LA VERA COLPA DI MARCHIONNE

IN ULTIMA ANALISI, CIÒ CHE VERAMENTE LA SINISTRA ITALIANA IMPUTA ALL’AMMINISTRATORE DELEGATO DELLA FIAT È SOLTANTO DI AVER PROVOCATO UN TERREMOTO NEL NOSTRO SISTEMA DELLE RELAZIONI INDUSTRIALI – MA È STATO DAVVERO UN MALE?
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Discussione tra un lavoratore della Fiat e un sindacalista della Fiom (i nomi sono ovviamente di fantasia; ma gli argomenti sono quelli che si sentono effettivamente ogni giorno nei dibattiti di queste settimane nelle feste del Pd) – settembre 2012

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Candide: “Mi spieghi che cosa ci abbiamo perso con gli accordi di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco del 2010?”

Raticoff: “Il principio di inderogabilità del contratto collettivo nazionale, che è la chiave di volta del sistema di protezione del lavoro.”

C.: “Però, poi, l’anno dopo, con l’accordo del 28 giugno, la derogabilità del contratto nazionale è stata sancita per l’intero sistema delle relazioni industriali. E quell’accordo l’ha firmato anche Susanna Camusso. Anche la Cgil, dunque, considera che tutto sommato la regola della derogabilità possa essere utile.”

R.: “Intanto, con la deroga, Marchionne ha ottenuto la possibilità di far lavorare gli impianti 24 ore su 24 e per 18 turni settimanali: questo non lo consideri?”

C. : “Purtroppo, per via del crollo del mercato dell’auto in Europa, il turno notturno e il 18mo non hanno potuto essere attivati. Ma tu non saresti più contento se oggi gli stabilimenti Fiat lavorassero tutti 24 ore su 24 per sei giorni alla settimana, e noi lavoratori guadagnassimo 500 euro al mese di più? A Pomigliano, comunque,  anche senza il turno notturno e il 18mo al sabato, duemila persone hanno avuto un lavoro e un buon reddito, almeno finora. Se nel 2010 avesse prevalso il ‘no’ nei referendum aziendali, non avrebbero avuto neppure quello.”

R.: “Dimentichi che Marchionne ha negato il riconoscimento ai rappresentanti della Fiom: un attacco senza precedenti ai diritti sindacali in azienda.”

C.: “Questo è accaduto dopo il rifiuto della firma del contratto da parte della Fiom, sulla base della formulazione attuale dell’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori. Quando avete deciso di votare ‘no’, questa questione non era ancora sorta.”

R.: “Resta il fatto che nel 2010 Marchionne ha promesso investimenti per 20 miliardi in dieci anni, che ora sono spariti.”

C.: “Perché sperava che stesse per arrivare la ripresa. Investire un miliardo e mezzo, come lui ha fatto due anni fa, dopo due anni nei quali le vendite di auto erano già scese molto, non è stato un rischio da poco. Voi, comunque, avete votato ‘no’ subito, a scatola chiusa. Se avesse vinto il vostro ‘no’, non avremmo avuto neanche quel primo miliardo e mezzo di investimento. A proposito: in quel caso, dopo che lui se ne fosse andato, che cosa avremmo dovuto fare, secondo voi?”

R.: “Nazionalizzare la Fiat.”

C.: “Così saremmo tornati ai tempi dell’Iri, quando l’Alfa Romeo produceva auto che le costavano il doppio del prezzo di listino. Un bel guadagno! Oggi, comunque, quella  soluzione non è più proponibile; l’Unione Europea non ce lo consentirebbe.”

R.: “Non possiamo continuare a farci strangolare dalle regole imposte dalle tecnocrazie europee.”

C.: “Quello che ci strangola non è il vincolo europeo, ma il debito pubblico accumulato negli anni in cui lo Stato ripianava ogni anno i debiti dell’Alfa Romeo.”

R.: “Guarda che in America Marchionne ha salvato la Chrysler con i soldi di Obama.”

C.: “Lì lo Stato gli ha prestato, sì, il capitale necessario per ripartire; ma a un tasso di interesse tale che Marchionne ha preferito restituire tutto prima ancora della scadenza  del termine. E ci è riuscito. Per questo i sindacati americani lo considerano un grande capitano d’industria. Perché noi, invece, lo trattiamo come un incompetente e un malfattore?”

R.: “Se non ci fosse stata la vicenda Fiat, innescata dall’inganno di Marchionne, l’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 non sarebbe stato firmato e il contratto  collettivo nazionale sarebbe ancora inderogabile. È stato lui, facendoci balenare i 20 miliardi di investimenti, a indurci a cambiare le regole delle nostre relazioni industriali. Questa è stata la truffa.”

C.: “Scusa, ma le nostre nuove regole del 2011 sulla contrattazione collettiva non sono all’incirca le stesse che in Germania si sono dati fin dal 2003?”

R.: “Qui siamo in Italia, non in Germania. Se vogliamo fare come in Germania, allora dobbiamo chiedere anche gli stessi salari degli operai tedeschi.”

C.: “Giusto. Ma secondo te ci arriviamo prima stando alle regole del gioco internazionale che Marchionne ci propone, o ritornando all’Iri e all’industria automobilistica sovvenzionata dallo Stato?”

R.: “Basta. Con te non si può discutere seriamente. Tieniti il tuo Marchionne, se ti piace tanto.”

C.: “Io spero che in futuro possiamo scegliere tra diverse multinazionali dell’auto da cui far valorizzare il nostro lavoro. Ma non è con la tua politica che ne attirerai molte nel nostro Paese”.

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