IL SISTEMA ATTIALE DI RETRIBUZIONE DEGLI INSEGNANTI, CHE PREMIA SOLO L’ANZIANITÀ E NON ANCHE LA CAPACITÀ E L’IMPEGNO, SCORAGGIA I LAUREATI PIÙ PROMETTENTI E NON RIDÀ DIGNITÀ E PRESTIGIO AI DOCENTI MIGLIORI
Articolo di Andrea Ichino pubblicato sul Sole 24 Ore il 15 febbraio 2012
«Sensei» in giapponese significa Maestro con la M maiuscola. Ce lo ha insegnato il ministro Profumo nei suoi primi interventi per annunciare che il suo obiettivo principale era ridare dignità e prestigio ai migliori docenti italiani, oggi scoraggiati da una politica retributiva che premia solo l’anzianità, non capacità e impegno. Per questa via, pare voler dire il ministro, anche dare un segnale ai laureati più promettenti, quelli che possono diventare Maestri e che sono attratti da altre sirene nel mercato del lavoro.
Sono passati due mesi da quei discorsi, ma da via Trastevere non si vede alcun segnale riguardo a come il ministro voglia tradurre in pratica gli annunci mediatici dell’esordio. Anzi, per la verità i segnali sono preoccupanti perché vanno in senso diametralmente opposto rispetto agli annunci. Inchinandosi alle pressioni sindacali, il ministero sta cancellando ogni tentativo (anche solo sperimentale) di individuare modi per introdurre una differenziazione retributiva e di carriera tra gli insegnanti italiani sulla base di una valutazione del loro insegnamento: si torna agli scatti di anzianità a cui tutti possono accedere per mero invecchiamento sulla cattedra.
Intendiamoci: il sindacato fa il suo mestiere. Da che esiste, la sua logica è ispirata al principio per cui non esistono meriti ma solo doti che uno ha o non ha per puro effetto fortuito delle decisioni di Madre Natura. E poiché nessuno può sapere ex ante quali doti avrà, tutti dovrebbero preferire una retribuzione uguale per tutti perché non c’è alcun merito nell’essere più bravi degli altri. È una posizione che ha una sua dignità perfino scientifica, ma che si scontra con due problemi difficili da superare.
In primo luogo, anche se ex ante l’uguaglianza retributiva può sembrare una buona idea, ex post questa soluzione pesa ai più bravi, inducendoli ad andare altrove dove le loro doti, meritate o meno, trovano maggiore considerazione. In secondo luogo, insegnare bene costa fatica anche se si è bravi; e, a meno di poter assumere che gli insegnanti siano tutti santi e missionari, è inevitabile che prima o poi anche i migliori tra loro tirino i remi in barca, se la loro fatica vale tanto quanto la pigrizia degli altri. Gli insegnanti hanno meno bisogno di essere incentivati di altri lavoratori, poiché molti di loro scelgono questa professione soprattutto per passione, e sono questi gli insegnanti che oggi riescono a far funzionare dignitosamente la scuola italiana. Ma anche la loro pazienza ha un limite.
Due studi americani (http://elsa.berkeley.edu/~saez/chettyetalQJE11star.pdf; http://obs.rc.fas.harvard.edu/chetty/value_added.html) esaminano ampi campioni di persone adulte che 30 anni prima, alle elementari, sono state affidate in modo casuale a insegnanti diversi. La casualità di questa assegnazione garantisce che ogni insegnante abbia avuto classi statisticamente identiche, per qualità degli studenti e background familiare. Eppure, le differenze di performance successiva sono sorprendenti. Ci sono studenti che grazie ai loro insegnanti elementari hanno una carriera scolastica migliore, vanno con maggiore probabilità al college, trovano lavori attraenti e con più facilità. E altri studenti identici ai primi, che avendo avuto insegnanti peggiori non hanno accesso alle stesse opportunità.
Questa ricerca impressionante (anche per la qualità dei dati, se visti dall’Italia, dove il ministero non sa nemmeno abbinare informazioni sugli studenti a quelle sui loro insegnanti) dimostra che i Sensei, i Maestri, esistono davvero e sono quei professori di cui ogni studente si ricorda anche a molti anni di distanza da quando ha ascoltato le loro lezioni. Questi Maestri, non hanno bisogno dei corsi di formazione di dubbia qualità che i sindacati propongono sostenendo che con una buona formazione tutti possono diventare buoni docenti. Non ne hanno bisogno perché si sanno formare e aggiornare da soli. Li potete mettere in scuole disastrate o perfettamente dotate e l’effetto positivo e carismatico si sentirà comunque. E se la performance di una scuola è anche un gioco di squadra queste sono le persone di cui ogni squadra ha bisogno.
Ministro Profumo, glielo ha chiesto anche la Comunità europea: cosa intende fare per questi Maestri? Al suo esordio sembrava convinto che migliorare la scuola fosse soprattuto un problema di persone, e che solo dopo aver trovato quelle giuste, avesse senso preoccuparsi di risorse e architetture istituzionali. Ne è ancora convinto o abbiamo capito male?