IL MINISTRO DEL WELFARE SPIEGA L’IMPIANTO DI UNA RIFORMA PENSIONISTICA CHE MIRA A ELIMINARE I PRIVILEGI E AD AUTONOMIZZARE IL SISTEMA DAL SOSTEGNO STATUALE
Articolo di Elsa Fornero pubblicato sul Corriere della Sera il 15 febbraio 2012
Caro direttore, seguo da sempre il lavoro di Milena Gabanelli e nutro apprezzamento verso chi, come lei, è seriamente impegnata nel giornalismo di inchiesta. Trovo essenziale che al cittadino vengano fornite tutte le informazioni necessarie a formarsi un’opinione e a prendere decisioni consapevoli. Rispondo quindi al suo articolo come esperta di sistemi previdenziali prima ancora che come ministro del Lavoro e delle Politiche sociali impegnato nella realizzazione di un sistema pensionistico equo e sostenibile. Tale impegno si applica anche alla problematica relativa alle ricongiunzioni onerose. La disciplina in materia di ricongiunzione onerosa, introdotta dal governo che mi ha preceduto (legge 122/2010), si era prefissata l’ obiettivo di ridurre la frammentazione e il particolarismo delle tutele offerte alle diverse categorie di lavoratori. L’imposizione di un onere di ricongiunzione risponde infatti a criteri di equità tra le categorie. Del resto, prima che la legge 122/2010 entrasse in vigore, la ricongiunzione dei contributi a titolo gratuito era in vigore unicamente per i lavoratori che dalle «gestioni alternative (quali Inpdap, Fondi speciali ferrovie, volo, elettrici, telefonici,…)» intendevano passare al Fondo pensioni lavoratori dipendenti (Fpld). Risultavano già essere a titolo oneroso, invece, tutte le ricongiunzioni dalle «gestioni speciali» (ossia dalle “altre” gestioni, come quelle di artigiani e commercianti, ad esempio) al Fpld e dal Fpld alle «gestioni alternative e speciali». Sussisteva quindi una disomogeneità di trattamento tra lavoratori che difficilmente poteva trovare giustificazione dal punto di vista economico o sociale. Le diverse gestioni previdenziali si sono inoltre storicamente contraddistinte per una grande eterogeneità nelle aliquote previdenziali, nei criteri di accesso alle prestazioni e nelle regole di calcolo delle pensioni. L’onerosità della ricongiunzione è volta a compensare tali differenze per garantire parità di trattamento tra lavoratori «che optano per la ricongiunzione provenendo da altre gestioni previdenziali» e «lavoratori che da sempre contribuiscono alla gestione in causa» (al Fondo pensioni lavoratori dipendenti, nel nostro caso). Ritengo importante sottolineare che, con la ricongiunzione, l’assicurato è chiamato a sostenere un onere commisurato al beneficio che si ottiene dal conseguimento di una pensione in un’unica gestione. Per questo motivo, ossia per non produrre ingiuste differenze, la totalizzazione dei contributi, che è l’alternativa alla ricongiunzione, è gratuita, ma dà origine a pensioni calcolate interamente con il metodo contributivo. Questo metodo garantisce infatti, in ossequio al principio di equità, pensioni strettamente legate ai contributi versati. In proposito vorrei sottolineare che la riforma del sistema previdenziale introdotta da questo governo (di cui all’articolo 24 della l. 214/2011) ha abolito la soglia minima di 3 anni di contribuzione per vedersi riconosciuti i contributi versati ad ogni singola gestione. Ora la totalizzazione riguarda tutti i contributi versati dal lavoratore, a prescindere dagli anni di contribuzione maturati nelle diverse gestioni. Sono certa che su questo punto riconoscerà l’esistenza di un forte principio di equità. In conclusione, mi rendo ben conto che, cambiando le regole, alcuni lavoratori riceveranno un trattamento meno favorevole rispetto a colleghi che, a parità di condizioni, hanno avuto accesso alla ricongiunzione gratuita (magari solo pochi mesi prima). Questa è però una caratteristica che si presenta ogni qual volta viene abolito un «privilegio»: si determina un effetto di transizione per cui la situazione di chi deve andare in pensione è allineata ai pensionati del futuro ma disallineata rispetto a quelli del passato. Si passa cioè dall’ esistenza all’ assenza del privilegio.
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