CHE COS’È, TECNICAMENTE, IL “DIRITTO AL LAVORO”

PREVALE L’OPINIONE SECONDO CUI L’ARTICOLO 4 DELLA COSTITUZIONE NON ATTRIBUISCE AL LAVORATORE UN DIRITTO SOGGETTIVO DA FAR VALERE VERSO UN ALTRO SOGGETTO, BENSÌ IMPONE ALLA REPUBBLICA DI PERSEGUIRE UNA SITUAZIONE DI PIENA OCCUPAZIONE

Lettera pervenuta a seguito della pubblicazione on line del mio editoriale telegrafico del 2 luglio 2012 su questo argomentoSegue la mia risposta – In argomento v. anche, su di una posizione solo in parte coincidente con la mia, l’intervento di Matteo Rizzolli sul sito IMille.org: Il lavoro non è un diritto ma una libertà

Caro Senatore,
“diritto”, secondo la Treccani, è: Facoltà o pretesa, tutelata dalla legge, di un determinato comportamento attivo o omissivo da parte di altri (specificamente, nel linguaggio giur., d. soggettivo); spesso contrapposto al dovere: d. di proprietà; d. di voto; i d. e i doveri del cittadino; d. civili, politici, umani; d. acquisito; avere, acquistare, arrogarsi, conservare, difendere, esercitare, far valere, rivendicare, sostenere, tutelare un d.; godere di un d.; accordare, assicurare, cedere, concedere, convalidare, trasmettere un d., o il godimento di un d.; negare, riconoscere un d.; calpestare, conculcare, ledere, offendere, usurpare, violare i d. altrui; perdere un d.; abdicare, rinunciare a un d.; rientrare nei proprî d.; valersi di un d., ecc.; con la preposizione a, quando si specifichi l’oggetto particolare riconosciuto, o di cui si chiede il riconoscimento, come diritto: (avere) d. alla retribuzione, alle ferie, al risarcimento di un danno, al lavoro.
Invece, …”e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto “…   è un’altra proposizione  legata, congiunta, coordinata,  appunto,  alla principale dalla congiunzione “e”  che aggiunge ancora qualcosa.
Una proposizione coordinata è, all’interno del periodo, una proposizione collegata alla proposizione principale o ad una proposizione subordinata tramite una congiunzione coordinante (e, ma, però, dunque…). Può avere un significato proprio o contenere un’informazione in più che spiega la frase principale (senza per forza dipendere da essa).
Ecco cosa intendono gli Italiani che hanno studiato la lingua italiana.
Filippo Catrini

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Se intendiamo la parola “diritto”, nel primo comma dell’articolo 4 Cost., come indicativa della categoria giuridica “diritto soggettivo”, propria del diritto civile, il problema sta tutto nell’individuazione del soggetto passivo di questo rapporto giuridico. In questo caso, se soggetto passivo è lo Stato, si rientra in quello che io indico come “modo burocratico” di intendere il diritto al lavoro; se soggetto passivo è il singolo datore di lavoro, si rientra in quello che io indico come “modo sindacale” di intendere lo stesso diritto. Non mi è chiaro, dal Suo messaggio, quale di queste due alternative Lei scelga, o se ne propone una terza.
Prevale però nettamente nella dottrina e nella giurisprudenza costituzionale l’opinione secondo cui la parola “diritto” nell’articolo 4 Cost. non richiama la categoria giuridica del “diritto soggettivo” propria del diritto civile, bensì indica un bene della vita che la Repubblica deve fare tutto il possibile perché sia effettivamente goduto da ciascun cittadino. In questo ordine di idee, il “diritto al lavoro” non è un diritto soggettivo nel senso civilistico del termine. E le due proposizioni contenute nel primo comma dell’articolo 4 costituiscono una “endiadi”: ovvero due modi per dire la stessa cosa: cioè che la Repubblica deve fare tutto il possibile per perseguire quell’obbiettivo.   (p.i.)

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