LAVIA: DOPPIO TURNO, BEATI LORO

LE ELEZIONI PRESIDENZIALI FRANCESI CONFERMANO I PREGI DEL SISTEMA ELETTORALE C.D. DEL “DOPPIO TURNO DI COLLEGIO”: CONSENTE LE AGGREGAZIONI POLITICHE, COSTRINGENDO IL CANDIDATO A CERCARE I VOTI DEGLI ELETTORI APPARTENENTI A FORZE POLITICHE MINORI, MA NON VINCOLANDOLO POI AL CONSENSO DI QUESTE ULTIME

Articolo di Mario Lavia pubblicato su Europa il 24 aprile 2012

Ogni 5 anni vediamo la Francia al voto e ogni 5 anni la invidiamo. Un paese in crisi va in massa alle urne, partecipa e si divide, invia messaggi urticanti ma sceglie. La politica riprende quota. È (anche) merito del doppio turno? Sì.
Perché il doppio turno moltiplica l’offerta politica, la seleziona democraticamente, garantisce infine il vincitore (qui il presidente, a giugno il governo). E alla fine il risultato è il migliore: nel senso di quello più corrispondente alla volontà del popolo.
In Italia il meccanismo d’altronde è ben noto, vige per l’elezione dei sindaci: un sistema che negli anni si è via via consolidato nell’animo dei cittadini e che ha garantito la selezione di stabili governi. Eppure, nella trattativa sulla nuove legge elettorale – peraltro piuttosto faticosa e, a quel che se ne sa, tutt’altro che conclusa – i partiti discutono di tante ipotesi tranne che di questa.
Si capisce abbastanza perché il doppio turno alla francese non vada bene al Terzo polo: perché teme, comprensibilmente, di non avere nessuna voce in capitolo al ballottaggio che verosimilmente lo vedrebbe escluso, ridimensionandone dunque il peso politico. Senza dire – ma va detto – che l’esperienza di Bayrou, cioè l’idea di una terza forza centrista ago della bilancia, mostra ormai la corda.
Così come si può comprendere che il Pdl abbia una resistenza istintiva verso un meccanismo che al secondo turno provoca inesorabilmente un calo di partecipazione («la desertificazione della politica », la definisce il terzopolista Pisicchio) tale da avvantaggiare, almeno in teoria, i partiti più strutturati e “militanti”. Anche se è più verosimile – e semplice – ritenere che un Pdl orfano della straripante presenza di Berlusconi e tuttora privo di radici di massa preferisca “nascondersi” nella selva proporzionalistica.
Il problema è che, stando così le cose, il Pd non ha neppure posto la questione sul tavolo. Tanto non era d’accordo nessuno. Così che il doppio turno di collegio, che è pur sempre la proposta approvata dall’assemblea nazionale del Pd, è rimasto nel libro delle buone intenzioni: e si è passati ad altro.
Arturo Parisi, che è rimasto fedele a quella posizione, ieri non ha perso l’occasione per tornare a sparare contro quel Violantum che sta prendendo corpo: «Immaginino gli italiani cosa succederebbe con il sistema che ABC ci stanno preparando. Astensionismo, frammentazione e radicalizzazione, e alla fine ingovernabilità»; al contrario del modello di Parigi dove «il panorama frammentato al primo turno è chiamato a ricomporsi al secondo turno intorno a posizioni centrali, tra di loro distinte ma certamente distanti».
Dice però Gianclaudio Bressa, uno degli sherpa del Pd al tavolo: «Anche secondo me il doppio turno di collegio è il sistema migliore: ma non lo vuole nessuno. È inutile far poesia. Peraltro il sistema a cui stiamo lavorando è un proporzionale con forti correttivi maggioritari in grado di garantire la governabilità », capace di evitare «le maggioranze forzose»: quella Unione-style, mega-cartelli elettorali fatti per vincere ma inabili a governare. Il modello francese elimina questo problema alla radice: Hollande dovrà tenere conto dei consensi di Mélenchon ma senza che quest’ultimo possa ricattarlo, o fai così o cadi. In Francia non ci sarà nessun Turigliatto a ricattare Hollande, o per meglio dire il suo primo ministro, quello che uscirà dalle legislative di giugno (che molto probabilmente avranno lo stesso segno del 6 maggio: svolgere presidenziali e legislative a poche settimane di distanza annulla il rischio della cohabitation).
Detto tutto questo, è improbabile che il modello francese varchi le Alpi. Ma che almeno sia chiaro perché, e per colpa di chi.

jj

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