COME PROMUOVERE DI PIÙ E MEGLIO L’OCCUPAZIONE PROFESSIONALE FEMMINILE

UNA PROPOSTA SOFT DI TASSAZIONE PREFERENZIALE A FAVORE DELLE DONNE, A DISPOSIZIONE DELLE FAMIGLIE CHE INTENDANO AVVALERSENE

Articolo di Alberto Alesina e Andrea Ichino, pubblicato sul Corriere della Sera del 24 dicembre 2011 – In argomento v. in precedenza, degli stessi Autori, All’economia italiana serve di più un fisco orientato a incentivare il lavoro delle donne, pubblicato sul Sole 24 Ore il 3 giugno 2008

La partecipazione al mercato del lavoro delle donne italiane è molto inferiore alla media Europea, sia in termini di tasso di attività che di progressioni di carriera. È opinione diffusa che il Paese stia sprecando una potenziale fonte di crescita: il lavoro femminile appunto. Il governo ha compreso questa esigenza proponendo la detassazione di imprese che assumono donne. Non basta. Ecco perché. L’organizzazione familiare tipicamente italiana è il motivo per cui le donne nel nostro Paese partecipano meno alla forza lavoro e quando lavorano lo fanno meno intensamente degli uomini (ovvero prendono più permessi, sono le prime a perder giorni di lavoro per accudire figli o genitori, dopo una nascita riprendono più tardi il loro posto in azienda, etc.). Dati statistici ben conosciuti dimostrano che in casa gli uomini italiani fanno molto meno non solo delle donne ma anche degli uomini di tutti gli altri paesi europei, compresi gli spagnoli per non parlare degli svedesi. Le impreselo sanno e si aspettano che i carichi di lavoro familiare siano squilibrati nelle famiglie dei loro dipendenti. Quindi discriminano le donne assumendole meno, pagandole meno e limitando le loro carriere perchè sono forza lavoro “a rischio”. Un rischio che continua anche dopo l’età fertile, poiché gli anziani in Italia sono tanti e comunque, per la donna che rientra dopo i quarant’anni, recuperare rispetto agli uomini è difficile. Ma proprio perché le lavoratrici sono pagate meno, alle famiglie conviene che siano le donne a farsi carico della casa, anche quando gli uomini sarebbero felici di far la loro parte. Ecco che il cerchio si chiude e senza un intervento che cambi questi incentivi l’Italia continuerà ad utilizzare relativamente “troppo” le donne in famiglia e “troppo” gli uomini in azienda, sebbene ormai le donne siano più istruite degli uomini e certo non meno adatte a fare quello che le aziende richiedono.
La detassazione delle imprese prevista dal governo Monti farà fatica a rompere questo circolo viziosoper due motivi. In primo luogo, la ricerca economica ha dimostrato che se si vuole aumentare l’occupazione di una categoria di persone, è più efficace, a parità di costo per il bilancio, dare alle persone stesse l’incentivo a trovarsi il lavoro, piuttosto che alle aziende. E questo perché le prime hanno motivi più forti delle seconde per reagire all’incentivo. Quindi sarebbestato meglio detassare le donne direttamante, invece delle aziende che dovrebbero eventualmente assumerle. È singolare che in Italia l’attenzione sia sempre sulla detassazione fiscale delle aziende e mai su quella delle persone. Ed è anche singolare che se si propone una detassazione per le donne gli uomini insorgono, ma una detassazione per le imprese che assumono donne passa senza un battito di ciglia. Forse questo accade proprio perché gli uomini sanno cheil solo incentivo dal lato della domanda avrà scarsi effetti sul riequilibrio dei compiti domestici tra i sessi! Fino a quando un maggiore equilibrio non sarà raggiunto, le aziende continueranno a percepire l’occupazione femminile come più costosa di quella maschile e non sarà certo il modesto incentivo governativo a cambiare le cose in modo rilevante.
Ecco invece una proposta concreta per iniziare a spezzare il circolo vizioso sopra descritto. Consideriamo una famiglia che debba assistere figli piccoli o genitori anziani. Oggi sarà tipicamente la donna (madre,figlia o sorella) a rinunciare in tutto o in parte al lavoro dato che il reddito dell’uomo (padre, figlio o fratello) è maggiore. Sefosse lui a rinunciare, il reddito familiare si ridurrebbe troppo. Sono sempre più frequenti i casi di uomini che sarebbero felici di prendere il congedo parentale, ma semplicemente non possono farlo perché la decurtazione di reddito familiare e di prospettive di carriera sarebbe eccessiva. In altri paesi, i congedi parentali presi da uomini stanno diventando la norma. Quanti padri poco presenti e madri troppo “incombenti” vi sono nelle famiglie italiane? Questa situazione cambierebbe, però, se le donne potessero accedere a una  significativa detrazione di imposta presentando una certificazione del fatto che l’uomo ha preso in loro vece il congedo parentale per assistere i familiari.
Con questa soluzione (una forma di job sharing intra-familiare), lo “scambio tra i sessi” generato dall’incentivo fiscale avverrebbe interamente all’interno di ciascuna famiglia. Sarebbe il risultato di una scelta libera che le famiglie possono fare se vogliono. Non sarebbero più costrette ad una scelta che vincola la donna al lavoro in casa e l’uomo al lavoro in azienda, perché, se sarà l’uomo a stare a casa, la famiglia non perderà troppe risorse. Si noti che i single non verrebbero in alcun modo toccati da questa riforma
Al tempo stesso, comincerebbe a diffondersi l’idea, anche tra le imprese, che i compiti familiari possono essere equamente distribuiti tra donne e uomini, tranne quelli strettamentefemminili per ragioni biologiche. Gli uomini non possono partorire e allattare, ma tutto il resto, ed è moltissimo, possono imparare a farlo senza problemi. Non solo ma possono farlo sapendo che il reddito familiare non verrà per questo decurtato così tanto, al netto del prelievo fiscale. E quindi le imprese non dovranno più rinunciare a donne di grande valore e produttività solo per il rischio che alla fineesse debbano assentarsi, magari improvvisamente, per improrogabili e inevitabili impegni familiari. Le imprese ridurrebbero la differenza di trattamento retributivo fra donne e uomini, e cercherebbero di attrarre donne che attualmente non lavorano offrendo loro condizioni migliori.
Insomma, l’incentivo fiscale da noi proposto andrebbe proprio al cuore del problema: riequilibrare i carichi familiari per consentire alle imprese e alle famiglie di usare meglio il lavoro di donne e uomini, per la crescita del Paese in termini di reddito e di benessere. Dato il vincolo di bilancio questo incentivo fiscale andrebbe finanziato. Nella manovra Monti i tagli di spesa sono pressoché inesistenti. Ecco un altro valido motivo (finanziare il lavoro femminile) per abolire il tabù della spesa intoccabile.


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