PERCHÉ IL MINISTRO DEL LAVORO SOLLECITA LE PARTI SOCIALI A RIPENSARE IL MODO ASSISTENZIALISTICO IN CUI SIAMO SOLITI AFFRONTARE LE CRISI OCCUPAZIONALI
Editoriale telegrafico per la Newsletter n. 188, 20 febbraio 2012
Veneto, 2011: 145.600 assunti a tempo indeterminato (cui si aggiungono 515.000 contratti a termine e 27.600 contratti di lavoro domestico). Nello stesso anno: 34.478 licenziati. Il 40% di chi ha perso un posto lo ha ritrovato entro un mese, il 60% entro tre mesi e l’81% entro un anno. A meno che non sia stato collocato in Cassa integrazione guadagni: in quel caso il periodo di disoccupazione può durare anche per sette anni, come è accaduto e sta accadendo per i dipendenti della Fimek di Padova, o a quelli della Iar Siltal di Bassano del Grappa. Questo è il modo normale – e dannoso per tutti, lavoratori per primi – in cui oggi in Italia si affrontano le crisi aziendali. Ed è il nodo che devono sciogliere imprenditori e sindacati nella trattativa sugli ammortizzatori sociali che si apre oggi al ministero del Lavoro.
Per una esposizione più compiuta dell’argomento, v. il mio articolo A che cosa serve la riforma degli ammortizzatori sociali