FINANZIAMENTO AI PARTITI: UNA PROPOSTA PER VOLTAR PAGINA

SOLO CON DONAZIONI PRIVATE, DETRAIBILI PER META’ DALL’IRPEF – E OGNI ATTO DI SPESA DEVE ESSERE ON LINE 

Disegno di legge d’iniziativa dei senatori Nicola Rossi e altri, presentato alla Presidenza del Senato il 17 aprile 2012

DISEGNO DI LEGGE

Presentato alla Presidenza del Senato il 17 aprile 2012
dai Senatori Nicola Rossi, Baldassarri, D’Ubaldo, Follini,
Mariapia Garavaglia, Ichino, Leddi

Disposizioni sul finanziamento dei partiti e dei movimenti politici

Onorevoli Senatori, la presente proposta di legge si propone di offrire un primo concreto contributo alla revisione della spesa pubblica di cui all’articolo 1 del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito in legge 14 settembre 2011, n. 148).
Le cronache delle ultime settimane e degli ultimi mesi forniscono infatti elementi sufficienti per ripensare tanto le modalità quanto le dimensioni del finanziamento pubblico ai partiti, nella convinzione che risparmi di spesa consistenti siano conseguibili senza per questo limitare in alcun modo le forme ed i contenuti della partecipazione democratica ma anzi nella convinzione di estendere e rafforzare il grado di coinvolgimento dei cittadini alla vita pubblica.
Il superamento della legge 3 giugno 1999, n. 157 (così come modificata dalla legge 26 luglio 2002, n. 156, e dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51) è nelle cose. E’ la conseguenza delle ragioni stesse che condussero all’approvazione di quella legge. Una risposta non solo e non tanto al referendum abrogativo del 1993 che aveva sancito, con il 90,3% dei voti, l’abrogazione dell’allora vigente legge sul finanziamento pubblico dei partiti, quanto alla legge 2 gennaio 1997, n. 2, sulla contribuzione volontaria dei cittadini per il finanziamento della politica. Dove abbia portato quella risposta è oggi sufficientemente chiaro e il paese è in grado di riprendere il cammino interrotto nel 1999.
Nel farlo è bene però porsi alcune questioni di fondo. La soluzione al problema del finanziamento della politica non può essere il mercato. Lo ha detto con chiarezza Luigi Zingales (Il Sole 24 Ore, 11 aprile 2012): “La regola numero uno per l’efficienza del libero mercato è che le scelte di un individuo non influenzino quelle altrui se non attraverso i prezzi… Questa condizione è violata nel mercato politico. La maggioranza impone delle scelte sulla minoranza. … Il secondo motivo per cui il mercato non produce risultati ottimali è che in politica l’incentivo è di battere il rivale, non di eleggere il candidato migliore. Questo porta ad una escalation delle spese elettorali [che] è tanto più costosa quanto più influenza gli incentivi degli eletti”.
La strada non può che essere, quindi, una strada intermedia che associ la libertà di scelta dei singoli alla presenza di un contributo pubblico.
Una indicazione in questo senso si va facendo strada, ad opera di Lawrence Lessig, nel dibattito statunitense ed è stata ripresa, sia pure in forma diversa, da Pellegrino Capaldo nel caso italiano. La presente proposta di legge deve la propria ispirazione e la propria struttura tanto all’uno quanto all’altro.
Quella di Lessig è una battaglia contro un sistema elettorale – quello statunitense – profondamente distorto dal fenomeno dei cosiddetti superPAC, comitati politici che non finanziano la campagna di questo o quel candidato o di questo quel partito ma che intervengono direttamente nelle campagne elettorali senza dover rispettare alcun vincolo legale sul versante dei finanziamenti. Influenzando così pesantemente le campagne stesse. La soluzione, secondo Lessig, è in una diversa modalità di finanziamento della politica capace di combinare la autonoma scelta del singolo elettore (persona fisica) di finanziare il singolo candidato o il singolo partito con l’intervento pubblico, restituendo così al primo la primazia.
In maniera non dissimile, la proposta di Pellegrino Capaldo mira ad “accrescere la partecipazione dei cittadini alla vita associata nella convinzione che solo così possa essere avviato il rinnovamento della politica”.
Il cuore della proposta che segue è molto semplice: lo Stato riconosce ai cittadini un credito d’imposta pari al 50% del contributo che essi versano con un limite massimo pari a 5.000 euro.
Il credito d’imposta è attribuibile alle sole persone fisiche – ai cittadini – mentre i contributi sono erogabili a favore di movimenti o partiti politici che svolgano già attività di rappresentanza politica nelle assemblee nazionali o regionali ovvero che abbiano partecipato, anche se senza successo ma in maniera più che episodica, o che intendano partecipare a consultazioni elettorali nazionali o regionali, e che comunque conformino le loro regole interne a principi di partecipazione democratica.
I movimenti o partiti politici che ricevono i contributi volontari sono iscritti in un elenco nazionale tenuto presso il Ministero dell’interno e sono sottoposti a controlli e limiti stringenti intesi a garantire la massima trasparenza dei bilanci e dei sottostanti comportamenti: dalla certificazione dei bilanci al controllo ex post della Corte dei Conti. Irregolarità contabili o violazioni della legge sono punite anche con la sospensione dall’elenco nazionale (fermi restando i controlli contabili).
In considerazione del fatto che solo 12 mesi ci separano dal rinnovo della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica e solo 24 mesi dal rinnovo delle assemblee regionali, il periodo transitorio è limitato ai soli due esercizi successivi a quello di approvazione della proposta.
La proposta è formulata nel presupposto di una sostanziale riduzione degli oneri per il finanziamento pubblico dei partiti a carico dello Stato. In particolare, nell’esercizio 2011 il finanziamento pubblico dei partiti si è attestato in prossimità di 190 milioni di euro. Essendo il prodotto interno lordo pro capite del 2011 pari, in termini reali, al prodotto interno lordo pro capite del 1999, è ragionevole pensare che il volume complessivo di contributi volontari (come definiti nella presente proposta) non possa superare in complesso il valore, attualizzato al 2011, del finanziamento pubblico osservato nel 1999, e cioè poco più di 100 milioni di euro. La proposta prevede che questo tetto possa crescere negli anni a venire al crescere di due variabili: il prodotto interno lordo pro capite ed il numero dei votanti. E’ appena il caso di sottolineare che, assommando a circa 2 milioni, il numero degli iscritti ai partiti politici attualmente rappresentati in Parlamento, il tetto di contribuzioni indicato rappresenta una valutazione realistica.
I minori oneri per la finanza pubblica sono destinati al Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale di cui all’articolo 2, comma 36, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito in legge 14 settembre 2011, n. 148. Un meccanismo di monitoraggio annuale e di adeguamento dei parametri dei crediti di imposta garantisce il controllo puntuale della spesa. 

Art. 1 (Abrogazione delle norme in materia di rimborso per le spese elettorali sostenute da movimenti e partiti politici)

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge è abolito il rimborso per le spese elettorali sostenute da movimenti e partiti politici e per l’effetto sono abrogati gli articoli 1, 2 e 3 della legge 3 giugno 1999, n. 157, e successive modificazioni e integrazioni. �
2. Il finanziamento ai partiti e ai movimenti politici avviene esclusivamente su base volontaria secondo le modalità ed i limiti previsti dalla presente legge.  

Art. 2 (Credito d’imposta per contributi volontari in denaro a favore di movimenti e partiti politici)

1. Ai cittadini italiani che erogano contributi volontari in denaro in favore di movimenti e partiti politici è riconosciuto, a decorrere dal periodo d’imposta corrente al momento della entrata in vigore della presente legge, un credito d’imposta pari al 50% dell’ammontare del contributo stesso, fino ad un importo massimo di 5.000 euro per ciascun periodo di imposta.
2. Il versamento del contributo non costituisce operazione effettuata nell’esercizio di impresa commerciale.
3. Il credito d’imposta è utilizzabile in compensazione ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, dal giorno successivo alla data del versamento del contributo. Esso non è cedibile a qualunque titolo e non concorre alla formazione del reddito soggetto all’imposta sul reddito delle persone fisiche. I contribuenti i cui redditi siano soggetti alla ritenuta alla fonte di cui agli articoli 23 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, possono chiedere che il credito d’imposta sia computato in diminuzione delle ritenute operate nei loro confronti dai soggetti tenuti all’effettuazione della ritenuta, fino a concorrenza del credito stesso. Ai contributi per i quali è concesso il credito d’imposta non si applica l’articolo 15, comma 1-bis, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.
4. Per fruire del credito d’imposta di cui al comma 1, il versamento dei contributi deve essere eseguito su un conto corrente bancario o postale esclusivamente dedicato alla raccolta dei contributi medesimi, espressamente indicato dal movimento o partito politico beneficiario e da questo preventivamente comunicato all’Agenzia delle Entrate.
5. La banca, a fronte del versamento del contributo, rilascia al soggetto erogante oltre a quanto richiesto dalle vigenti procedure in relazione all’esecuzione dell’operazione bancaria, una dichiarazione in duplice copia attestante l’avvenuto versamento, con indicazione della persona fisica che lo ha eseguito, dell’importo e della data del versamento medesimo, senza necessità di indicare il partito o movimento politico beneficiario del contributo medesimo. Tale dichiarazione, denominata “buono d’imposta”, costituisce titolo idoneo per fruire del credito d’imposta di cui al comma 1.
6. Il movimento o partito politico beneficiario del contributo è tenuto a dare evidenza in apposito rendiconto annuale, ai sensi dell’art. 8 della legge 2 gennaio 1997, n. 2, delle somme ricevute mediante i versamenti certificati ai sensi della presente legge.
7. L’articolo 78 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, è abrogato.
8. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità di attuazione del presente articolo.  

Art. 3 (Soggetti nei cui confronti possono essere erogati i contributi volontari)

1. Per fruire del beneficio di cui all’art. 2, i contributi volontari debbono essere erogati nei confronti dei seguenti soggetti: �
      a) movimenti o partiti politici che hanno conseguito nell’ultima consultazione elettorale precedente all’anno di erogazione del contributo     almeno un rappresentante eletto alla Camera dei Deputati o al Senato della Repubblica o in un’assemblea regionale ed il cui statuto si conforma a principi di partecipazione democratica;
     b) movimenti o partiti politici che hanno presentato nella medesima consultazione elettorale candidati in almeno tre circoscrizioni per le elezioni per il rinnovo della Camera dei Deputati o in almeno tre regioni per il rinnovo del Senato della Repubblica o delle assemblee regionali ed il cui statuto si conforma a principi di partecipazione democratica. �
 2. Nel caso dei movimenti o partiti politici di cui al precedente comma 1, lettera b), il beneficio è applicabile anche ai contributi effettuati nei tre mesi precedenti alla presentazione dei candidati, e subordinatamente a tale presentazione, a condizione che i contributi stessi siano stati effettuati in conformità con il comma 4 dell’articolo 2. In tal caso, il “buono d’imposta” viene rilasciato dalla banca al soggetto erogante, su richiesta di quest’ultimo alla quale deve essere allegata una dichiarazione che attesti l’avvenuta presentazione dei candidati in conformità al comma 1, lettera b).
3. I soggetti di cui al comma 1 devono essere iscritti in un elenco nazionale, istituito presso il Ministero dell’interno. A tal fine essi depositano presso lo stesso Ministero il proprio statuto ed ogni eventuale successiva modifica. La richiesta di iscrizione nell’elenco nazionale deve essere altresì corredata da una dichiarazione attestante la sussistenza dei requisiti indicati dal medesimo comma 1. I soggetti iscritti nell’elenco nazionale trasmettono annualmente al Ministero dell’interno, in via telematica, una dichiarazione attestante la permanenza dei predetti requisiti.
4. Alle dichiarazioni previste dal comma 3 si applicano le disposizioni di cui all’articolo 76 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
5. I soggetti di cui al comma 1 si avvalgono di una società di revisione iscritta all’albo speciale tenuto dalla Consob ai sensi dell’art. 61 del D. Lgs. N. 58 del 1998 e dell’art. 43, comma 1, lettera i), del D. Lgs. N. 39 del 2010. La società di revisione esprime un giudizio sul bilancio di esercizio secondo quanto previsto dalla normativa in materia e, a tal fine, verifica nel corso dell’esercizio la regolare tenuta della contabilità sociale, la corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili, la corrispondenza del bilancio di esercizio alle risultanze delle scritture contabili e degli accertamenti eseguiti e la conformità alle norme che lo disciplinano. 6. Sul sito internet del partito o del movimento politico e su apposita sezione del sito internet della Camera dei deputati, entro il 15 giugno di ogni anno, sono pubblicati, anche in formato “open data”, lo statuto, il rendiconto di esercizio corredato dalla relazione sulla gestione e dalla nota integrativa, la relazione del collegio sindacale, la relazione della società di revisione, i bilanci relativi alle imprese partecipate, il verbale di approvazione del rendiconto di esercizio. Entro la stessa data sono inoltre pubblicati, con le stesse modalità, gli atti di disposizione o di investimento dei fondi derivanti dai contributi volontari, ivi inclusa la generalità del soggetto percettore, gli estremi della ricevuta o fattura rilasciata dallo stesso soggetto o del prospetto paga quando si tratti di prestazioni di lavoro, la natura è l’oggetto della transazione.
7. La Corte dei Conti effettua il controllo del rendiconto, della relazione e della nota integrativa dei bilanci che i singoli partiti e movimenti politici sono tenuti, unitamente al giudizio della società di revisione di cui al comma 5, a depositare alla stessa entro trenta giorni dalla loro approvazione e comunque non oltre il 31 maggio di ogni anno. La Corte dei Conti può procedere a verifiche del contenuto del bilancio con riferimento alla conformità delle spese effettivamente sostenute ed alla regolarità della documentazione prodotta a prova delle spese stesse. Qualora dalla relazione emergano irregolarità, la Corte dei Conti, in via giurisdizionale e con provvedimento motivato, dispone la sospensione, da uno a cinque anni, del relativo partito o movimento politico dall’elenco nazionale di cui al comma 3. Al partito o movimento politico oggetto della sospensione non cessano di applicarsi i controlli di cui ai commi 5, 6 e 7.
8. Entro il 31 luglio di ogni anno la Corte dei Conti trasmette una relazione contenente l’esito del controllo ai Presidenti della Camera e del Senato. 9. I soggetti di cui al comma 1 non possono essere destinatari di finanziamenti o contributi, sotto qualsiasi forma e in qualsiasi modo erogati, direttamente o indirettamente, da parte di organi della pubblica amministrazione, di enti pubblici, di società con partecipazione di capitale pubblico o di società controllate da queste ultime.
10. Sono vietati altresì i finanziamenti o contributi sotto qualsiasi forma, diretta o indiretta, da parte di società non comprese tra quelle previste nel comma precedente in favore dei soggetti di cui al comma 1 salvo che tali contributi, in misura non superiore allo 0,01 per cento dei ricavi esposti nell’ultimo bilancio di esercizio, non siano deliberati dall’organo sociale competente e regolarmente iscritti in bilancio e sempre che non siano comunque vietati dalla legge.
11. Chiunque corrisponde o riceve contributi in violazione dei divieti di cui ai commi 9 e 10, ovvero senza le formalità di cui al comma 10 è punito per ciò solo con la reclusione da 6 mesi a 4 anni e con la multa fino al triplo delle somme versate in violazione della presente legge. La violazione dei divieti di cui ai commi 9 e 10 comporta, inoltre, la sospensione, per cinque anni, del relativo partito o movimento politico dall’elenco nazionale di cui al comma 3. Il partito o il movimento politico è obbligato in solido con i responsabili delle violazioni di cui al presente comma per la responsabilità civile o patrimoniale conseguente alle stesse violazioni. E’ fatto divieto ai partiti e ai movimenti politici di investire la propria liquidità derivante dalla disponibilità di risorse pubbliche in strumenti finanziari diversi dai titoli emessi dallo Stato italiano.
12. Con decreto del Ministro dell’interno, da emanare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono disciplinati l’istituzione e la tenuta dell’elenco di cui al comma 3, l’iscrizione nello stesso, le modalità di trasmissione della documentazione relativa alla sussistenza dei requisiti richiesti, nonché i relativi controlli.

Art. 4 (Norme transitorie)

1. I movimenti e i partiti politici ai quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, è riconosciuto il rimborso per le spese elettorali ai sensi della legge 3 giugno 1999, n. 157, e successive modificazioni e integrazioni, continuano ad usufruirne nell’esercizio finanziario in cui è compresa la predetta data e nei due esercizi successivi, nelle seguenti misure:�
a) nell’esercizio di entrata in vigore della presente legge il rimborso è riconosciuto in ragione del settantacinque per cento della misura spettante in base alla citata legge n. 157 del 1999;�
b) nel primo e nel secondo esercizio successivi a quello di entrata in vigore della presente legge il rimborso è riconosciuto nelle misure, rispettivamente, del cinquanta e del venticinque per cento della misura spettante in base alla citata legge n. 157 del 1999.
2. Il rimborso per le spese elettorali di cui alla legge 3 giugno 1999, n. 157, cessa a partire dal terzo esercizio finanziario successivo a quello in cui è compresa la data di entrata in vigore della presente legge.�
3. Con decreto dei Presidenti di Camera e Senato sono definite le modalità di liquidazione delle somme dovute ai sensi del comma 1 del presente articolo, sono individuati i movimenti e i partiti politici aventi diritto ed è disciplinata la liquidazione del fondo di garanzia di cui all’art. 6-bis, comma 2, della citata legge 3 giugno 1999, n. 157, e successive modificazioni e integrazioni.

 Art. 5 (Disposizioni finanziarie)
1. Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Per lo svolgimento dei compiti previsti all’articolo 3 il Ministro dell’interno utilizza le dotazioni umane, finanziarie e strumentali previste dalla legislazione vigente.
2. Gli eventuali minori oneri per la finanza pubblica derivanti dall’applicazione della presente legge confluiscono nel Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale di cui all’articolo 2, comma 36, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito in legge 14 settembre 2011, n. 148.�
3. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli effetti della presente legge e riferisce al Parlamento entro il 30 giugno di ogni anno.�
4. Qualora il totale dei contributi volontari di cui all’articolo 2 rilevato nell’anno precedente alla relazione di cui al comma 2 del presente articolo ecceda il prodotto dello 0,01 per cento del prodotto interno lordo pro capite dello stesso anno per il numero dei votanti alle ultime consultazioni elettorali per la Camera dei Deputati il credito d’imposta di cui all’articolo 2, comma 1, della presente legge è ridotto in proporzione a partire dall’esercizio successivo.

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