IL QUOTIDIANO DI PUGLIA: UN NUOVO MERCATO DEL LAVORO PER LA CRESCITA DEL MEZZOGIORNO

COME LE REGIONI DEL SUD POSSONO PORSI IN CONDIZIONE DI ATTIRARE IL MEGLIO DELL’IMPRENDITORIA MONDIALE

Intervista a cura di Francesco Giuseppe Gioffredi, pubblicata sul Nuovo Quotidiano di Puglia, 28 maggio 2012

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Giuslavorista di spicco e senatore Pd, Pietro Ichino nei giorni scorsi ha fatto tappa a Bari.
L’occasione è stata la giornata di studio sulla nuova riforma del lavoro organizzata dal Claai Puglia e Basilicata, iniziativa che ha chiamato a raccolta centinaia di consulenti del lavoro, imprenditori, operatori del diritto, rappresentanti di associazioni datoriali e sindacali.

Professor Pietro Ichino, dopo l’ok della Commissione lavoro del Senato e le relative modifiche, che valutazione dà della riforma del mercato del lavoro?
La riforma Fornero si fonda su questo equilibrio: una riduzione della rigidità della disciplina dei licenziamenti e un giro di vite contro l’abuso di forme di lavoro precario. Certo, avrei preferito una riforma dei licenziamenti più incisiva, applicata ai soli rapporti di lavoro destinati a costituirsi da qui in avanti, che avrebbe consentito di riassorbire molto più facilmente l’attuale lavoro precario nell’area del lavoro regolare, senza il rischio di perderne una parte per strada. Ma anche il progetto Fornero costituisce comunque un passo avanti nella direzione giusta. Sulle richieste di correzione presentate dalle imprese è maturata un’intesa ragionevole, che mi sembra risolva i problemi in modo equilibrato, senza alterare l’equilibrio generale della riforma.

C’è un’equa compensazione tra riduzione della rigidità dei licenziamenti e stretta al precariato?
L’equilibrio c’è. La riscrittura dell’articolo 18, nonostante alcune zone grige che avrebbero potuto essere evitate, è assai più incisiva di quanto non sia stato percepito, attraverso i commenti delle ultime settimane: la regola generale non è più quella che ha generato la situazione attuale di sostanziale job property, ma una regola di congruo indennizzo, quella che i giuristi chiamano liability rule, in linea con quanto accade in tutto il resto d’Europa.

Ma in Italia la domanda di lavoro è molto più fiacca che nel resto d’Europa.
Questo è vero solo in parte. In ciascuno degli ultimi anni, pur in una situazione di grave crisi economica, in Italia sono stati pur sempre stipulati ogni anno più di dieci milioni di contratti di lavoro, dei quali un quinto a tempo indeterminato. E di questi, un terzo nel Mezzogiorno. Il problema è che questa è per la stragrande maggior parte una mobilità da posto a posto di lavoro. Il lavoro è accessibile soltanto per chi lo ha già, oppure attraverso le reti parentali, amicali, professionali; chi è fuori dal giro e non dispone di queste reti ha l’impressione che il mercato del lavoro sia un buco nero, una trappola infernale.

L’approccio al dibattito sull’articolo 18 è stato eccessivamente “ideologico”, anche da parte del Pd?
Non è stato un dibattito ideologico né da destra, né da sinistra. La questione che era ed è sul tappeto è una questione sostanziale, molto concreta. Il passaggio di cui abbiamo parlato prima, dalla property rule alla liability rule come regola generale, è davvero un mutamento importante.

Ma davvero le rigidità dell’articolo 18 inibiscono gli investimenti delle imprese?
Questa rigidità, con la vischiosità che ne consegue nel mercato del lavoro, e la peggiore allocazione delle risorse umane che essa consente, costituisce soltanto uno dei grandi ostacoli agli investimenti, soprattutto quelli provenienti dall’estero. Insieme ai difetti di funzionamento delle amministrazioni pubbliche, ai difetti delle infrastrutture di comunicazione e di trasporto, e al maggiore costo dell’energia.

Cosa fare per dare maggiore dinamicità al sistema?
La leva di gran lunga più importante su cui possiamo agire, oggi, per rimettere in moto la crescita economica del Paese, è l’apertura del Paese agli investimenti stranieri, rispetto ai quali oggi siamo drammaticamente chiusi. Anche per questo è importante riallineare la nostra legislazione del lavoro ai migliori standard del centro e nord-Europa; anche se questa è soltanto una delle misure necessarie, non certo l’unica. Certo, sarebbe importantissima anche la semplificazione di questa legislazione. E invece questa ancora non c’è proprio. Peccato, perché il codice del lavoro semplificato sarebbe già pronto: è una riforma che si potrebbe fare in tre mesi e a costo zero. Diciamo che sarà questo il prossimo passo da mettere in agenda, subito dopo il varo della riforma Fornero.

Flexsecurity: l’Italia non sembra essere pronta…
Invece, è molto più pronta di quanto si pensi. Nei giorni scorsi sul Quotidiano di Puglia e sulla Nuova del Sud sono comparsi due interventi con i quali Carmine Vaccaro, segretario regionale della UIL lucana, propone di candidare la Basilicata come regione-pilota per la sperimentazione di un regime di flexsecurity, proprio in funzione di una sua maggiore attrattività per gli investimenti nazionali ed esteri.

Come potrebbe funzionare un piano di questo genere?
Occorrerebbe innanzitutto un accordo-quadro regionale, che individui con precisione le guidelines per la sperimentazione del nuovo regime mediante la contrattazione aziendale, i contenuti di un nuovo Codice del lavoro semplificato, applicabile a tutti gli start-up, o alle nuove assunzioni in una impresa che intenda impegnarsi su questo terreno. Con questo accordo-quadro la Regione potrebbe impegnarsi, nei confronti di tutte le imprese che aderiscano allo schema di sperimentazione, a coprire i quattro quinti del costo di mercato dei servizi di outplacement e di riqualificazione mirata, nei casi in cui le imprese stesse dovessero averne bisogno per la ricollocazione di propri lavoratori licenziati nel nuovo regime. Il costo di una iniziativa di questo genere crescerebbe gradualmente negli anni, ma all’inizio sarebbe di minima entità, perché nei primi tempi nel segmento dei nuovi rapporti di lavoro ci sarebbero solo assunzioni e non licenziamenti. Il finanziamento può essere dato per metà dai contributi del Fondo Sociale Europeo, per l’altra metà da una riqualificazione progressiva della spesa regionale in questo campo, via via sempre più incisiva nel tempo.

Ma un accordo-quadro regionale non può modificare la legge vigente.
E non gli si chiede di farlo. L’accordo-quadro, secondo questo disegno, si limita a dettare i contenuti che i contratti aziendali dovranno fare propri per poter godere dei benefici promessi dalla Regione, in materia di outplacement e di riqualificazione mirata. I contratti aziendali stessi, invece, se stipulati dalle confederazioni sindacali maggioritarie nella singola impresa, sono pienamente abilitati, a norma dell’articolo 8 della legge n. 148/2011, a disporre anche modifiche della disciplina vigente dei rapporti di lavoro, purché compatibili con i principi costituzionali e con i vincoli posti dalle norme sovranazionali. Con un accordo-quadro di questo genere, per esempio, la Basilicata, o la Puglia, o la Calabria, potrebbero presentarsi alla parte migliore dell’imprenditoria del mondo intero con uno straordinario “biglietto da visita”. Il messaggio sarebbe questo: se collocate qui i vostri nuovi insediamenti, noi siamo in  grado di offrirvi un nuovo Codice del lavoro semplice, tradotto in inglese, perfettamente allineato con i migliori standard internazionali, che offre il massimo di flessibilità alle strutture produttive e il massimo di sicurezza ai lavoratori nel mercato del lavoro. Se poi a questo ciascuna Regione aggiunge uno sportello unico capace di sbrigare in due settimane tutte le pratiche amministrative necessarie per lo start-up, c’è caso che Puglia, Basilicata o Calabria riescano a far concorrenza persino alla Baviera e alla Svizzera.

I percorsi di formazione e orientamento scolastico quanto possono fare per far funzionare meglio il mercato del lavoro?
Possono fare moltissimo. Un buon servizio di orientamento scolastico e professionale che fosse capace di raggiungere capillarmente ciascun giovane che esce da un qualsiasi ciclo scolastico, offrendogli un bilancio delle sue competenze e informandolo compiutamente su tutte le opportunità formative e occupazionali che gli si offrono nel mercato del lavoro, aiuterebbe moltissimo a ridurre la disoccupazione giovanile. E un sistema di formazione e riqualificazione che, invece di riproporre ogni anno gli stessi corsi sempre uguali a se stessi da decenni, utili solo a chi vi è addetto, fosse invece capace di organizzare i singoli servizi in riferimento a ciascuna specifica necessità delle imprese che assumono aiuterebbe moltissimo sia le imprese sia i lavoratori.

Ha fiducia nella spending review in corso? Libererà risorse per la crescita, da investire in quale modo?
È la cosa più importante che lo Stato possa fare oggi, al servizio dei cittadini. Ed è il modo migliore per mettere a frutto la crisi economica: fare piazza pulita degli sprechi e delle rendite. Ma per questo occorrerebbe soprattutto mettere alla frusta i dirigenti pubblici: è a loro che andrebbe imposto un obiettivo di eliminazione degli sprechi serio, specifico, misurabile, al quale sia davvero collegato il mantenimento della carica dirigenziale. Su questo terreno c’è ancora molto da cambiare nell’organizzazione della funzione pubblica. Non occorrono nuove leggi: le norme ci sono già da tempo. Occorre applicarle con intelligenza e rigore.

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