IL PESO DELLE REGOLE E LO SPREAD DI CIVICNESS NAZIONALE

LA DIFFERENZA TRA GERMANIA E ITALIA: LÌ IL PRESIDENTE SI DIMETTE APPENA LA MAGISTRATURA APRE UN’INCHIESTA, QUI 314 DEPUTATI SALVANO IL PREMIER CONFERMANDO COL VOTO CHE RUBY POTEVA (E DOVEVA) ESSERE CREDUTA LA NIPOTE DI MUBARAK

Articolo di Luigi Ferrarella pubblicato su Il Corriere della Sera del 18 febbraio 2012

In Germania il capo dello Stato si dimette appena i magistrati chiedono al Parlamento di revocargli l’immunità, in Italia il Parlamento vota che Ruby è la nipote di Mubarak. Lo spread vero tra i due Paesi, oltre che nei titoli di Stato, sta forse tutto qui. Tanto più che in Germania il presidente della Repubblica Christian Wulff, protetto da un’immunità che i politici italiani si sognano, si è dimesso appena la Procura di Hannover ha domandato al Parlamento federale di revocarla per poter aprire un’indagine su un prestito controverso e sul successivo tentativo di impedire che la notizia fosse pubblicata dal quotidiano popolare Bild. In Italia invece 314 parlamentari, molti dei quali gravati da sentenze definitive o indagini serie, hanno votato che Ruby potesse davvero essere creduta la nipote di Mubarak, hanno contestato con delibere alla Consulta che indagini su premier e ministri (Berlusconi, Matteoli, Mastella) non potessero essere svolte dalla magistratura ordinaria, e hanno più volte sottratto alla custodia cautelare parlamentari (Milanese, Cosentino, Tedesco) di destra e sinistra.
Ancor più impressionanti in Germania, per il divario con gli standard italiani, sono poi le motivazioni di chi ha dato le dimissioni, i commenti di chi le ha ricevute, e le reazioni della società tedesca che ne ha preso atto.
«Ho fatto errori in buona fede ma sono sempre stato onesto e questo alla fine verrà dimostrato, ma intanto la fiducia in me è stata compromessa», ha infatti spiegato Wulff, dimettendosi per il solo sospetto di un credito a condizioni di favore e del tono minaccioso di un messaggio lasciato nella segreteria telefonica del direttore del giornale.
Benché Wulff fosse stato imposto alla presidenza della Repubblica nel 2010 da Angela Merkel, ieri proprio la Cancelliera, dopo aver espresso rispetto per la convinzione di Wulff di «essersi sempre comportato bene», ha aggiunto: «Nonostante tutto, ha abbandonato la sua carica perché non poteva più servire il popolo. È realmente una forza del nostro Stato di diritto» il fatto che «tratti tutti allo stesso modo, indipendentemente dalla posizione di ciascuno».
Ciò che in Italia sarebbe stato un terremoto, nelle cui macerie il politico-Sansone di turno avrebbe trascinato tutto il Paese tra pretese di impunità e speculari strumentalizzazioni politiche, in Germania è stato talmente ammortizzato da lasciare quasi indifferente la Borsa di Francoforte, da non determinare sensibili variazioni nell’andamento dei titoli di Stato, e da comportare soltanto l’ovvio rinvio ieri del viaggio di Merkel in Italia per consentirle di fare il punto con i leader dei partiti della sua coalizione.
Strani questi tedeschi? Parrebbe di no, a giudicare dal fatto che un mese fa il presidente della Banca centrale svizzera, Philipp Hildebrand, si è dimesso appena gli è stato fatto notare che, tre settimane prima che la banca ancorasse il franco all’euro e determinasse così un apprezzamento del dollaro, sua moglie aveva investito in dollari che poi le avevano fruttato un non colossale guadagno di 62.000 euro. «Io non lo sapevo — ha giurato — ma sono giunto alla conclusione che non potrò mai fornire la prova che l’operazione fu ordinata da mia moglie: le mie dimissioni consentiranno alla Banca di recuperare la sua credibilità, che è il suo asset più importante».
E dopo tedeschi e svizzeri, sono stati gli inglesi pochi giorni fa a registrare le dimissioni del ministro dell’Energia, il liberaldemocratico Chris Huhne, perché sospettato di aver fittiziamente addebitato alla moglie una propria infrazione di velocità allo scopo di non perdere punti sulla patente: «Lascio perché voglio evitare interferenze con la carica che ricopro».
È proprio vero: nel ventennale di Mani Pulite, riemerge «l’anomalia» del presunto «conflitto tra politica e magistratura». Solo che l’«anomalia», al cospetto dell’Europa, sta tutta in Italia.

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