GRANDE AGITAZIONE PER UNA VARIAZIONE NEL NUOVO TESTO LEGISLATIVO, CHE A ME ERA PARSA IN UN PRIMO TEMPO DEL TUTTO IRRILEVANTE – MA C’E’ CHI VEDE IN ESSA UNA TRAPPOLA NASCOSTA…
Commento agli articoli di Giampaolo Galli e di Nicoletta Picchio pubblicati sul Sole 24 Ore del 15 aprile 2012 – Segue la lettera di un avvocato giuslavorista, con la mia risposta
Nel testo del comma 4 del nuovo articolo 18, in materia di licenziamenti disciplinari, varato dal Consiglio dei ministri il 23 marzo scorso, si leggeva: Nell’ipotesi in cui accerta la non giustificazione del licenziamento per l’inesistenza del fatto contestato al lavoratore ovvero la riconducibilità dello stesso alle condotte punibili con una sanzione minore alla luce delle tipizzazioni di giustificato motivo soggettivo e di giusta causa previste dai contratti collettivi applicabili […] il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del dipendente…
Nel testo dello stesso comma 4 contenuto nel disegno di legge n. 3249, presentato dal Governo al Senato il 5 aprile, si legge: Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni della legge, dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro…
Per quanto mi sia spremuto il cervello per capire dove stia una differenza di contenuto pratico tra queste due formulazioni, non sono riuscito a individuarla: l’espressione “condotte punibili con una sanzione minore alla luce delle tipizzazioni di giustificato motivo soggettivo e di giusta causa previste dai contratti collettivi applicabili” differisce dall’espressione “condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni della legge, dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili” soltanto per il riferimento alla possibilità che la previsione di una determinata condotta e della sua punibilità con una sanzione conservativa sia contenuta anche nella legge, oltre che nei contratti collettivi; ma – se si esclude il settore pubblico, che non è rappresentato da Confindustria – nel settore privato non mi sembra che ci siano casi in cui la legge preveda specificamente l’applicazione di sanzioni conservative per determinate mancanze del lavoratore. Mi sembra pertanto il caso di raccomandare al Direttore generale di Confindustria e al quotidiano alla stessa più vicino – se non vogliono distogliere l’attenzione del Parlamento e dell’opinione pubblica dalle questioni serie, tra le quali anche quelle poste dalla stessa Confindustria nei giorni passati – di non complicare la già complicata vicenda politica di questa riforma con falsi problemi: bastano e avanzano quelli veri.
LA LETTERA DEL COLLEGA GIUSLAVORISTA (E LA MIA RISPOSTA)
Caro Pietro, in realtà un caso di tipizzazione di mancanza, per la quale la legge dispone la sanzione soltanto conservativa c’è: è il caso dello sciopero in violazione delle norme poste dalla legge sullo sciopero nei servizi pubblici, dove la legge stessa esclude che la mancanza possa essere punita con il licenziamento. Inoltre ti segnalo che la nuova formulazione della norma potrebbe essere – capziosamente, certo – letta da un giudice particolarmente affezionato alla sanzione della reintegrazione come un rinvio aperto all’articolo 2106 del codice civile, che prevede un principio generico e generale di proporzionalità tra gravità della mancanza e gravità della sanzione: a quel punto, in qualsiasi caso di sproporzione ritenuta dal giudice sulla base dell’articolo 2106 c.c., potrebbe essere disposta la reintegrazione, pur in casi in cui la mancanza del lavoratore e quindi il suo concorso di colpa, per quanto veniale, effettivamente c’è.
Ti saluto cordialmente
S.P.
Riconosco che il caso del licenziamento illegittimo per violazione della legge n. 146/1990 mi era sfuggito. Tuttavia, mi sembra logico che – come la norma intende salvaguardare la tassatività delle previsioni specifiche (tipizzazioni) contenute in materia disciplinare nei contratti collettivi – allo stesso modo la norma salvaguardi la tassatività di ogni eventuale previsione specifica contenuta in questa materia nella legge: sarei dunque dell’idea che anche nel caso dello sciopero illegittimo sanzionato con il licenziamento si applichi la reintegrazione, nel rispetto dello spirito originario della norma. Altro è il discorso sulla possibilità che la norma venga letta in un modo differente dall’intendimento chiaramente manifestato dal Governo proponente: cioè come riferita non a tipizzazioni legislative di condotte scorrette del lavoratore, ma a qualsiasi previsione legislativa di criteri di valutazione: re melius perpensa, do atto a S.P. che questa possibilità – per quanto contraria al significato bene inteso della nuova norma – effettivamente non può essere esclusa. Con la conseguenza che si introduce un elemento di maggiore aleatorietà dell’esito dei giudizi. Per tornare alla maggior chiarezza della previsione originaria, occorre dunque tornare alla formulazione originaria del testo legislativo, oppure sostituire nel nuovo testo le parole previsioni della legge con le parole tipizzazioni contenute nella legge. Confido che su questo punto sia facile trovare un’intesa politica in Senato nei giorni prossimi. (p.i.)
IL PARERE DIVERSO DI UN ALTRO GIUSLAVORISTA
Gentile senatore Ichino,
a mio parere, la nuova formulazione presentata alle Camere riguardante il licenziamento per motivi disciplinari non cambia assolutamente la sostanza. Il legislatore ha voluto operare una norma, cosiddetta di chiusura, nel momento in cui ha esteso la previsione del reintegro del lavoratore licenziato a seguito di fatti per i quali è prevista una sanzione meno grave non solo dai contratti colletivi ma anche dalla legge. Ebbene il reintegro rimane comunque residuale. Può essere reintegrato dal giudice solo il lavoratore licenziato, per il quale si accerta che non ha commesso il fatto o che, se lo ha commesso, lo stesso è previsto espressamente ed analiticamente dai ccnl o dalle leggi, come sanzionabile con un provvedimento della multa o della sospensione temporanea.Il richiamo alle leggi è perchè alcune ipotesi di fatti ricadenti in sanzioni disciplinari, soprattutto per alcuni dipendenti pubblici o di aziende pubbliche, sono ancora stabilite espressamemte e in modo analitico in norme di legge.Per tutte le altre ipotesi di licenziamenti disciplinari, anche se ritenuti illegittimi, e sarà la maggiorparte delle fattispicie, sarà previsto il solo indennizzo.
Cordiali saluti
avv. Luigi Riccardi
jj