NON È STATA SOLTANTO UNA PASSERELLA PER I NOTABILI, MA LA MANIFESTAZIONE DELL’UNICO GRANDE PARTITO VERAMENTE RADICATO IN TUTTO IL PAESE, CHE HA DECISO DI RENDERE VERAMENTE CONTENDIBILE LA PROPRIA LEADERSHIP
Secondo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 218, 7 ottobre 2012 – In argomento v. anche il primo editoriale telegrafico: Un grande Bersani (e il suo neo)
Matteo Renzi aveva due motivi per non partecipare all’Assemblea nazionale, sabato all’Ergife. Uno formale: lui avrebbe potuto partecipare soltanto come osservatore, senza diritto di voto. Uno sostanziale: queste assise di partito sono sovente soltanto una passerella per i notabili e un luogo di ritrovo di quell'”apparato” che il sindaco di Firenze notoriamente non ama. Ma sabato all’Ergife non c’era solo questo: c’erano 615 rappresentanti veri dell’unico grande partito vero di cui oggi il nostro Paese disponga. Un partito impegnato a trovare – e, mi sembra, questa volta lo ha trovato – il giusto equilibrio tra la democrazia “interna”, quella delle centinaia di migliaia di iscritti, e la democrazia “esterna”, quella dei milioni di elettori. Certo, Renzi predilige il rapporto diretto con questi ultimi, gli elettori; ma sa pure che, se il 25 novembre prossimo i suoi molti supporters potranno esprimere il loro voto per lui, questo avverrà perché c’è un grande partito incarnato da iscritti, militanti e dirigenti, che sabato ha scelto di rendere contendibile la propria leadership dando vita a elezioni “primarie” davvero aperte. Questo è il motivo per cui Matteo non perde occasione per ripetere che, anche se perderà, il Pd resterà il suo partito; ed è sincero nel dirlo. Questo, però, è anche il motivo per cui avrebbe fatto meglio, sabato, a venire all’Ergife, anche soltanto nella veste, che per ora gli è data, di osservatore.
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