PD E PDL DOVREBBERO SOTTOSCRIVERE UN PATTO CHE IMPEGNI CHIUNQUE VINCA LE PROSSIME ELEZIONI A MANTENERE LA LINEA DEL RISANAMENTO STRUTTURALE DEL PAESE, CON INDICAZIONE PRECISA DEI CONTENUTI DEI QUESTO IMPEGNO IN RELAZIONE AI PUNTI CRUCIALI DELL'”AGENDA MONTI”
Articolo di Michele Salvati pubblicato sul Corriere della Sera il 15 luglio 2012
Tra le due alternative che la nostra economia ha di fronte – una catastrofe a seguito di una crisi definitiva dell’ Euro, o un lungo ristagno – a scegliere non è certo solo l’Italia. Potrebbe anche essere che noi si faccia del nostro meglio, ma poi eventi negativi o decisioni improvvide in altri Paesi – e soprattutto la lentezza e le esitazioni con cui l’Europa dà corpo agli impegni presi nell’ ultimo vertice dei capi di governo – scatenino una crisi di credibilità finale nella nostra moneta comune. E dunque la catastrofe. Questa è la situazione ed è inutile girarci attorno e discettare perché e per colpa di chi, in un lontano passato o per recenti decisioni, oggi ci ritroviamo così mal messi. Oggi, per agire in modo efficace, dovrebbe essere sufficiente la comune convinzione che la catastrofe è peggio del ristagno – da questo, forse, si può lentamente uscire con danni limitati e calcolabili, se l’ Europa si dà una mossa e noi ci comportiamo bene – e sia a destra sia a sinistra si dovrebbe convenire che a volte la politica ci pone di fronte non alla scelta tra un bene e un male, ma tra un male maggiore e uno minore. Per la politica italiana, nel suo piccolo, l’obiettivo fondamentale dovrebbe allora essere quello di far bene i compiti a casa, di consolidare le aspettative positive dell’ Europa e dei mercati che Monti è riuscito a suscitare, di non accrescere la probabilità che una situazione di confusione e di incertezza aumenti la probabilità di una catastrofe. Confusione e incertezza: dopo il declassamento di Moody’s dovrebbe essere chiaro a tutti con quale attenzione le istituzioni europee e gli analisti finanziari stiano seguendo la politica italiana, rubando il mestiere ai politologi. È dunque il problema del «dopo Monti» a tenere banco e per capire come siamo messi propongo un piccolo esperimento, definendo una «situazione ideale» e misurando poi gli scostamenti della realtà rispetto ad essa. La situazione ideale è quella in cui, dopo le elezioni, Monti resta presidente del Consiglio, a capo di una maggioranza solida ma più coerente della pseudo grande coalizione che l’ ha sinora sostenuto. Maggioranza solida e coerente vuol dire che vince o il centrodestra o il centrosinistra, ma un centrodestra o un centrosinistra di fede montiana, i quali seguirebbero politiche diverse, ma in sostanza interne alla road map che Monti sta cercando di imporre. C’ è una qualche probabilità che le riforme elettorali di cui si sta discutendo producano una situazione di questo genere? Poche, mi sembra. Qualsiasi riforma calerebbe su una situazione politica in cui ben più di un terzo degli elettori, a meno di repentini mutamenti d’ opinione, voterebbero per partiti dichiaratamente anti-montiani (dalla Lega ai grillini, passando per Idv e Sel) e, dei partiti che hanno sinora sostenuto Monti, solo l’Udc è a prova di bomba: sia nel Pdl sia nel Pd i mal di pancia sono molto forti e una gran parte dei loro dirigenti invoca una «discontinuità» rispetto a Monti. Se la divisione destra/sinistra ha ancora un senso, e si rimprovera alla road map di Monti di aver seguito politiche sbilanciate nell’ una o nell’ altra direzione, in una coalizione destra-sinistra rimproveri del genere non sono evitabili e segnalano che la road map funzionerebbe meglio se avesse alle sue spalle una maggioranza politicamente coerente. Tuttavia, come la lettera dei 15 esponenti liberal del Pd pubblicata dal Corriere ha denunciato (e se ci fosse vero dibattito politico in quel che resta del Pdl analoghe denunce potrebbero venire da quella parte), i rimproveri non riguardano solo il contenuto di destra o sinistra della road map sinora seguita, ma la sua stessa natura, la necessità di una politica di rigore realistica e di forte impatto. E, se così stanno le cose, se Pdl e Pd non sottoscrivono in modo convinto l’ agenda Monti, anche una maggioranza in cui prevalga o l’ uno o l’ altro dei due partiti non funzionerebbe bene come base parlamentare per una road map montiana. Non c’ è riforma elettorale accettabile che possa porre rimedio a questo problema, al fatto che una buona parte dell’ elettorato è orientata contro Monti, e la maggioranza che lo sostiene è divisa tra una destra e una sinistra che si avversano profondamente su innumerevoli provvedimenti, dalla giustizia alla Rai, dalla lotta alla corruzione alle misure fiscali, con la conseguenza che la gestione di una maggioranza di grande coalizione è faticosissima. Una destra e una sinistra, oltretutto, all’ interno delle quali coloro che vorrebbero proseguire sulla stessa road map di Monti sono probabilmente una minoranza. In queste condizioni i tre obiettivi di: (a) una maggioranza ideologicamente coerente, (b) di una maggioranza disposta a seguire una road map montiana, e (c) di una legge elettorale che non alteri in modo scandaloso il rapporto tra i voti ottenuti dai partiti e i seggi ottenuti in parlamento, non sono raggiungibili insieme. E mancano le condizioni politiche per giocare la carta del doppio turno e del presidenzialismo che, forse, avrebbe consentito di raggiungerli. Ben venga una legge elettorale decente. Temo però che le radici dell’ incertezza politica percepite dagli osservatori internazionali siano più profonde di quelle che una semplice legge elettorale è in grado di curare: l’ incertezza è dunque destinata a proseguire e non ci resta che sperare che i suoi guasti non siano troppo gravi.
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