FORNERO: IL SIGNIFICATO DELLA RIFORMA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI

OCCORRE VOLTAR PAGINA NEL MODO CON CUI SI AFFRONTANO LE CRISI OCCUPAZIONALI AZIENDALI NEL NOSTRO PAESE: NON PIÙ INTEGRAZIONE SALARIALE INCONDIZIONATA PER ANNI E ANNI, MA SERVIZI EFFICIENTI DI RIQUALIFICAZIONE/RICOLLOCAZIONE E SOSTEGNO DEL REDDITO CONDIZIONATO ALLA DISPONIBILITÀ EFFETTIVA DEL LAVORATORE

Intervento svolto in Senato dal ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Elsa Fornero, nel corso del question time svoltosi nella seduta pomeridiana del 20 settembre 2012

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PRESIDENTE. Ha facoltà di rispondere congiuntamente il ministro del lavoro e delle politiche sociali, professoressa Fornero.

FORNERO, ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, ringrazio gli interroganti per l’occasione che mi hanno offerto di fare il punto su uno degli assi portanti della riforma del mercato del lavoro, vale a dire il nuovo assetto degli ammortizzatori sociali.
Ricordo che presso questo Parlamento giacevano da circa 15 anni vari disegni di legge di riforma degli ammortizzatori sociali. Pertanto, deve essere un titolo di merito del Parlamento e del Governo, che l’ha proposta, aver portato a termine una riforma tanto a lungo attesa, una riforma che ha anche buone qualità, e io le difendo in maniera molto aperta.
La riforma degli ammortizzatori sociali è abbastanza radicale e richiederà cambiamenti radicali nei comportamenti di tutti gli attori coinvolti nel mercato del lavoro. Però – la descriverò brevissimamente – nessuno ha dimenticato che questa riforma è stata approvata ed entra in vigore in un momento di grave recessione dell’economia, quando la domanda aggregata è molto bassa, quando interi settori produttivi sono in crisi per carenza di domanda e quando, per effetto di politiche finanziarie di rigore – lo ha detto il nostro Presidente del Consiglio – rese necessarie dall’aumento del debito pubblico che questo Governo ha dovuto affrontare nella crisi finanziaria che si era fortemente approssimata, possono essersi aggiunti, in termini di criticità della domanda, ulteriori problemi al mercato.
Siamo perfettamente consapevoli che la disoccupazione è la vera emergenza. Siamo consapevoli, peraltro, che questa riforma non è tanto di natura congiunturale quanto strutturale, a cominciare dalla parte rivolta a migliorare i rapporti di lavoro, magari restringendo – e lo dico così come voi rimproverate sempre a me – un pochino la flessibilità in entrata per dare maggiore stabilità ai rapporti di lavoro e riducendo le rigidità – riducendo, ripeto, le rigidità – che questi rapporti di lavoro hanno una volta consolidati in un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato. Questa è una parte importante, che migliorerà i rapporti di lavoro e creerà le basi per aumenti di produttività.
Nel frattempo dobbiamo occuparci di quelli che il lavoro non ce l’hanno, e ce ne occupiamo con una riforma che ha un obiettivo molto importante: non sussidiare i lavoratori che hanno perso il loro posto di lavoro per anni e anni, facendo finta che esso sia ancora economicamente vivo, ma, al contrario, aiutarli a trovare il più rapidamente possibile una nuova occupazione. Questo è il senso profondo della riforma nella parte degli ammortizzatori sociali.
Come ha detto molto bene la senatrice De Luca, bisogna spostare la protezione dal singolo posto di lavoro – che, quando non è più vitale dal punto di vista economico, implica soltanto una perdita di risorse della collettività – alla tutela del lavoratore. Quello che ci deve importare, più del singolo posto di lavoro, è il lavoratore. La nostra riforma degli ammortizzatori sociali va in una direzione di maggiore universalismo. Forse abbiamo fatto troppo poco rispetto a quanto avremmo voluto; essa però arriva dopo 15 anni di attesa ed è comunque un passo importante nella giusta direzione.
In ogni caso, il secondo aspetto è l’occupabilità delle persone, ed è questa la vera scommessa. Abbiamo una delega sulle politiche attive che dobbiamo esercitare lavorando e cooperando con le Regioni. Un lavoratore che rimanga privo di lavoro deve essere assistito monetariamente perché possa soddisfare i bisogni suoi e della famiglia, ma deve essere anche assistito con buoni servizi per il lavoro e con buone politiche attive che gli diano la possibilità di trovare una nuova occupazione. A questa delega stiamo lavorando. La senatrice Ghedini ha ricordato che la scadenza è il 15 gennaio. Noi vogliamo arrivare molto presto ad avere la possibilità di adottare il decreto. Farò ovviamente anche un passaggio con le parti sociali, oltre che con le Regioni, come è necessario, perché è fondamentale la collaborazione di tutti. Il senatore Castro ha evocato la collaborazione avuta in altri momenti: è importante che, sulla profonda trasformazione degli ammortizzatori sociali, tutti lavorino convincendosi che sia veramente rilevante occuparsi con la formazione, con politiche di incontro tra domanda e offerta e con mobilità del lavoro. Bisogna determinare una migliore occupabilità delle persone.
Non ci dimentichiamo, però, che l’approvazione della riforma avviene in un momento di recessione, e quindi vogliamo assistere i lavoratori in questa transizione. Abbiamo detto che l’ASPI entra in vigore il 1° gennaio 2013. In questo senso l’ASPI si aggiunge – perciò non sottraiamo niente, ma aggiungiamo qualcosa – agli strumenti oggi in vigore, che sono cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, deroga e mobilità. La mobilità resterà in vigore pienamente fino al 2014 e poi avrà un décalage, per scomparire nel 2017 e consentire all’ASPI di essere magari anche più universale di quanto non sia oggi, il vero strumento contro la disoccupazione e, appunto, come l’abbiamo definita, una assicurazione sociale per l’impiego.
Voglio rassicurare sulla cassa integrazione, sulla quale il senatore Castro ha rivolto una domanda: a breve avremo l’incontro con le Regioni. Sulla base dei dati di cui disponiamo – i dati non sono mai certezza, senatore – dovremmo avere risorse sufficienti per soddisfare le richieste delle Regioni per il 2012 e, quello che è più importante, anche per il 2013. Stiamo ora definendo la legge di stabilità e anche questa sarà attentamente monitorata. Mi sento però di affermare, considerata anche l’ASPI e quanto è stato messo in cantiere per la cassa integrazione in deroga, che possiamo essere relativamente fiduciosi di riuscire a superare questa difficile fase recessiva.
Nel frattempo vogliamo lavorare per l’occupazione delle persone, in particolare per l’occupazione dei giovani. Creare domanda di manodopera richiede risorse. Noi quelle risorse le abbiamo in misura estremamente limitata e quindi dobbiamo agire per progetti finalizzati ad aree, gruppi, situazioni di maggiore rischio. È quello che stiamo facendo, anche cercando di dare efficacia ai diversi progetti per l’occupazione giovanile, per l’imprenditoria giovanile, femminile e di tutti i tipi. Progetti mirati, dei quali controlliamo l’efficacia e che monitoriamo.
Quello che mi dispiace di più è vedere che questa legge, entrata in vigore il 18 luglio scorso, è sempre criticata prima che se ne vedano i benché minimi effetti. È criticata a priori. Questo, lasciatemelo dire, non è un atteggiamento sul quale un Ministro possa concordare. Non è un atteggiamento di grande civiltà. Prendete la legge tedesca, molto elogiata: è entrata in vigore lentamente; ha avuto cinque anni di monitoraggio e di valutazione; è stata modificata nelle parti che non funzionavano ed è stata invece rafforzata nelle parti che funzionavano di più. Io non chiedo cinque anni, ma almeno qualche mese. Sotto questo profilo, ci stiamo attrezzando per avere un metodo di valutazione e di monitoraggio, che richiede buoni dati. Ma i buoni dati non piovono mai dal cielo: vanno costruiti. Quindi, noi ci attrezziamo per avere banche dati adeguate per dare la possibilità alla comunità scientifica di utilizzare questi dati per valutare in modo indipendente e offrire ai decisori politici i relativi risultati.
Credo che questa legge, nella sua parte sugli ammortizzatori sociali, vada veramente nella direzione di una modernizzazione non soltanto formale, ma sostanziale del mercato del lavoro e vada verso quello che possiamo definire un modello di mercato del lavoro più inclusivo e più dinamico, e perciò più produttivo. Questo era il senso della riforma. Questo è il senso dell’accompagnamento, che certamente il Governo farà fino a quando sarà in carica, di tutte le situazioni difficili che si creano a seguito della grave recessione della quale abbiamo tutti parlato.

PRESIDENTE. Hanno adesso facoltà di replicare gli interroganti, per un minuto ciascuno.

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