IL SEGRETARIO DEL PD SI PROPONE DI RICOSTRUIRE PEZZO PER PEZZO, CON CURA FILOLOGICA, LA SINISTRA CHE FU
Articolo di Antonio Funiciello pubblicato su Europa il 2 agosto 2012
L’anastilosi è una tecnica di restauro archeologico che consiste nel rimettere insieme una costruzione distrutta coi suoi pezzi originali, con le sue macerie. Molti di quei magnifici templi greci e romani che possiamo ammirare in giro per l’Italia, sono stati ricostruiti attraverso anastilosi. Le loro colonne erano cadute a pezzi e gli archeologi le hanno rimesse insieme: pietra dopo pietra, frammento dopo frammento. L’anastilosi viene pure utilizzata per ricostruire edifici più recenti. Il duomo di Venzone in Friuli è stato rimesso su così, dopo il crollo del terremoto del ’76; la chiesa di San Giorgio al Velabro è stata restaurata con questa tecnica, dopo l’attentato mafioso del ’93. L’ha raccontato Paolo Conti in un bellissimo articolo sul Corriere di qualche settimana fa.
Pier Luigi Bersani è il più grande esperto di anastilosi della politica italiana. Nessuno lo batte nell’esercizio di questa tecnica. Potrebbe insegnarla all’università. Il suo obiettivo è rimettere insieme, pietra dopo pietra, frammento dopo frammento, la sinistra italiana di discendenza pi-ci-ista. Quella che per lui, comunista emiliano, è la tradizione riformatrice più antica che l’Italia può vantare (e in ciò Bersani ha anche qualche ragione). Nella sua carta d’intenti non c’è un elemento che non sia riconducibile alla cultura più avanzata (o più arretrata) di quella esperienza. E nel suo lavoro anastilotico, Bersani mostra d’avere creatività. Perché molte di quelle pietre, tantissimi di quei frammenti, sono stati letteralmente polverizzati dalle intemperie della storia. Ma Bersani non si lascia demoralizzare e va avanti nella sua ricostruzione (parola che su tutte predilige). Poco importa se, a causa della mancanza materiale di quegli elementi polverizzati, la sua ri-costruzione viene su tutta sbilenca, pericolante, quasi una caricatura di quella del tempo che fu.
L’anastilosi è il tratto originale dell’era Bersani. I leader del passato erano diversi. D’Alema ha cambiato un milione di tecniche di costruzione e ricostruzione – ci vorrebbe un volume della Treccani per elencarle. Fassino coi suoi Ds ha scartato una miriade di elementi decaduti per acquistare materiali nuovi (dall’apertura alla cultura socialista, quella del Psi prima di quella “socialista europea”, alla dismissione di materiale di risulta come il panarabismo e altre paccottiglie ideologiche). Veltroni ha addirittura preteso di costruire la nuova città del centrosinistra qualche chilometro più in là donde giacevano le macerie del comunismo italiano. Bersani è il più coraggioso di tutti. Anche un po’ avventato, se è disposto a portarsi nel suo bel cantiere uno come Nichi Vendola: un politico che, in tutti i cantieri politici dove ha lavorato, ha finito ogni volta per distruggere quel che c’era, dal primo governo Prodi a Rifondazione. Un esperto in demolizioni.
L’anastilosi spiega anche la perenne espressione di cruccio che Bersani ha stampata in viso. Ogni ghigno, ogni ruga, anche la minima contrazione di un muscolo facciale, è da ricondurre al sentimento da cui muove l’anastilosi: la nostalgia. Intesa alla greca: nostos + algos = dolore per l’impossibilità di un ritorno. Bersani sa, in cuor suo, che rimettere su la ditta non è possibile se nel modo sbilenco e pericolante (caricaturale) in cui sta vendendo su. Perché puoi dipingere del rosso più rosso del mondo il palco da cui ti esibisci, ma quel dolore non potrai estinguerlo. Puoi provare a rifare il compromesso storico coi progressisti e i moderati, invece che coi comunisti e i democristiani, ma non ti verrà mai bene come poteva venire bene a Berlinguer (che poi non venne bene nemmeno a lui, ma questo è un altro discorso). Ma Bersani si è laureato su Tommaso d’Aquino e sa bene che, la politica, come la filosofia, muove sempre dalla nostalgia di Dio. L’importante è averlo, un Dio. O, per lo meno, averlo avuto.
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