Articolo di Luigi Ferrarella pubblicato sul Corriere della Sera il 12 settembre 2012 – In argomento v. anche la mia intervista radiofonica per Repubblica.it
Un’«associazione sovversiva» (articolo 270), cioè una banda che con la lotta armata intendeva perseguire esclusivamente obiettivi «di elezione» per ottenere un effetto paradigmatico e innestare meccanismi di emulazione: queste furono fino agli arresti del 2007, per la Cassazione ieri come già il 28 maggio scorso per la Corte d’assise d’appello di Milano, le «nuove Brigate rosse-Partito comunista politico militare» (Pcpm), e non invece un’«associazione con finalità di terrorismo» (articolo 270 bis) che agisse anche con il proposito di intimidire indiscriminatamente la popolazione o l’intenzione di esercitare costrizione sui pubblici poteri o la volontà di destabilizzare gli assetti istituzionali.
La distinzione nella qualificazione giuridica — sulla quale proprio la Cassazione nel 2011 aveva instradato l’Assise milanese quando ne aveva annullato con rinvio la prima sentenza di condanna che nel 2010 aveva invece sposato la «finalità di terrorismo» — fa una certa differenza in termini di pena per gli imputati ritenuti responsabili di aver (sino agli arresti nel 2007 nell’indagine del pm Ilda Boccassini) incendiato la sede milanese di Forza Italia (2003) e padovana di Forza Nuova (2006), nonché di aver progettato attentati alla sede del quotidiano Libero, al manager della Breda Vito Schirone, e al giuslavorista e senatore pd Pietro Ichino. Diventano infatti definitive, con le riduzioni intervenute nel secondo Appello (e insieme all’assoluzione di Salvatore Scivoli), le pene inflitte a 11 dei 12 imputati, 7 dei quali in carcere dal febbraio 2007. Undici anni e mezzo a Claudio Latino, 11 a Davide Bortolato, 10 a Vincenzo Sisi, 9 a Alfredo Davanzo, 8 a Bruno Ghirardi, 7 a Massimiliano Toschi, 5 anni e 3 mesi a Massimiliano Gaeta (che li aveva già scontati tutti in custodia cautelare), 2 anni e 4 mesi a Andrea Scantamburlo, 2 anni e 3 mesi a Alfredo Mazzamauro, 2 anni e 2 mesi a Davide Rotondi, 1 anno e 2 mesi ad Amarilli Caprio.
La seconda sezione della Cassazione (presidente Antonio Agrò) ha accolto le richieste del pg Federico Sorrentino anche nel confermare la sentenza milanese (presidente Conforti, estensore Tucci) sul risarcimento di 100.000 euro a Ichino, parte civile con l’avvocato Laura Panciroli, e di 400.000 all’Avvocatura dello Stato per conto di Palazzo Chigi. Ma il verdetto non cancella le perplessità che il giuslavorista conserva sulla distinzione giuridica elaborata dalla Cassazione: «Resta allora l’interrogativo — si domanda Ichino, curioso delle future motivazioni — su cosa sia, nel nostro ordinamento, “finalità di terrorismo”. Alla stregua della Cassazione, infatti, questa finalità non sarebbe allora ravvisabile in coloro che a Genova hanno ferito il dirigente dell’Ansaldo, visto che nella loro rivendicazione hanno scritto di non credere nel valore politico della loro azione violenta ma di ricorrervi soltanto per motivi esistenziali e di auto-gratificazione. E finalità di terrorismo ci sarebbe nemmeno nella bomba alla scuola di Brindisi, visto che chi l’ha messa non ha in alcun modo esplicitato l’intenzione di “destabilizzare o distruggere gli assetti istituzionali del Paese”».
Quanto al risarcimento di 100.000 euro (in realtà sostanzialmente simbolico), Ichino ricorda di avere dall’inizio e ripetutamente «proposto a ciascuno degli imputati di rinunciare alla mia costituzione in giudizio contro di loro, in cambio del puro e semplice riconoscimento del mio diritto a non essere aggredito. Diritto non riconosciutomi. La risposta a questa mia offerta di conciliazione e di dialogo, infatti, in aula è stata che “questo signore”, che sarei io, “rappresenta il capitalismo, è l’esecutore di questo sistema e noi eseguiremo il dovere di sbarazzarci di questo sistema”».
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