LA MIA DICHIARAZIONE AL PROCESSO CONTRO I NUOVI BRIGATISTI ROSSI

FIN DALL’INIZIO DEL PROCESSO HO OFFERTO A TUTTI E CIASCUNO DEGLI IMPUTATI DI RINUNCIARE ALLA COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE, DIETRO IL RICONOSCIMENTO DA PARTE LORO DEL MIO DIRITTO A NON ESSERE AGGREDITO

Dichiarazione resa davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Milano, nel corso dell’ultima udienza del giudizio di rinvio contro il gruppo di appartenenti alle “nuove Brigate Rosse”, 28 maggio 2012 (la pubblico anche per correggere il modo scorretto in cui essa è stata riportata  dal sito Repubblica.it, il quale mi ha attribuito parole di sapore vittimistico mai pronunciate) – Sulla sentenza della Corte di Cassazione che ha dato luogo a questo giudizio di rinvio v. il mio commento del 14 maggio scorso – Sulla nuova sentenza della Corte d’Assise d’Appello, pronunciata il 28 maggio, v. il mio commento sul Corriere della Sera del giorno dopo  

LA DICHIARAZIONE DAVANTI ALLA CORTE D’ASSISE D’APPELLO
Voglio solo ricordare che fin dall’inizio di questo processo in primo grado ho dichiarato a tutti e a ciascuno degli imputati la mia disponibilità a rinunciare alla costituzione di parte civile e a qualsiasi risarcimento del danno, dietro riconoscimento esplicito, da parte degli imputati stessi, del mio diritto a non essere aggredito. A tutt’oggi, nessuno degli imputati ha risposto positivamente a questa mia proposta di conciliazione e di dialogo.
Nell’estate del 2006 avevo scritto all’allora ministro dell’Economia e delle Finanze Tommaso Padoa Schioppa per chiedergli di rimuovere il dispositivo di protezione attivato quattro anni prima dalla Guardia di Finanza nei miei confronti. Il ministro inoltrò la mia lettera al Prefetto di Milano, il quale mi convocò nel settembre di quell’anno per spiegarmi che il dispositivo di protezione non poteva essere rimosso, perché il gruppo degli odierni imputati stava organizzando un attentato contro di me. Da allora il dispositivo di protezione non è stato più rimosso; ed è il motivo per cui io non posso muovere un passo fuori di casa se non accompagnato dagli agenti incaricati della mia protezione. Credo che il perdurante rifiuto, da parte degli imputati, di riconoscermi il diritto a non essere aggredito contribuisca in modo rilevante al mantenimento di questa situazione di pericolo.

LA DICHIARAZIONE DELL’IMPUTATO ALFREDO DAVANZO
(ANSA, 28 maggio 2012) – ”Questo signore rappresenta il capitalismo, lui è l’esecutore di questo sistema e noi eseguiremo il dovere di sbarazzarci di questo sistema”. Così Alfredo Davanzo, uno dei dodici imputati nel processo milanese d’Appello alle cosiddette ‘nuove BR’ ha replicato dalla gabbia alle dichiarazioni lette dal giuslavorista Pietro Ichino, parte civile. ”Questa gente – ha proseguito Davanzo – non ha diritto a fare sceneggiate, c’è una guerra di classe in corso e quelli blindati siamo noi”.
(ANSA, 28 maggio 2012) – Prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio per la sentenza e dopo l’ultimo intervento delle difese, alcuni imputati del processo milanese alle cosiddette ‘nuove BR’ dalle gabbie hanno gridato contro il giuslavorista Pietro Ichino, presente in aula come parte civile. ”Vergogna, vai a lavorare”, è una delle provocazioni che sono state lanciate contro il senatore. Dallo spazio riservato al pubblico, dove si trovavano amici e parenti degli arrestati, si sono alzate altre grida e insulti contro Ichino.

 

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