UNA VALUTAZIONE DELLA DELEGA LEGISLATIVA CONTENUTA NELLA LEGGE FORNERO SULLA DISCIPLINA DEI PERIODI DI TIROCINIO IN AZIENDA
Intervista a cura di Irene Pugliese, in corso di pubblicazione sul mensile Corriere dell’Università – ottobre 2012
Nella Riforma del lavoro del ministro Fornero è stato toccato anche il problema degli stage. Quello che ne emerge, però, non è una vera e propria legislazione, ma una delega al governo per concludere un accordo con le Regioni sull’argomento. Che cosa implica questo? C’è il rischio che si trasformi in un nulla di fatto?
Questo modo di procedere è reso necessario dalla ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regioni: l’ordinamento dei rapporti di lavoro rientra nella competenza dello Stato, mentre la formazione professionale rientra nella competenza delle Regioni. E il rapporto di stage, come quello di apprendistato, sta a cavallo tra il lavoro e la formazione professionale.
Entrando nello specifico, proprio la dicitura “accordo”non rischia di essere poco incisiva, creando un punto interrogativo rispetto a quale forma prenderà questo atto normativo e su quale forza di legge avrà?
L’atto normativo non potrà che assumere la forma del decreto delegato. L’accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni costituisce un passaggio necessario, stante il carattere anfibio della materia.
Nella legge vengono forniti quattro criteri guida, il più significativo è il riconoscimento di una congrua indennità. Subito dopo però sono specificati alcuni limiti, è davvero un passo avanti? E la retribuzione è davvero quello che serve?
La mia esperienza mi porta a considerare più importante della retribuzione una garanzia di informazione corretta e veritiera dello studente sui contenuti effettivi dello stage. Nella mia veste di direttore del Master Europeo in Scienze del Lavoro dell’Università degli Studi di Milano ho organizzato, nell’arco di nove anni, almeno 150 stage presso aziende e amministrazioni di tutti i generi, anche perché il Network internazionale di cui faceva parte questo Master lo richiedeva. Lo stesso Network non poneva alcun requisito di retribuzione degli stagisti; ma richiedeva che fossero conoscibili le relazioni degli stagisti degli anni precedenti: questo consentiva ai nuovi stagisti di avere un’idea molto precisa di quello che li attendeva in una determinata impresa, sia come trattamento durante lo stage, sia come prospettiva di assunzione al termine dello stage. Sono convinto che questo dovrebbe imporre la legge: l’obbligo di pubblicazione in rete da parte dell’impresa interessata e della Direzione provinciale per l’Impiego dei dati relativi a tutti gli stage attivati in passato presso un’impresa e delle relazioni in proposito degli stagisti.
C’è una differenza sostenziale rispetto a come erano stati regolamentati i tirocini nelle precedenti normative?
A questa domanda è impossibile rispondere, finché non si conoscerà il contenuto del decreto delegato.
Esiste il rischio che, di fronte a troppe regole e restrizioni per le aziende, i ragazzi possano essere penalizzati non riuscendo più ad accedere ad un percorso come lo stage, che nonstante tutto rimane uno dei pochi modi per affacciarsi al mondo del lavoro? In merito a questo, secondo lei quale sarebbe il modo più giusto per regolamentare questi tirocini?
Questo rischio esiste sempre: in questo segmento del mercato del lavoro, caratterizzato dalla estrema elasticità della domanda di stagisti da parte delle imprese, cioè tendenza a ridursi della domanda stessa all’aumento dei relativi costi, qualsiasi aumento di costo è destinato a determinare una riduzione della domanda, cioè della disponibilità delle imprese. Ciò che conta è che la parte degli stage che andrà perduta sia soltanto la parte peggiore, quella degli stage che danno pochissimo a chi li frequenta, quando non configurano addirittura una forma di grave sfruttamento.
h