NEL DECRETO DEL NUOVO GOVERNO POCHI TAGLI, PERCHÉ SPENDING REVIEW E DISMISSIONI DEL PATRIMONIO PUBBLICO SONO GIÀ PREVISTE NELLA MANOVRA DI FERRAGOSTO – POCA CRESCITA, SÌ MA… – POCA EQUITÀ, NON SONO D’ACCORDO
Intervista a cura di Marina Nemeth, pubblicata sul quotidiano Il Piccolo di Trieste il 10 dicembre 2011
Pochi tagli, poca crescita e poca equità e, per contro, molte tasse. Sono le critiche alla manovra varata dal Governo Monti. Lei cosa ne pensa?
Pochi tagli, è vero. Ma anche perché la dismissione del patrimonio pubblico poco o male utilizzato e la spending review come metodo di individuazione rigorosa degli sprechi e rendite nelle amministrazioni erano due punti già contenuti nella manovra di Ferragosto: qui ora è questione di capacità e intelligenza amministrativa. Poca crescita: è un discorso un po’ complesso. Poca equità: non sono d’accordo.
Allora incominciamo da quest’ultimo punto. I sindacati, di nuovo uniti, sono sul piede di guerra contro la riforma delle pensioni e annunciano scioperi generali.
Non mi risulta che gli stessi sindacati abbiano mosso un dito quando nel 1995 la riforma Dini e poi i suoi aggiustamenti successivi hanno imposto ai nostri figli e nipoti di andare in pensione dopo i 67 anni e con assegni molto meno ricchi di quelli della mia generazione. Ora, la gravissima crisi economico-finanziaria impone che anche noi sessantenni accettiamo l’applicazione di una parte delle regole pensionistiche che saranno applicabili ai nostri figli e nipoti.
Ma loro hanno una vita davanti. Il decreto-legge di Monti ha sconvolto i programmi di decine di migliaia di persone da un giorno all’altro.
È vero. Ma la colpa è solo della nostra miopia. Quest’anno l’età media del pensionamento nel nostro Paese è stata ancora di 58 anni e 3 mesi: una media di molto inferiore rispetto agli altri grandi Paesi del centro e nord-Europa. Abbiamo tardato troppo a correggere questa grave stortura: pagare i cinquantenni perché escano dal tessuto produttivo. Nel 2007 il Governo Prodi ha fatto un clamoroso errore quando è tornato indietro rispetto allo “scalone Maroni” sulle pensioni; ora paghiamo carissimo quell’errore.
Vuol dire che per questo ora ci tocca recuperare il terreno perduto in modo più “brutale”, come dice il responsabile Pd dell’Economia Stefano Fassina?
Sì. Innanzitutto perché abbiamo un maledetto bisogno di convincere subito la Germania a farsi carico anche della garanzia del nostro debito pubblico; e gli elettori tedeschi – comprensibilmente – non vogliono saperne, finché noi ci concediamo questi lussi pensionistici che loro non si concedono. Poi perché dobbiamo mostrare agli operatori finanziari di tutto il mondo che l’Italia ha capito davvero di aver commesso per questo aspetto un grave errore, aggiungendo un ostacolo alla propria crescita economica; e che essa è ora determinatissima a recuperare rapidamente il ritardo accumulato.
Forse una patrimoniale avrebbe dato un segnale di maggiore equità…
In questa manovra la patrimoniale c’è. Che cos’altro è, se non una patrimoniale, l’imposta sulle case, sulle auto di lusso, sugli aeromobili, sulle barche, sui portafogli-titoli bancari? D’altra parte, l’imposta sulla parte mobiliare del patrimonio va maneggiata con molta cautela, perché c’è sempre, fortissimo, il rischio che i beni colpiti vengano spostati all’estero, con un danno maggiore rispetto al beneficio.
Il neo governatore della Banca d’Italia Visco punta il dito sugli effetti recettivi di questa manovra.
Qui veniamo alla questione della crescita. Il problema che il nuovo Governo si è trovato di fronte, appena insediato, era il rischio di un’impennata degli interessi sul nostro debito pubblico che poteva alimentare in modo irreversibile la sfiducia nelle nostre capacità di uscirne. Occorreva invertire urgentemente la tendenza con qualsiasi mezzo. Spending review e dismissioni del patrimonio pubblico non si fanno in due settimane. Le uniche leve di cui disponevamo nel brevissimo termine erano quelle che il Governo ha azionato. Ora, se nelle prossime settimane lo spread dei nostri titoli di Stato tornerà ad abbassarsi stabilmente, sarà possibile anche ridurre gli aspetti più recessivi della manovra e destinare più risorse alla stimolazione della crescita economica.
Perché non si è intervenuti sul mercato del lavoro e su una riforma che dia più certezze ai giovani?
Questa non è una materia su cui si possa intervenire con un decreto-legge, dopo soli 17 giorni dall’insediamento del Governo. Monti e Fornero hanno chiarito che il capitolo mercato del lavoro verrà aperto il giorno dopo che il decreto-legge sarà stato varato.
È partita la corsa dei partiti agli emendamenti per rendere più digeribile la manovra al loro elettorato. Si parla di meno tasse sulla prima casa, più gradualità per le pensioni di anzianità e di un ampliamento del numero di pensionati esclusi dal blocco dell’indicizzazione. Proposte realizzabili?
Pare di sì, a giudicare dalle notizie che vengono dalla Camera. Vedremo dove verranno reperiti i soldi per far tornare i conti.
La Chiesa deve pagare l’Ici sugli immobili ora esentati?
Come credente, rispondo immediatamente sì, per gli immobili che di fatto vengono utilizzati anche a fini commerciali. Come parlamentare della Repubblica dico che la norma va scritta in modo più chiaro, nei confronti non solo della Chiesa, ma di tutti coloro che oggi ne beneficiano.
Tagliare il numero dei deputati o i costi della politica?
Entrambi. C’è ampio margine. Anche nei trattamenti del personale delle Camere e dei Gruppi parlamentari si annidano privilegi incredibili: stipendi spropositati, 15 mensilità di retribuzione, 7 settimane di ferie e altro ancora.
Fra i sostenitori del Pdl e del Pd è grande il malumore per i provvedimenti varati. Non c’è il rischio che questa situazione alimenti la voglia di elezioni anticipate?
Il rischio c’è, ma è più probabile che questa voglia non prevalga.
Se invece questa voglia prevalesse, tutta la parte del programma Monti sullo sviluppo rimandata al dopo emergenza passerebbe in cavalleria. Prima che questo accada una larga maggioranza degli italiani avrà fatto in tempo a capire quanto sia preziosa questa occasione per compiere alcune riforme indispensabili al nostro Paese, che solo un Governo di emergenza può compiere. Incominciando proprio dalla riforma del diritto e del mercato del lavoro.