ALLE PROSSIME ELEZIONI LA SCELTA PIÙ RILEVANTE CHE GLI ELETTORI DOVRANNO COMPIERE NON SARÀ TRA DESTRA E SINISTRA, BENSÌ TRA POSIZIONI CONTRARIE ALLA SCOMMESSA EUROPEA DELL’ITALIA E POSIZIONI FAVOREVOLI, SULLA LINEA DEL GOVERNO MONTI O ADDIRITTURA SECONDO DIRETTIVE ANCOR PIÙ RADICALI
Articolo di Luca Ricolfi pubblicato su la Stampa il 29 luglio 2012 – Poiché, nella classificazione degli orientamenti rilevanti nell’agone politico attuale, L.R. mi indica tra i “montiani puri”, ovvero i filo-montiani tout court, colgo l’occasione per chiarire che non tutto ciò che il Governo Monti sta facendo mi soddisfa e mi convince del tutto: al contrario, i frequentatori di questo sito mi hanno visto sovente denunciarne errori e inadeguatezze nelle materie nelle quali ho qualche competenza, quindi nell’operato dei ministri della Funzione pubblica, del Lavoro e dell’Istruzione; ciò che di questo Governo mi convince pienamente è invece la strategia di fondo, consistente nel compiere tutto quanto necessario per poter credibilmente esigere dai nostri maggiori partner europei il massimo di disponibilità a compiere subito i passi necessari per il completamento della costruzione della nuova Europa unita sia sul piano politico sia su quello economico e sociale (in quest’ultimo senso – ma solo in questo – accetto ben volentieri di essere classificato tra i “montiani puri”)
.
. Sono fra i pochi italiani che non sognano di presentare una propria lista alle prossime elezioni politiche, e proprio per questo mi sento più libero di osservare le liste altrui. Che da un po’ di tempo pullulano un po’ ovunque, e rendono difficile orientarsi in vista della prossima scadenza elettorale.
. Prevista da alcuni per aprile 2013 (fine naturale della legislatura), da altri già per il novembre prossimo (elezioni anticipate). Anche limitando l’attenzione alle liste meno improbabili o improponibili, l’elenco è già piuttosto lungo: Movimento Cinque stelle (Grillo), Italia Futura (Montezemolo), Grande Sud (Miccichè e Poli Bortone), Sel (Vendola), lista Monti, lista Tremonti, lista Passera, lista Berlusconi, lista Giannino, lista Scalfari. Senza contare le liste già evaporate del Terzo polo (Fli, Api), o le molte liste che potrebbero travestire o incorporare i vecchi partiti. Dalle parti di Berlusconi, ad esempio, si parla di un nuovo nome per il Pdl («Vola Italia»?), e di un nuovo simbolo (l’aquilone); dalle parti di Casini si è spesso parlato di un contenitore per i cosiddetti moderati più ampio dell’Udc (il «Partito della Nazione»); dalle parti di Di Pietro e della Lega si cercano stratagemmi per non sparire: a Di Pietro piacerebbe essere, diciamo così, «ospitato» dal movimento di Grillo, Maroni ha già fatto togliere il nome di Bossi dal simbolo della Lega; il Pd sembra tentato dalla vecchia formula degli «indipendenti di sinistra», che questa volta potrebbe essere riesumata o candidando al Parlamento rappresentanti della società civile, o collegandosi a una lista civica (lista Scalfari?), o facendo entrambe le cose.
. Insomma, la confusione è grande, e il non sapere con che legge elettorale si voterà non fa che aumentare la confusione stessa. Una confusione che è amplificata dai sondaggi che gli aspiranti leader di nuove liste commissionano ai sondaggisti. L’argomento è un po’ tecnico, ma vale la pena ugualmente accennarvi con un esempio. Un nuovo leader X commissiona all’istituto demoscopico Y un sondaggio per sapere quanti italiani sarebbero seriamente intenzionati a votare la sua nuova lista Z. Il sondaggista, raggiante, gli comunica: ben il 12%. Il nuovo leader presenta la sua nuova lista e, inaspettatamente, prende il 4% scarso, senza nemmeno passare la soglia di sbarramento. Che cosa è successo? Il sondaggista ha preso una cantonata? No, semplicemente è successo che alle elezioni si sono presentate altre due liste affini alla lista Z – chiamiamole Z1 e Z2 – e tutte e tre insieme si sono spartite il 12% delle nostre intenzioni di voto, intercettando rispettivamente il 4% (lista Z), il 3% (lista Z1), il 5% (lista Z2). In breve, voglio dire che il successo elettorale di un partito non dipende tanto dal suo indice di gradimento, ma dal tasso di affollamento della regione dello spazio politico che intende occupare. Sicché, se non si sa ancora chi parteciperà al voto, gli esiti dei sondaggi possono risultare molto fuorvianti.
. Dunque il vero problema, per le prossime elezioni, sarà di capire come sarà fatto lo spazio politico e chi lo occuperà effettivamente, visto che ci saranno molte sigle nuove, e nello stesso tempo tante sigle spariranno o finiranno per restare sulla carta. In attesa di sapere chi si presenterà davvero, possiamo cercare di capire come sarà fatto lo spazio politico e che tipo di forze proveranno a occuparlo. Un modo per capirlo, a mio parere, sarà di sottoporre ogni forza politica, vecchia o nuova che sia, a due test, che chiamerò zattera-test e Monti-test.
. Il primo è un test, per così dire, sociologico. Si tratta di capire, scorrendo l’elenco dei candidati e le loro posizioni nelle graduatorie interne dei partiti, se la lista è una lista-zattera oppure no. Per lista-zattera intendo una lista concepita prevalentemente per traghettare nel nuovo Parlamento persone che, pur avendoci malgovernato per decenni, non intendono rinunciare alla carriera politica, o perché ne hanno assoluto bisogno (rinviati a giudizio e condannati più o meno definitivi), o perché non saprebbero cosa altro fare nella vita, o perché si ritengono indispensabili, insostituibili o, come amano dire quando parlano di se stessi, si sentono «una risorsa per il paese».
. Non è difficile costruire un tale test, studiando la composizione per età, genere, anzianità parlamentare e status penale dei candidati che ogni partito mette in pole position. Perché mentre è verissimo che un singolo non può essere escluso o demonizzato solo perché è maschio, ultrasessantenne e magari ha fatto 4 legislature, lo stesso discorso non vale per un partito che è pieno zeppo di persone con quel tipo di profilo. E’ facile prevedere che, alle prossime elezioni, molte liste non passeranno lo zattera-test. Non solo, ma è estremamente probabile che il sistema con cui si voterà sarà comunque – sotto questo profilo – molto simile a quello attuale, proprio per consentire ai partiti di gestire le progressioni di carriera dei loro membri senza la fastidiosa interferenza dei cittadini-elettori. E’ per questo che, a parole, tutti i partiti sono contro il porcellum, ma poi – quando si tratta di sostituirlo – si sbizzarriscono in proposte che conservano la loro «quota di porcellum», ossia la possibilità di assicurare l’elezione ai candidati scelti dal partito.
. Il secondo test, invece, è di natura strettamente politica. Alle prossime elezioni, lo si voglia o no, il metro fondamentale con cui dovremo misurarci sarà quel che ha fatto il governo Monti. Destra e sinistra c’entreranno poco, per il buon motivo che – quando sono state al governo – hanno entrambe fatto molto meno di quel che si sarebbe dovuto fare per evitare il declino dell’Italia. Sicché, alla fine, io vedo solo quattro posizioni di fondo, e quindi quattro esiti possibili di un Monti-test applicato a una forza politica. Provo a esporle sinteticamente, su una scala crescente di «montismo».
Posizione A (anti-montiani). Monti ha fatto male, troppe tasse, troppa macelleria sociale. L’Europa e la Merkel ci strangolano. Non possiamo escludere un ritorno alla lira. Qui si ritrovano il Movimento Cinque Stelle (Grillo), la Lega Nord (Maroni), L’Italia dei valori (Di Pietro) e in parte Sel (Vendola).
. Posizione B (montiani semi-pentiti). Monti ha fatto bene, ma noi avremmo fatto un po’ diverso, ossia meglio. E’ la posizione comune di Pdl e Pd, che si differenziano fra loro solo per quel che di leggermente diverso avrebbero fatto. Questo «leggermente diverso» significa meno tasse per il Pdl, meno riduzioni di spesa pubblica per il Pd. In buona sostanza significa un po’ meno rigore sui conti pubblici, anche se a spese di ceti sociali diversi (il Pdl a spese dei dipendenti pubblici, il Pd a spese delle partite Iva).
. Posizione C (montiani puri). Monti ha fatto il massimo, bisogna continuare con l’agenda Monti. Solo Monti ha l’autorevolezza per difendere gli interessi italiani di fronte all’Europa. Il cammino delle riforme va proseguito con determinazione. Qui troviamo l’Udc (Casini), i montiani del Pd (ad esempio Pietro Ichino), nonché – ovviamente – il variegato mondo delle liste-Monti più o meno esplicite (lista Passera?).
. Posizione D (oltre-montiani). Monti ha fatto bene, ma poteva e doveva fare molto di più. Più liberalizzazioni e alienazioni del patrimonio pubblico, più spending review, meno tasse sui produttori. In breve, si tratta di essere più montiani di Monti. Più che continuare con l’agenda del Monti-politico, andare avanti con l’agenda del Monti-studioso, del Monti commissario-europeo, del Monti editorialista del Corriere della sera. Qui troviamo la massima concentrazione di liste nuove: la lista Giannino (presentata ieri), la lista Montezemolo, una eventuale lista Marcegaglia, forse le minoranze liberal-liberiste di Pd e Pdl.
. Dunque il materiale per cominciare a riflettere non mancherebbe. E sarebbe bene cominciare a farlo al più presto perché, altrimenti, il rischio è che alle prossime elezioni succeda quel che succede sempre. E cioè che ognuno voti il leader o il partito che gli sta più simpatico (o meno antipatico), senza avere un’idea precisa delle conseguenze di quel voto sul futuro dell’Italia. Fino a ieri potevamo – forse – permetterci questo lusso, oggi non più.
k