Intervista a cura di Antonino Leone (*) pubblicata in data 20 febbraio 2009 sul blog “Cambiamento nelle Organizzazioni” che si occupa del cambiamento nei Servizi, Pubblica Amministrazione, Lavoro
Le sue proposte di riforma da quella della Pubblica Amministrazione al progetto sulla Flexsecurity sconvolgono lo status quo e prospettano dei cambiamenti eccezionali. Ritengo che mantenere degli equilibri esistenti che non generano più valore per i cittadini e le imprese perché appartengono al passato è inaccettabile. Occorre un continuo adattamento del sistema all’evoluzione della società e del pianeta. Purtroppo alle sue proposte seguono consensi convinti e dissensi legati alla paura di generare degli effetti non prevedibili e non gestibili con gli strumenti del passato e ad una visione ideologica della società che non tiene conto dei cambiamenti intervenuti nel pianeta e rappresentati da Alvin Toffler in La terza Ondata e da Alain Touraine in La globalizzazione e la fine del sociale. Ho apprezzato i dissensi costruttivi che mirano a migliorare le sue proposte ed avviare il cambiamento in aree intoccabili.
Nel sito del senatore Pietro Ichino è presente la bozza di lavoro sulla Flexsecurity predisposta in funzione del dibattito in corso da ottobre in seno alla Consulta del lavoro e del welfare del PD, che avrebbe dovuto concludersi con la Conferenza programmatica dell’aprile prossimo, se gli ultimi eventi politici non avessero temporaneamente interrotto l’itinerario previsto.
Alla Camera, sulla riforma della Pubblica Amministrazione il PD ha votato contro, a differenza del Senato, dove nel dicembre scorso il voto era stato di astensione. Secondo lei quali sono i motivi di questa posizione del PD?
Il testo del disegno di legge approvato dal Senato (con l’astensione del PD) alla Camera ha subito modifiche molto marginali: non credo che il voto finale diverso espresso dal Gruppo del PD alla Camera sia imputabile a quelle modifiche. Credo, invece, che su quella scelta abbiano influito in parte il deterioramento del contesto politico generale, in parte il prevalere nel Gruppo dei Deputati della sfiducia circa la possibilità di controllo del Parlamento sui contenuti dei decreti delegati che il Governo elaborerà.
Ora che cosa farà il Gruppo dei Senatori del PD, quando il disegno di legge tornerà in aula al Senato.
Proprio questa settimana il disegno di legge è tornato alla Prima Commissione del Senato. In questa sede abbiamo sottolineato in modo molto deciso la necessità che il Governo renda possibile un controllo stretto da parte del Parlamento sulla elaborazione dei decreti delegati e abbiamo preannunciato la presentazione di ordini del giorno moto puntuali in Aula, martedì prossimo. Il mantenimento del nostro voto di astensione, o il passaggio a un voto contrario, dipenderà dalle risposte che il Governo darà in Aula su questi ordini del giorno, dalle garanzie concrete che otterremo circa l’elaborazione dei decreti.
Il suo progetto sulla Flexsecurity viene presentato da qualcuno come uno scambio tra maggiori ammortizzatori sociali in ambito micro e maggiore libertà di licenziamento. Condivide il giudizio?
Mi sembra un modo molto riduttivo di presentare il progetto. Oggi, un lavoratore che viene licenziato per motivi economici od organizzativi e che impugna il provvedimento a norma dell’articolo 18, se perde la causa rimane con un pugno di mosche in mano: non ha una lira di indennizzo e gode di un sostegno molto modesto, quando non del tutto nullo nel mercato del lavoro. Il nuovo sistema di protezione delineato nel progetto gli garantisce in ogni caso, senza la necessità di passare per giudici e avvocati e senza l’alea del giudizio, un forte sostegno del reddito fino alla durata massima di quattro anni e servizi efficienti di riqualificazione e ricerca intensiva della nuova occupazione. Come si fa a dire che il vecchio regime è “migliore” del nuovo? La verità è che il nuovo regime giova sia ai lavoratori, sia alle imprese. E giova loro anche per un altro motivo.
Quale?
Che nell’economia moderna i tempi di un procedimento giudiziale sono enormemente più lunghi rispetto a quelli che sarebbe necessario rispettare nell’aggiustamento industriale agli shock tecnologici o di mercato. E quei tempi sarebbero tempi troppo lunghi anche se si dimezzassero rispetto ai tempi attuali del processo del lavoro in Italia. Da noi, poi, i giudici tendono ad ammettere il licenziamento soltanto se l’impresa è in crisi; ma l’aggiustamento industriale dovrebbe poter avvenire molto prima, in modo da prevenire la crisi. Questo vecchio regime di protezione dei lavoratori contro il licenziamento per motivi economici od organizzativi ha, così, l’effetto di indebolire il nostro tessuto industriale.
Alcuni nel progetto per la transizione alla Flexsecurity avvertono il rischio concreto dell’aumento complessivo della precarietà anziché della sua riduzione e della diminuzione del potere contrattuale dei sindacati con la conseguente diminuzione delle retribuzioni. Sono vere queste preoccupazioni?
Per sostenere questo occorrerebbe considerare “precari” tutti i lavoratori a tempo indeterminato britannici, danesi, svedesi, olandesi, e tanti altri, solo perché nei loro Paesi non si applica un meccanismo del tipo dell’articolo 18 del nostro Statuto dei Lavoratori, bensì soltanto una indennità di licenziamento e un sistema di sicurezza nel mercato del lavoro. Ma questa è una sciocchezza: in realtà quei lavoratori, complessivamente, godono di un protezione della continuità del lavoro e del reddito molto migliore rispetto agli italiani.
Viene affermato che il fatto che non esista potere contrattuale dei sindacati per i lavoratori precari non deve essere in alcun caso motivo per ridurlo agli altri. Condivide l’affermazione?
Condivido. Ma il mio progetto non riduce affatto il potere contrattuale dei lavoratori protetti.
Il piano anti-crisi del PD comprende le sue proposte di cambiamento del mercato del lavoro e del progetto Flexsecurity?
Il piano anti-crisi presentato la settimana scorsa dai vertici del PD riguardava le misure volte a contrastare immediatamente la recessione economica sostenenendo i redditi più bassi e aumentando la domanda di beni e servizi, incentivando i consumi più sostenibili dal punto di vista ecologico. Non avrebbe avuto alcun senso inserire tra quelle misure il progetto per la transizione a un regime di flexsecurity, che nella sua prima fase riguarderà presumibilmente soltanto un numero limitato di lavoratori.
In seno alla Consulta del Lavoro e del Welfare la sua proposta ha incontrato difficoltà? Viene contestato il fatto che lei nel suo blog ha scritto che la maggior parte delle persone che sono intervenute alla riunione della Consulta erano o a lui favorevoli o non contrarie. Cosa risponde a queste persone?
Nel mio sito ho riportato l’elenco degli interventi favorevoli o comunque aperti al progetto e di quelli contrari. Non ho avuto alcuna smentita. Quello stesso rendiconto mostra, certo, che su questo progetto ci sono posizioni contrastanti in seno alla Consulta del Lavoro del PD. Ma è anche vero che dallo scorso dicembre si sono registrati gli interventi favorevoli di numerosi membri del Governo-ombra (Veltroni, Morando, Letta, Chiamparino), tutti riportati nel Portale della Flexsecurity del mio sito, mentre non se ne è registrato neppure uno solo contrario.
(*) Leone Antonino anima insieme ad altre persone alcuni gruppi in Facebook e precisamente
– SOS P.A. con 1175 membri
– Pietro Ichino, una battaglia per la libertà di pensiero con 1626 membri
– Basta con il precariato! Si alla legge sulla Flexsecurity! con 1104 membri