LA RACCOLTA DI DOCUMENTAZIONE SUL TEMA “CHE COSA CI IMPEDISCE DI LAVORARE” PROSEGUE CON QUESTA INTERESSANTE RASSEGNA DI SKILL SHORTAGES, SUI QUALI NESSUN SERVIZIO DI ORIENTAMENTO PROFESSIONALE FORNISCE AI GIOVANI ITALIANI LA DOVUTA INFORMAZIONE
Articolo di Gianpiero Dalla Zuanna, professore ordinario di Demografia presso il Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Padova, pubblicato sul Corriere della Sera, 18 giugno 2012 – In argomento v. le slides della conferenza che ho svolto al Festival Passepartout di Asti l’11 giugno
Il 36% degli italiani di età tra i 15 e i 24 anni che vorrebbero lavorare dichiarano di non trovare lavoro. È colpa certamente della crisi e di leggi che scoraggiano le imprese ad assumere. Tuttavia ci sono anche altri problemi, che – se ben affrontati – potrebbero ridurre fortemente il numero dei ragazzi disoccupati. Fra i giovani italiani è molto forte la discordanza fra domanda e offerta di lavoro. Vediamo che accade in due segmenti opposti: quello delle occupazioni manuali, e quello dei laureati magistrali, che hanno alle spalle almeno cinque anni di università. Una recente indagine di Confartigianato – elaborando i dati sulle assunzioni previste dalle imprese e monitorate dal Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere e del Ministero del Lavoro nel 2011 – mette in evidenza le professioni che faticano a trovare persone disposte all’impiego. Il 27% delle 1.100 richieste di pavimentatori e posatori di rivestimenti, in imprese artigiane e industriali, faticano a essere soddisfatte per scarsità di offerta. Seguono i montatori di carpenteria metallica (19% su 5.060), i camerieri (18,5% su 22.460), e poi i meccanici, i riparatori e manutentori di automobili, gli attrezzisti di macchine utensili, i sarti e i tagliatori artigianali, i modellisti e i cappellai, e così via. Risultati del tutto simili escono da una recente indagine di Fondimpresa del Veneto, fondo interprofessionale per la formazione continua. Sono introvabili i ciabattini e i mulettisti. Ma anche gli infermieri. Evidentemente, molti giovani o non vengono ben indirizzati, o possono permettersi di fare gli «schizzinosi», di attendere prima di accettare un lavoro diverso da quello sognato o forse solo immaginato.
I dati di Alma Laurea mostrano una distanza siderale nelle opportunità di impiego per tipo di laurea. Guardiamo solo al guadagno netto dei vari tipi di dottori magistrali che – tre anni dopo la laurea – lavoravano, intervistati nel 2011, perché il guadagno è anche segno di quanto sono ricercate dal mercato le diverse professionalità. Tre anni dopo la laurea, più di metà dei dottori magistrali in Ingegneria, Statistica, Medicina ed Economia guadagna più di 1.400 euro al mese. Per contro, i laureati in Lettere, Psicologia e Scienze della Formazione raramente superano i 1.000 euro.
Questi risultati, nella loro semplice evidenza, suggeriscono tre considerazioni. Questa assordante sfasatura fra domanda e offerta di lavoro dimostra – una volta di più – che il mercato del lavoro non raggiunge, quasi magicamente, una posizione di equilibrio. Datori di lavoro e lavoratori dovrebbero possedere strumenti più efficaci per incontrarsi. I giovani dovrebbero essere informati meglio, dando più spazio a dati come quelli qui pubblicati, ma anche mediante strumenti come percorsi misti scuola-lavoro, stage, eccetera. In secondo luogo, in questi tempi difficili i giovani (e le loro famiglie) dovrebbero privilegiare scelte orientate più al lavoro futuro che ai sogni presenti, per evitare di trovarsi spiazzati e fuori mercato quando ormai è troppo tardi. Infine, molti laureati e diplomati che ora vivacchiano scontenti e scoraggiati fra un impiego precario e l’altro, facendo tutt’altra cosa rispetto a ciò che hanno studiato, potrebbero considerare l’opportunità di girare pagina. Non devono inventarsi un lavoro, ma accettare di imparare i lavori manuali disponibili che – se a volte sono faticosi e impegnativi – raramente possono essere pagati meno di 1.000 euro al mese. Con la crisi, gli italiani sono usciti da una specie di fiction , e ora in molti (28 milioni secondo il ministro Passera) debbono fare i conti con la dura realtà. Per molti giovani, accettare il lavoro che c’è può essere un primo passo importante verso la costruzione una vita più dignitosa.
kk