CON UN’INTERPELLANZA PARLAMENTARE RENATO BRUNETTA DENUNCIA PROPRIO QUELL’ESENZIONE DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DAL CAMPO DI APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DELLA TRASPARENZA, CHE LUI STESSO ACCETTÒ NELLA SUA RIFORMA, NEL 2009, PER IMPOSIZIONE DI CHI ALLORA ERA A CAPO DEL GOVERNO
Commento all’interpellanza presentata dagli on. Renato Brunetta e Simone Baldelli al Presidente del Consiglio il 1° febbraio 2012
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Durante la discussione al Senato del disegno di legge dell’allora ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta, nell’autunno 2008, il Pd si oppose con vigore a un emendamento del PdL, che disponeva l’esclusione della Presidenza del Consiglio dal campo di applicazione del principio della trasparenza totale (l’emendamento mirava a sottrarre a questo principio, insieme alla gestione di Palazzo Chigi, anche tutto il comparto della Protezione civile: teatro delle malversazioni sistematiche destinate a emergere due anni dopo). Allora fu personalmente il ministro a esprimere in Aula il parere favorevole del Governo riguardo all’emendamento sostenuto dal suo partito. Ora lo stesso Brunetta chiede conto, con tono scandalizzato, della mancata pubblicazione dei dati relativi alle retribuzioni di alcuni dirigenti della Presidenza del Consiglio. Per un verso, condividiamo con lui senza riserve la contestazione della norma che consente questo difetto di trasparenza, e auspichiamo che il Governo Monti si attivi per abrogarla quanto prima. Per altro verso, l’assenza in questa interpellanza di qualsiasi cenno di autocritica circa la genesi della norma contestata suscita in noi un’ammirazione sconfinata per l’olimpica irresponsabilità (lungi da noi l’espressione polemicamente irriguardosa “faccia di bronzo”) dell’ex-ministro.
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