IL PUNTO SUL DIBATTITO INTERNO AL PD E AL PDL CIRCA L’AGENDA MONTI E LA RIFORMA DEL SISTEMA DI ELEZIONE DEL PARLAMENTO, TRA UNINOMINALE E RITORNO ALLE PREFERENZE
Intervista a cura di Marina Nemeth, pubblicata sul Piccolo, quotidiano di Trieste, il 9 settembre 2012 – In argomento v. anche l’editoriale di Franco Bruni pubblicato su La Stampa il 7 settembre 2012
Il monito del Capo dello Stato e la mossa vincente di Draghi sul piano anti spread, mettono i partiti ancor più alle strette sulla necessità di proseguire sulla via del rigore e cancellare le cattive politiche che hanno acceso le speculazioni. A tal proposito, un gruppo bipartisan di parlamentari, di cui fa parte il giuslavorista e senatore del Pd Pietro Ichino, sta lavorando a una risoluzione da presentare al voto affinché le forze politiche non buttino a mare nella prossima legislatura le riforme dell’agenda Monti.
Professore, può spiegarci in cosa consiste questo memorandum di intesa e su quali temi verte?
Oggi i nostri interlocutori, ai vertici dell’Unione Europea, si interrogano con preoccupazione sulla sorte degli elementi essenziali della strategia del Governo Monti dopo le prossime elezioni politiche. L’idea, molto semplice, è che tutte le forze politiche della maggioranza rispondano a questo interrogativo in modo chiaro, esplicitando il proprio impegno a confermare e rafforzare gli elementi essenziali di questa strategia nel corso della prossima legislatura, indipendentemente dall’esito delle elezioni e dal fatto di trovarsi a essere maggioranza od opposizione.
Ma in questo modo non si svuota di significato la consultazione elettorale?
Niente affatto. Il documento indicherà soltanto i punti fermi rispetto ai quali non ci saranno ritorni all’indietro, le cose fatte da Monti che non verranno… smontate, bensì semmai consolidate e completate. Ma dirà anche esplicitamente che il rispetto di questi impegni lascerà uno spazio notevole di differenziazione tra le politiche di un governo di centrodestra, di centro o di centrosinistra, anche su temi centrali. Per esempio sulle politiche fiscali, quelle del lavoro o quelle della scuola.
Lei è un senatore del Pd. Non si fida del suo partito?
Il Pd sta sostenendo il Governo Monti anche con maggiore coerenza e determinazione di quanto non stia facendo il PdL. Perché mai non dovrebbe impegnarsi a un comportamento coerente nella prossima legislatura? Vedo semmai con preoccupazione, per questo aspetto, le prese di posizione di Berlusconi e di Tremonti in queste ultime settimane.
La nuova legge elettorale. C’è chi dice che la difficoltà a trovare un accordo sia lo specchio dei nodi politici irrisolti nei partiti.
Penso che sia piuttosto lo specchio di un ceto politico con basso senso dello Stato. Ognuno – tranne pochi – affronta la questione guardando al proprio tornaconto immediato. E ognuno pensa soltanto alla situazione attuale e alle prossime elezioni. Ma un sistema elettorale deve essere disegnato per restare in vigore a lungo; e non deve corrispondere agli interessi particolari di nessuno.
D’Alema propone il sistema uninominale alla tedesca per superare l’empasse. Lo stesso che propugna Berlusconi, o, in subordine, quello ispano tedesco, su cui Pd e Pdl erano già d’accordo. Perchè in Italia c’è tanta resistenza ad un sistema uninominale maggioriario?
La resistenza c’è solo negli apparati di partito. Perché l’uninominale maggioritario li indebolisce.
Bersani ha confermato che le primarie per la scelta dei candidato saranno aperte. Una sorta di garanzia offerta a Renzi. Il Pd resta però ancora spaccato sulla candidatura del sindaco di Firenze. Lei che opinione si è fatta?
Che cosa c’è di strano, di disdicevole, nel fatto che un partito si divida sui sostenitori e gli avversari di un candidato alle primarie? Qualsiasi candidatura vera produce questa divisione. E quella di Renzi ha proprio il merito di essere una candidatura vera. Questo, non altro, significano le elezioni primarie. Il problema è che molti nel Pd non hanno ancora fatto propria questa idea fondamentale, che segna la rottura definitiva e radicale rispetto alle tradizioni dei nostri partiti novecenteschi.
Ma Prodi dice che, se si passa a un sistema elettorale proporzionale, le elezioni primarie non hanno più senso.
Effettivamente le primarie sono il complemento ideale di un sistema uninominale maggioritario. Però esse conservano comunque un significato importante per la struttura e la natura stessa del partito, anche in un sistema elettorale disgraziatamente proporzionalistico.
Emma Bonino denuncia: il Pd parla con tutti tranne che con i radicali, nonostante essi siano una forza politica “che tiene fede ai suoi impegni”. A suo avviso ha ragione?
Sì. Un Pd che tenesse fede alla propria vocazione originaria dovrebbe addirittura fare spazio al proprio interno per i radicali, come per i socialisti, i popolari, i liberali, i repubblicani e altri ancora.
lj