CONCERTAZIONE SÌ O NO?

IL METODO DELLA CONCERTAZIONE PUÒ DARE RISULTATI MOLTO POSITIVI, MA SOLO QUANDO TRA IL GOVERNO E I RAPPRESENTANTI DELLE PARTI SOCIALI C’È UNA PIENA CONDIVISIONE DEGLI OBIETTIVI DA PERSEGUIRE E DEI VINCOLI DA RISPETTARE

Mia intervista a cura di Giovanna Casadio pubblicata su la Repubblica il 12 luglio 2012, affiancata a un’intervista a Stefano Fassina, responsabile nazionale per l’economia del Pd (questa pure disponibile qui sotto) – In argomento v. anche la mia intervista a Italia Oggi del 13 luglio 2012

Scarica l’intervista a Pietro Ichino in formato pdf
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Lei condivide l’affermazione di Monti, che “la concertazione è causa dei mali italiani”, senatore Ichino?
La concertazione è un metodo che può dare una marcia in più al paese e al governo, ma a una condizione: che tra governo e rappresentanti delle parti sociali ci sia una piena concordanza sugli obiettivi da raggiungere e i vincoli da rispettare. Questa condizione sussisteva nei primi anni Novanta ed è stata quella che ha consentito a Ciampi il miracolo di soddisfare i requisiti per l’ingresso nell’euro. Allora nessuno avrebbe puntato un soldo bucato nella capacità del paese di realizzare quell’obiettivo. È evidente che lì la concertazione ha costituito uno strumento di eccezionale valore.

Quindi Monti sbaglia?
Il problema è che in Italia quella concordanza su obiettivi e vincoli da rispettare c’era ai tempi dei Lama e dei Trentin, ma oggi non c’è più. In questo contesto, applicare il metodo della concertazione significa di fatto attribuire un potere di veto a organizzazioni che, oltretutto, rappresentano soltanto un segmento minoritario anche nell’ambito delle categorie che intendono rappresentare. Per questo la concertazione oggi in Italia non può costituire il metodo per compiere le riforme strutturali di cui abbiamo bisogno.

Lei è filo Monti, tra quelli che vorrebbero un Monti-bis nel 2013?
Alla persona di Monti mi lega un’antica amicizia personale e grande stima sul piano intellettuale e professionale. Ma ovviamente non è questo il punto, anche perché noi dobbiamo mettere in conto che Monti venga chiamato a responsabilità più alta di quella attuale, a livello nazionale o europeo. Il problema è se la sua agenda resta al centro della prossima legislatura o se invece l’agenda Monti va intesa come la toppa da mettere a una falla temporanea, rispetto alla quale ci si riserva di prendere delle distanze, appena la congiuntura sarà passata. La mia convinzione è che il nostro Paese stia correndo un rischio gravissimo e che non abbiamo una strategia migliore per evitarlo, rispetto all’agenda Monti. Nell’operato dei suoi ministri ci sono molti difetti ed errori, ma le riforme strutturali che Monti sta perseguendo, nel welfare, nel mercato del lavoro, nelle amministrazioni pubbliche, devono costituire l’agenda politica almeno per i prossimi sei anni.

Non è la linea del Pd di Bersani?
Una larga maggioranza degli elettori e degli iscritti al Pd è convinta che questa scommessa europea dell’Italia sia necessaria e che sia possibile vincerla.

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