LA NUOVA DISCIPLINA DELL’AVVOCATURA IN INGHILTERRA

IL LEGAL SERVICES ACT 2007 MOSTRA CHE COSA SIGNIFICA VERAMENTE LIBERALIZZARE L’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE FORENSE (A PARTIRE DALLA SEPARAZIONE DELLA RAPPRESENTANZA DELLA CATEGORIA DAL CONTROLLO)

Articolo di Isabella Rota Baldini pubblicato sul sito lavoce.info il 17 febbraio 2012 – I miei interventi nel dibattito al Senato sulla riforma forense sono disponibili nel relativo portale

Parte dei provvedimenti del decreto “cresci Italia” affrontano lo spinoso argomento delle liberalizzazioni.
L’intervento legislativo sembra, almeno sulla carta, costituire un importante passo avanti rispetto alla situazione di stallo attuale; l’esperienza tuttavia insegna che i provvedimenti di liberalizzazione rischiano di rimanere lettera morta se non definiti nei dettagli e non inseriti all’interno di una riforma  ampia ed organica delle professioni, che coinvolga anche i loro organi di regolamentazione.

IL CONSUMATORE AL CENTRO

La recente riforma della professione legale in Inghilterra può fornire interessanti spunti di riflessione.
Il Legal Services Act approvato dal parlamento inglese nel 2007 ha l’obbiettivo di ampliare le scelte disponibili per i consumatori, di favorire lo sviluppo di nuove modalità di erogazione dei servizi legali e di attuare un nuovo sistema di regole centrato sul consumatore.
La riforma è imperniata su una radicale rivisitazione del sistema di regolamentazione, applicabile concettualmente anche al mercato italiano, che prevede l’istituzione del Legal Services Board, un organo indipendente composto da membri della professione, da membri esterni e indipendenti e da un giuria dei consumatori che rappresenta la voce del pubblico. Al Legal Services Board  rispondono le singole autorità regolamentari dei rispettivi “ordini” (avvocati, notai, eccetera).
Il Legal Services Act sancisce anche la necessità di separare la funzione rappresentativa delle professioni dalla funzione regolamentare conferendo al Legal Services Board, composto appunto da professionisti e da “laici”, il compito di controllare l’indipendenza e l’autonomia delle due funzioni. Non solo: il Legal Services Act istituisce un Office of Legal Complaints che raccoglie le lamentele dei consumatori, tutelandone quindi gli interessi e controllando il corretto svolgimento delle attività delle professioni legali.
Il sistema legale inglese pone quindi il consumatore al centro della nuova struttura di regolamentazione, garantendo l’indipendenza degli organi di controllo.

EFFETTI DELLA TESCO LAW

La seconda parte della riforma inglese riguarda la possibilità di creare società multidisciplinari fra professionisti permettendo anche la partecipazione di soci esterni, inclusi soci puramente finanziari.
Dal 2009 il Legal Services Act permette la creazione di società con partner e proprietari non avvocati (con un limite di 25 per cento), e il 2012 vedrà l’ingresso sul mercato delle Alternative Business Structures, società di professionisti con proprietari esterni. Ovviamente è previsto l’obbligo di licenza e la conformità a specifici requisiti.
Le conseguenze di questi cambiamenti sono già in parte visibili in vari tipi di servizi legali sia in quelli “standardizzati”, sia in quelli più sofisticati per clienti business.
Per esempio, questa riforma, non a caso colloquialmente chiamata Tesco Law, dal nome della più grande catena di supermercati inglese, permette l’ingresso sul mercato dei servizi legali anche di grandi catene di distribuzione che saranno in grado di offrire i servizi legali di base (injury, conveyancing, will writing) a prezzi competitivi e di ridurre le esistenti barriere fra cliente e avvocato.
Il Cooperative Group, una grande cooperativa dei consumatori attiva in vari segmenti di mercato, sta già iniziando a espandersi sul mercato legale. Mentre un accordo fra WH Smith (catena di cartolibrerie) e Quality Solicitors, permette a Quality Solicitors di avere uno stand all’interno dei negozi WH Smith. Lo stand, presente dal luglio 2011 in oltre 150 punti vendita WH Smith, dà accesso alla consulenza legale a prezzi standardizzati semplificando allo stesso tempo la relazione tra avvocato e cliente.
Per il mercato più sofisticato sarà possibile la creazione di così detti “one-stop-shops”, ai quali le aziende più grandi potranno fare riferimento per diversi tipi di servizi, non solo legali. Per esempio, sarà possibile la fusione tra grandi studi legali e banche d’investimento e con la presenza di investitori esterni sarà possibile, anche per gli studi legali, la quotazione in Borsa.
Nonostante alcuni aspetti della riforma inglese siano prematuri, addirittura fantascientifici, per il mercato italiano, con il decreto “cresci Italia” sono stati fatti importanti passi avanti verso una maggiore liberalizzazione dei servizi professionali, in particolare per quanto riguarda la trasparenza verso il cliente, l’eliminazione delle tariffe minime e la liberalizzazione delle forme che le associazioni di professionisti possono avere. Tuttavia permangono importanti vulnerabilità.
Forse la maggiore fonte di incertezza è legata alla mancanza di una coerente riforma della struttura regolamentare della professione legale, oggi totalmente imperniata sulla autonomia degli ordini. L’esperienza della riforma Bersani del 2007 insegna che senza un’adeguata rappresentanza dei consumatori, senza la separazione della funzione rappresentativa da quella di regolamentazione, senza un organo di supervisione che controlli ed eventualmente sanzioni l’attività dei singoli ordini, qualsiasi liberalizzazione rischia di essere ostaggio degli ordini professionali, che allo stato attuale restano interamente responsabili per l’attuazione delle riforme che li riguardano.

JJ

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