VENDOLA DEVE DECIDERE SE PARTECIPARE O NO ALLA SCOMMESSA EUROPEA DELL’ITALIA

E IL PARTITO DEMOCRATICO DEVE ESSERE MOLTO PIÙ CHIARO E NETTO CIRCA LA STRATEGIA DI MONTI, MIRATA ESSENZIALMENTE A USCIRE DALLA CRISI ATTRAVERSO L’ACCELERAZIONE DELLA COSTRUZIONE DELL’EUROPA UNITA SUL PIANO POLITICO ED ECONOMICO, CON LE NECESSARIE CESSIONI DI SOVRANITÀ DA PARTE DEGLI STATI

Intervista a cura di Giovanni Cocconi, pubblicata su Europa il 7 agosto 2012..
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La contrapposizione tra rigoristi e sviluppisti? Non ha senso. La patrimoniale? C’è già e comunque non basterebbe. Vendola? Troppo ambiguo. Parlando con Europa Pietro Ichino, ultramontiano senatore del Pd, è scettico sulla possibilità di un’alleanza a sinistra con Sinistra e libertà. «Vendola non perde occasione per dire che le misure adottate dal governo Monti sono la rovina del paese e che la sinistra, se andrà al governo, dovrà cambiare drasticamente rotta. Ma il “cambiare drasticamente rotta” di cui parla è inconciliabile con tutti gli impegni che abbiamo assunto nei confronti dell’Europa. Non basta certo il giro di vite sui patrimoni per risolvere questa contraddizione».
Peraltro la patrimoniale è stata introdotta dal governo Monti. «Cosa sono, se no, l’Imu e le tasse sui conti correnti e portafogli titoli? La si può inasprire, certo; ma potremmo trarne se va bene 3 o 4 miliardi in più. Sarebbe più efficace un’operazione di privatizzazione del debito pubblico». Anche nel Pd c’è chi annuncia discontinuità rispetto al governo Monti. «Le politiche espansive keynesiane evocate da qualcuno presuppongono che lo stato possa stampare moneta, oppure aumentare il proprio indebitamento, oppure ancora aumentare la pressione fiscale; mentre oggi a noi è preclusa ciascuna di queste tre opzioni, anche perché ne abbiamo abusato clamorosamente negli ultimi trent’anni».
Ieri Ichino ha letto sui giornali delle critiche dell’ex ministro Sacconi alla riforma Fornero, entrata in vigore a fine giugno ma già colpevole di favorire la disoccupazione. «Sacconi commette l’errore simmetricamente opposto a quello di Vendola e di Ferrero: lui vede soltanto i maggiori vincoli sul versante del lavoro precario, mentre a sinistra vedono soltanto la maggiore flessibilità introdotta con il nuovo articolo 18. Ma le due cose  sono strettamente collegate tra loro in questa riforma, e in ciò sta il suo equilibrio politico». Ma produrrà qualche effetto sull’occupazione?
«Aumenta la flessibilità, rendendo di fatto possibili quei licenziamenti individuali per motivo economico-organizzativo che fino a un mese fa di fatto
non lo erano; e questa rilevante innovazione riguarda un’area molto più ampia, che oggi comprende oltre cinque milioni e mezzo di posti di lavoro. L’effetto complessivo dovrebbe essere positivo, dal punto di vista della qualità del lavoro e dei costi aziendali». La notizia è passata un po’ inosservata ma Susanna Camusso, segretario della Cgil, ora critica il “monopolio Fiat” dell’auto e apre a investimenti stranieri. «Nell’ultimo mezzo secolo il nostro movimento sindacale – tutto: non soltanto e neppure principalmente la Cgil – ha offerto di fatto una fortissima sponda alla parte di Confindustria e dell’establishment politico che voleva proteggere l’imprenditoria indigena contro la concorrenza straniera. Basti ricordare la vicenda Alitalia. Ora finalmente la Cgil si accorge che, nell’era della globalizzazione, ai lavoratori conviene eccome non soltanto aprire alla concorrenza degli stranieri nel mercato interno del lavoro, ma anche fare tutto il possibile per tirare in casa propria il meglio dell’imprenditoria estera. Se entra in questo ordine di idee, però, la Cgil deve accettare che un grande gruppo multinazionale possa importare anche le regole contrattuali applicate dallo stesso gruppo alle altre decine o centinaia di migliaia di dipendenti in giro per il resto del mondo. Nell’era della globalizzazione la rigida inderogabilità del contratto collettivo nazionale che la Cgil ha brandito contro Marchionne non ha alcun senso. È una forma di autolesionismo sindacale».

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