PERCHÉ È GIUSTO FAR PAGARE DI PIÙ I FUORICORSO ALL’UNIVERSITÀ

IL GOVERNO FA BENE AD AUMENTARE LE TASSE DI ISCRIZIONE PER GLI STUDENTI IN RITARDO NELL’ATTUAZIONE DEL LORO PIANO DI STUDI: È DIMOSTRATO CHE L’INCENTIVO ECONOMICO PRODUCE L’EFFETTO DI RIDURNE LA PERCENTUALE RISPETTO AL TOTALE E DI MIGLIORARE L’EFFICIENZA COMPLESSIVA DEGLI ATENEI

Articolo di Andrea Ichino, pubblicato dal Corriere della Sera il 29 luglio 2012

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Tassare gli studenti fuori corso può sembrare un’idea peregrina e priva di effetti concreti. Non è così: un aumento di 1000 euro per chi si iscrive oltre i tempi normali ad un corso universitario riduce del 6 per cento la probabilità di laurearsi in ritardo.
Lo dimostrano sulla Review of Economics and Statistics Pietro Garibaldi,  Francesco Giavazzi, Enrico Rettore e chi scrive, usando dati della Bocconi dove, negli anni 90’ (e in modo simile ancora
oggi), le tasse universitarie variavano tra i  715 e i 6000 euro per 11 fasce di reddito familiare. Proprio confrontanto gli studenti “appena sopra e appena sotto” le soglie di reddito che in questo ateneo facevano scattare un aumento del costo di iscrizione, questa ricerca riesce a confrontare studenti simili per abilità e background familiare i quali, tuttavia, devono pagare tasse universitarie diverse. Il risultato non è quindi una semplice correlazione: indica un vero e proprio rapporto di causa-effetto.
Ma perché costringere uno studente a studiare con impegno? Perché perfino alla Bocconi, e ancor più nella quasi gratuita università pubblica, gli studi sono finanziati dalla collettività che ha quindi diritto di vedere un rapido ritorno del suo investimento. E lo scarso impegno di uno studente contagia anche gli altri, come dimostrano numerosi studi, aggravando il ritardo generale e affollando gli atenei oltre il ragionevole. Con danno per la crescita del Paese. Che il governo ci stia pensando, è un’ottima notizia (per chi studia lavorando basta prevedere l’iscrizione part-time, come nel Regno Unito). E una volta tanto sarebbe una riforma supportata da solide basi quasi-sperimentali, cosa
che, almeno nel Paese di Galileo, dovrebbe essere la norma. Lo è nel caso delle scienze mediche, dove ogni terapia viene attentamente sperimentata in modo controllato prima della diffusione. Non nelle scienze sociali, da noi, mentre in altri Paesi i governi si servono anche in questo campo di risultati
sperimentali per prendere decisioni.
Ma non si fermi qui il governo: le tasse universitarie pubbliche in Italia sono ridicolmente basse per le famiglie abbienti. Sono quindi i poveri a pagare l’università ai ricchi, i quali invece dovrebbero sostenere il costo pieno dei loro studi, lasciando più risorse per i poveri (e per la riduzione del debito) .

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