UN’ALTRA DENUNCIA DEI MALI CHE AFFLIGGONO IL SISTEMA DELL’ISTRUZIONE SUPERIORE IN CALABRIA
Lettera pervenuta il 23 febbraio 2009
Che sta succedendo all’Università della Calabria? Lei è un giuslavorista di indiscussa levatura, e forse potrebbe interessarsi (oltre che degli stage) anche di quello che sto per illustrare.
Il ricorso ai co.co.co. e ai contratti a tempo determinato all’Università della Calabria è enorme e presenta due aspetti ben distinti. Da una parte ci sono numerosi dirigenti che decidono di andare in pensione senza aver raggiunto il limite d’età, per poi essere richiamati dall’Unical con contratti di consulenza stratosferici (ne è un esempio il Dirigente Amministrativo, in pensione ma a contratto!). Non so se si configuri un danno all’erario, e d’altra parte spetterebbe al Collegio dei Revisori dei Conti fare dei rilievi in tal senso: ma come potrebbe, visto che autorevoli suoi componenti (in barba ad ogni conflitto di interesse) hanno contratti di insegnamento in alcune facoltà dell’Unical!? Dall’altra ci sono i poveri contrattisti privi di lavoro preminente. E voglio concentrare l’attenzione sulla loro situazione.
Non so quantificare, e credo nessuno sappia quantificare il personale non docente a contratto presente nelle varie strutture dell’Unical. In merito a tale problema sono stati anche pubblicati sui quotidiani locali degli articoli nei quali è stato evidenziato come il numero di persone non strutturate probabilmente ecceda il numero di persone strutturate (parlo sempre di personale non docente). I compiti affidati a tale personale esterno non differiscono da quelli svolti dal personale strutturato, e già su questo penso ci sia molto da eccepire almeno per quanto riguarda i co.co.co. Semplicemente, una buona parte degli esterni (quelli non protetti!) sgrava del proprio lavoro il personale strutturato tra il quale è elevata la poca devozione al lavoro (ci sono settori che senza gli esterni potrebbero chiudere baracca), e attende per anni e anni di essere assunto a tempo indeterminato.
E qui arriva il problema più serio.
Sebbene vi siano all’Unical decine di persone che hanno maturato i requisiti per essere stabilizzati in base alla legge Bersani, e ciascuno di essi abbia ricevuto una lettera del rettore con la quale si specificava che il rinnovo si ripeterà fino alla stabilizzazione prevista dalla normativa vigente, e sebbene in contrattazione decentrata fosse stato raggiunto un accordo tra l’amministrazione e le parti sociali che prevedeva la stabilizzazione di un certo numero di persone (con la specificazione dei capitoli di spesa su cui avrebbero gravato gli stipendi), nessuno di essi è stato stabilizzato nel senso della normativa. E già qui ci si dovrebbe domandare che ruolo abbiano i sindacati all’Unical.
La politica di “stabilizzazione” attuata dal rettore (con l’acquiescienza) è stata, invece, quella creare innumerevoli graduatorie di idonei (non vincitori) in concorsi a tempo indeterminato e di attingere da esse per assunzioni a tempo indeterminato. Come se non bastasse, lo scorrimento delle graduatorie non è trasparente: si attinge ora all’una graduatoria, ora all’altra, o a qualcuna sì mentre ad un’altra no a seconda dei personaggi “noti” che devono essere assolutamente assunti (figli di sindacalisti, figli di altro personale docente e non docente, ed altre categorie protette). Così facendo, l’organico (non docente) dell’Unical si è ampliato a dismisura, con un’accelerata negli ultimi mesi, perché decine e decine di persone (ma penso centinaia) si sono ritrovate ad avere un posto sicuro in un ambiente in cui la precarietà del lavoro è lo strumento che alimenta il clientelismo, rimpingua la mafia, e non farà mai decollare questa triste regione.
Il punto è che, così, diverse persone che hanno i requisiti per la stabilizzazione, ma non l’idoneità in concorsi a tempo indeterminato, si trovano ancora ad avere contratti a tempo determinato (con totale incertezza sul futuro) mentre altre persone, che magari lavoravano all’università solo da pochi mesi, hanno avuto il “posto sicuro”.
Anche successivamente al 1° gennaio l’amministrazione ha continuato ad assumere personale non docente. Come ciò sia possibile non mi è chiaro.
Insomma, i concorsi per personale sono di fatto bloccati nelle altre amministrazioni, mentre il personale non docente dell’Unical aumenta a dismisura. Insomma, l’Unical è diventato un ufficio di collocamento e, soprattutto, un luogo di collocamento.
Questa politica è stata ed è lo strumento per esercitare un controllo capillare del territorio (soprattutto cosentino): Lei immagini centinaia, ma forse più di mille, persone che hanno lavorato o lavorano a vario titolo all’Unical (con contratti a tempo determinato, ma anche come co.co.co.) e che si trovano in qualche lista di idonei o che sperano che, prima o poi, risulteranno idonei in qualche concorso a tempo indeterminato e che, dunque, prima o poi avranno il “posto fisso” perché verranno ripescati. Questa aspirazione provoca due atteggiamenti: la loro sudditanza e quella delle corrispondenti famiglie (e il voto di scambio è da noi la prassi) e la mancanza di stimolo a cercare altri impieghi. Ci sono persone che si avvicinano alla cinquantina, che lavorano all’Unical anche da più di 10 anni, e che attendono ancora il “posto fisso”. C’è chi ha lasciato altri impieghi, in particolare l’insegnamento che avrebbe comportato maggiori sacrifici visto che in Calabria per diversi anni i professori (di ruolo o no) fanno una gavetta non da poco essendo spediti in paesi sperduti. E adesso si trovano ad essere più precari di 10 anni fa.
L’Unical è una fabbrica di illusioni e nel contempo una trappola mortale per tante persone giovani e meno giovani.
Se penso a tanti giovani brillanti che avrebbero potuto trovare la propria strada fuori da questa regione, e che invece sono rimasti qui, anno dopo anno, illusi da una politica che ha solo tarpato loro le ali, mi ribolle il sangue. Ma mi ribolle ancor di più quando sento e leggo interventi di giovani che difendono lo status quo: vuol dire che, oltre che essere “raccomandati eccellenti” o aspiranti tali, non hanno coscienza del degrado in cui vivono e del colpo mortale che infliggono alla Calabria ereditando la mentalità clientelare dei genitori. Non c’è futuro per loro, né per i loro figli. E non c’è futuro neanche per chi, come me, prende le distanze da tale malcostume perché è fuori dal “sistema” e, perciò, non va avanti perché le proprie capacità non solo non bastano, ma non contano nulla (anzi, sono un impedimento).¦lt;br /> Cosenza è marcia, ammorbata dall’Unical, dai suoi interessi economici, dai suoi intrecci con la politica (per non parlare di massoneria, opus dei, e via dicendo). Lei ricorderà che alcuni mesi fa è stato rinvenuto all’Unical un archivio segreto di Licio Gelli. Come c’è finito? Evidentemente qui c’erano persone di cui ci si poteva fidare ciecamente.
E la storia della frode alla comunità europea che ha coinvolto il prof. A. N.? L’Unical non si è costituita parte civile e il Rettore non ha sospeso dall’insegnamento il professore che, come è emerso durante la trasmissione Annozero, ricopriva (e forse ricopre tuttora) ruoli di responsabilità (è Presidente del Collegio dei Probiviri – sic! – e membro del Consiglio di Amministrazione del Centro Residenziale). E tutto ciò non crea sdegno né all’interno né all’esterno dell’Unical. Siamo tutti assuefatti!
Raccomandazioni, amicizie, compravendita di posti di lavoro e, soprattutto, tanta ignoranza… questa è Cosenza.
Ovviamente, dato l’ambiente in cui vivo, le chiedo di non pubblicare il mio nome.
Lettera firmata