CI ACCOMUNANO IL RIFIUTO DELLA FAZIOSITÀ, UNO STILE DI DISCUSSIONE NON AGGRESSIVO, LA VISIONE GENERALE DEL SISTEMA DEL WELFARE, SUL QUALE ABBIAMO PRESENTATO ANCHE DUE PROGETTI DI LEGGE INSIEME, MA CI DIVIDONO ALCUNE IDEE SUL FUNZIONAMENTO DEL MERCATO DEL LAVORO
Intervista a cura di Antonietta Demurtas pubblicata sul quotidiano on line Lettera 43, 25 settembre 2012
Che tra Giuliano Cazzola e Pietro Ichino ci fosse feeling era risaputo. Ma a confermare la sintonia tra il deputato Pdl vicepresidente della commissione Lavoro della Camera e il giuslavorista senatore del Pd è stato lo stesso Ichino: «Sono quasi sempre d’accordo con tutto ciò che dice Cazzola. Nonostante i miei colleghi mi sgridino, dovremmo fondare insieme un partito del lavoro», ha detto il senatore il 24 settembre al margine di un convegno organizzato da GiGroup per discutere la riforma del mercato del lavoro.
Ed è proprio a partire da una serie di considerazioni sulla legge Fornero che i due ospiti d’onore della tavola rotonda si sono ritrovati a condividere alcune opinioni. Sebbene Cazzola sia stato più severo: «Non è una buona legge», anche Ichino ha espresso alcune perplessità. «Ha numerosi e gravi difetti, a partire dal testo», ha spiegato il giuslavorista, «e non si può pensare di avere una legge effettiva se coloro che la applicano non sono neanche in grado di leggerla».
Senatore, quali sono le questioni legate al lavoro che condivide con l’onorevole del Pdl?
A Giuliano Cazzola mi lega, oltre che un rapporto di amicizia e stima pluridecennale, anche una convergenza di vedute su numerose questioni di politica del lavoro, che ci ha portati, in questa legislatura, a presentare insieme due progetti di legge in materia di invecchiamento attivo e incentivi al prolungamento del rapporto di lavoro. Ma condividiamo anche molte idee sulla direzione in cui dovrebbe essere riformato il mercato del lavoro italiano: l’idea della flexsecurity.
Quali invece le idee che vi allontanano?
Non ho condiviso il suo giudizio iniziale, pesantemente negativo sulla legge Fornero. Abbiamo inoltre una sensibilità diversa riguardo alla necessità di superare il dualismo tipico del nostro mercato del lavoro.
Lei e Cazzola potreste davvero fondare un partito del lavoro?
Non credo che Giuliano sarebbe d’accordo. E neppure io. Perché, se per partito del lavoro intendiamo partito dei lavoratori subordinati, sarebbe politicamente una sciocchezza. Se invece intendiamo il termine lavoro nel senso in cui esso è usato nell’articolo 1 della Costituzione, allora sarebbe come dire che vogliamo il partito di quasi tutti gli italiani.
La sua era solo una battuta?
Credo che quello che occorre al nostro Paese sia un’intesa bipartisan su alcuni punti fondamentali di un percorso almeno decennale di riforma del nostro mercato del lavoro, che centrodestra e centrosinistra si impegnino a difendere, dal governo o dall’opposizione, nelle prossime due legislature.
Quali potrebbero essere questi punti e quali parti della riforma Fornero andrebbero perfezionate?
Occorre proseguire nella direzione della coniugazione tra il massimo possibile di flessibilità delle strutture produttive con il massimo possibile di sicurezza economica e professionale dei lavoratori nel passaggio da un’occupazione all’altra.
Flessibilità anche nel contratto a tempo indeterminato?
Tutti i contratti devono essere a tempo indeterminato (tranne i casi classici di lavoro a termine) ma nessuno deve essere inamovibile. E tutti devono essere assistiti nel passaggio dal vecchio lavoro al nuovo. Per questo occorre istituire gli incentivi giusti, perché vengano attivati i migliori servizi di outplacement in occasione dei licenziamenti, individuali e collettivi. Su questo terreno la legge Fornero è ancora assai difettosa.
Solo su questo?
È necessaria anche una drastica semplificazione della normativa legislativa e amministrativa: occorre un codice del lavoro semplificato, di 60 o 70 articoli brevi, scritti in modo da essere leggibili da tutti. E traducibili in inglese.
Torniamo alla questione degli aiuti: Cazzola ha detto che se la soluzione del caso Fiat si basa nell’immediato sugli ammortizzatori sociali andrà a sbattere con la legge Fornero. È d’accordo?
Se il problema è quello di disporre un allungamento della cassa integrazione ordinaria, in attesa della ripresa del mercato dell’auto, a me sembra che questo non contraddica lo spirito della riforma.
Si spieghi meglio.
Qui la cassa integrazione non verrebbe utilizzata per mascherare una situazione di sostanziale disoccupazione, ma verrebbe utilizzata in un quadro in cui è ragionevole prevedere la ripresa del lavoro nella stessa azienda in un futuro non troppo lontano.
Non sarebbe quindi come mettere i lavoratori nel congelatore, come è successo nel caso di Alitalia?
No, servirebbe per non disperdere un patrimonio di manodopera professionalizzata che tornerà ad essere utilizzato nel giro di un anno o un anno e mezzo.
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