SE I LAVORATORI POCO O PER NULLA PROTETTI SONO ORMAI LA MAGGIORANZA, PERCHÉ SI REGISTRANO ANCORA TANTI OSTACOLI POLITICI AL VOLTAR PAGINA RISPETTO AL DUALISMO DEL MERCATO DEL LAVORO?
Intervista a cura di Andrea Marchesani pubblicata sul numero 9 della rivista Qui Libri di gennaio – febbraio 2012
È da novembre in libreria “Inchiesta sul lavoro”, l’ultima fatica di Pietro Ichino, giuslavorista e senatore del PD, sul tema assai controverso della riforma del diritto del lavoro. Nella quale, con il pretesto di una “finta” inchiesta ai suoi danni, il professor Ichino illustra con semplicità e ricchezza di argomentazioni i termini del problema e la sua ricetta per costruire un sistema di flexsecurity a tutela di tutti i lavoratori. Vista l’attualità del tema, abbiamo pensato di porre direttamente all’autore qualche domanda.
Professore, secondo i suoi calcoli, i lavoratori senza tutele sono ormai più di quelli protetti: 11 milioni contro 9,5 circa. Come si spiega che, a fronte di un bacino sociale così ampio, sulla scena politica italiana nessuno fin qui abbia fatto propria, in maniera incisiva, la questione del precariato e della modernizzazione del diritto del lavoro?
Il fatto è che i sindacati rappresentano principalmente i lavoratori stabili regolari delle aziende medio-grandi del Centro-Nord. I disoccupati, i lavoratori irregolari soprattutto del Mezzogiorno, i giovani che escono dalla scuola o dall’Università, i lavoratori atipici, non hanno organizzazioni forti che li rappresentino. E i partiti, tendono a privilegiare gli apparati delle grandi organizzazioni. Non necessariamente per conservatorismo, ma per incapacità della politica di stabilire un rapporto diretto con questa parte maggioritaria della cittadinanza.
Lei parla, non senza ragioni, di un vero e proprio stato di apartheid che separa i lavoratori di serie A dagli altri: vede nel panorama politico italiano un “Nelson Mandela” che possa far sua la difficilissima battaglia per riportare equità nel mondo del lavoro italiano?Sì, oggi lo vedo: è Mario Monti. Ha chiarissimo questo problema e mi risulta che sia fortemente determinato ad affrontarlo in modo molto incisivo.
Pensa davvero che Monti sarà capace di mettere mano a questo nodo gordiano del nostro sistema sociale e produttivo?
Lo spero. Oggi si presenta al nostro Paese un’occasione irripetibile per realizzare questa svolta: non dobbiamo lasciarcela scappare.
È difficile che la riforma per cui lei si batte sia dietro l’angolo: troppe le resistenze a un cambiamento così cruciale per il rilancio del paese. Quanto ci vorrà perché una simile riforma si faccia?
Se il nuovo ministro del Lavoro saprà muoversi con intelligenza, le resistenze possono essere superate agevolmente. Perché si basano sull’informazione errata e profondamente ansiogena per cui la riforma toglierebbe le protezioni a chi oggi ha un lavoro stabile. Ma l’ansia cesserà del tutto, e prevarrà l’approvazione, quando l’opinione pubblica sarà correttamente informata circa il fatto che la riforma riguarda soltanto le nuove assunzioni, per le quali si prevede un diritto del lavoro allineato agli standard dei Paesi scandinavi. Dove il lavoratore più debole, l’ultimo della fila, sta meglio che in qualsiasi altro Paese del mondo.
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