argomento v. anche il confronto sereno tra il programma di Renzi e quello di Bersani proposto dal sito della Federazione di Monza del Pd – Se nel corso della settimana mi perverranno obiezioni e argomenti contrari, lunedì prossimo questi saranno pubblicati, eventualmente con risposte e commenti.
Dei motivi più squisitamente politici per votare Renzi si è detto nella prima fase della campagna elettorale (*). Ora, gli ultimi sviluppi ne mettono in evidenza diversi altri.
1. Renzi è l’unico candidato ad aver messo nel proprio programma la trasparenza totale, secondo il modello dei Freedom of Information Acts britannici e statunitensi, come misura decisiva per combattere la corruzione e le inefficienze nelle amministrazioni pubbliche e di partito.
2. Renzi è l’unico – con i radicali – a proporre come forma esclusiva di finanziamento pubblico ai partiti la detassazione dei contributi dei soggetti privati, condizionata comunque alla trasparenza totale: ogni entrata e ogni uscita devono essere immediatamente visibili on line. E lui ha incominciato subito a farlo.
3. In materia di lavoro Renzi propone semplificazione e flexsecurity: le sole due ricette che possono rivitalizzare il nostro mercato e il nostro diritto del lavoro.
4. Il solo fatto che Renzi abbia posto in modo efficace la questione del ricambio nelle cariche parlamentari e di governo ha già prodotto dei risultati concreti su questo terreno nell’atteggiamento del vertice del Pd. Senza di lui non sarebbe accaduto.
5. Alle manifestazioni dei Comitati pro-Renzi, in tutte – ma proprio tutte – le parti d’Italia partecipano facce nuove e tantissimi giovani: linfa e risorse preziose per la politica italiana (e Dio sa quanto questa oggi ne abbia bisogno).
6. Con la sua sola candidatura, e con la campagna elettorale “vera” che ne è conseguita, il trentasettenne outsider ha fatto guadagnare in un mese al Pd 5 punti di consenso elettorale (valutazione comune a tutti i principali sondaggisti politici).
7. Tutto questo sta già producendo effetti sistemici positivi anche nel centrodestra, dove ci si è accorti della necessità di un profondo ricambio nel gruppo dirigente e di primarie vere, per dar voce alla società civile.
8. I trent’anni sono l’età della vita nella quale siamo più intelligenti e più creativi. È ora che ci dotiamo di una politica fatta un po’ meno di manovre e un po’ più di idee nuove capaci di generare entusiasmo, di aggregare e muovere il consenso dei cittadini. Proprio quello Renzi sta mostrando di saper fare.
9. Se questi motivi non bastassero, i vertici del Pd ora ce ne hanno dato uno in più, ponendo regole volte manifestamente a ridurre l’affluenza ai seggi. Una ampia partecipazione di massa alle primarie costituirebbe un successo per l’intero partito; non merita di essere premiato un gruppo dirigente che la frena con ostacoli burocratici per dare un po’ meno voce alla società civile e più peso agli apparati.
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(*) I motivi “vecchi” di cui si è detto nelle settimane scorse:
1. In questo momento è Renzi il solo politico capace di farsi ascoltare dall’ “antipolitica” dilagante e di convogliarne le energie su obiettivi politici costruttivi.
2. Renzi sta tentando di porre la propria straordinaria capacità di comunicazione politica al servizio di un programma molto impegnativo, per nulla demagogico, in linea con la strategia europea dell’Italia delineata da Mario Monti. E mi sembra che ci stia riuscendo.
3. Invece l’altro candidato maggiore, Pierluigi Bersani, ci propone una scelta contraddittoria: dichiara la propria fedeltà alla strategia europea delineata da Mario Monti, ma pretende di perseguirla avendo come alleato principale e decisivo Nichi Vendola, il quale addita quella strategia come la rovina del nostro Paese.
4. Sulla vecchia linea del pas d’ennemis à gauche (niente nemici a sinistra), propria del Pci e sostanzialmente perseguita da Bersani, la sinistra italiana è sempre stata minoritaria, comunque incapace di dare al Paese un governo stabile. L’esperienza della scorsa legislatura non ci ha insegnato nulla?
5. Per il resto il programma di Bersani ripete senza un solo guizzo di di novità le stesse parole d’ordine generiche sulle quali la sinistra è stata inconcludente per quattro decenni. Ne abbiamo abbastanza di una sinistra sostanzialmente conservatrice e, sul piano strategico, invariabilmente perdente.
6. L’idea di partito per cui si batte Renzi è coerente con quella originaria dalla quale il Pd è nato. Il Pd simil-Pci che si sta delineando in questi giorni, invece, con quell’idea ha poco a che fare. Qualcuno è forse in grado di individuare una sola differenza tra il Pci del 1990 e il Pd come lo propongono oggi Bersani e Fassina? Se le differenze non ci sono, pensiamo davvero che sia quello il partito che può guidare il centrosinistra a vincere e a governare per l’intera legislatura?