15 aprile 2008
Dal risultato del voto di questi giorni possono trarsi alcune indicazioni nette: 1. la destra oggi in Italia è maggioranza, “senza se e senza ma”; 2. la vecchia sinistra non rappresenta più se non una parte molto marginale della società civile (che non è, comunque, la parte più debole e povera del mondo del lavoro); 3. il Partito Democratico, appena nato, ha saputo raccogliere da solo un terzo dei voti degli italiani. Non è poco: una grande forza politica, solidamente democratica, portatrice di nuovi contenuti e nuovi metodi politici, impegnata per il progresso del Paese. Ma, come è evidente, non possiamo accontentarci di questo.
Il PD deve porsi in grado di raccogliere, alla prossima scadenza elettorale, almeno dieci punti percentuali in più di consenso degli italiani. Per riuscirci, deve dimostrare di saper voltare pagina, non solo nei programmi ma anche nei fatti, rispetto agli errori della vecchia sinistra, che ne hanno causato il collasso politico, dopo aver causato la rovinosa caduta del Governo Prodi. Tra gli errori principali mi sembra che vadano sottolineati, in particolare: l’aver difeso, fondando su di esso gran parte della propria strategia politica, un sistema di amministrazioni pubbliche in gran parte inefficienti e troppo costose; l’aver contribuito a conservare un sistema di relazioni sindacali fortemente invecchiato, sempre più incapace di aprirsi all’innovazione necessaria e persino – in vaste zone del tessuto produttivo – ormai incapace di produrre accordi; l’avere sottovalutato l’allarme sociale per la sicurezza delle nostre città e delle nostre case; l’avere sottovalutato la gravità del degrado del nostro sistema scolastico, universitario e della ricerca; l’avere sottovalutato i danni derivanti al nostro sistema economico dalla sua chiusura agli investimenti stranieri.