UNA RIFLESSIONE SERIA SULLA VICENDA DEI “SUPER-STAGE” DALL’INTERNO DEL PD CALABRESE

DOPO LE POLEMICHE ASPRE DELLE SETTIMANE SCORSE, L’ASSESSORE AL BILANCIO E AI TRASPORTI DELLA REGIONE CALABRIA PROPONE UNA RIFLESSIONE MOLTO EQUILIBRATA SULL’INIZIATIVA DEL COSIGLIO REGIONALE. MA ESSA INDICA UNA VIA D’USCITA NON PERCORRIBILE

Il documento, redatto dall’assessore Demetrio Naccari Carlizzi, è stato pubblicato dal Quotidiano della Calabria in forma di intervista il 13 febbraio 2009. Segue una mia breve osservazione critica in proposito.

   La decisione del Consiglio regionale della Calabria di  destinare una quota del proprio bilancio a favore di politiche per i giovani laureati calabresi è chiaramente una scelta positiva e necessaria visto il tasso di ineguaglianza generazionale oggi presente in Italia e nella nostra Regione. E, però, altrettanto vero che noi faremmo un grave errore a sottovalutare il valore delle osservazioni di Pietro Ichino circa gli effetti veri che produrrà lo strumento così come è stato pensato e organizzato. Valutazioni utili a correggere evidenti errori di impostazione che erano stati oggetto di una discussione, fra altri argomenti, in occasione di una riunione del gruppo regionale del PD di qualche mese fa, purtroppo senza seguito. In altri termini se siamo d’accordo sull’an del provvedimento a favore dei giovani laureati esistevano ed esistono perplessità sul quomodo.
     Non è il caso di proseguire ancora una dannosa ed inutile polemica con il professor Ichino sull’obiettivo degli interventi letti, purtroppo, dalla generalità dei politici, cittadini e beneficiari come  “stages”,  e conseguentemente sulla mancata conformità degli stessi alle regole fissate dalla legge Treu , sulla imputazione dei capitoli di spesa utilizzati per finanziare l’iniziativa, né tampoco sulle tante osservazioni, spesso anche significative e corrette, che sono state evidenziate da più parti.
     Definitivamente  il Presidente Bova ha ribadito con forza trattarsi  di “voucher” ( l’importanza dei nomi!) spendibili in un percorso di “alta formazione” equivalente a  “Master universitari di 2° livello”. Le mie preoccupazioni  legate  al valore e alla interpretazione da dare alle parole a questo punto è purtroppo cresciuta e credo che invece di contribuire a chiudere una polemica, certamente dannosa per la Calabria e anche per i giovani interessati, gli scritti di questi giorni aprano nuovi fronti che  purtroppo rischiano di vedere nell’arena  anche altre istituzioni con ulteriore grave danno per tutti.
     L’interrogazione del senatore Ichino e le prime risposte invece sembravano, al contrario, favorire anzi creare l’occasione per iniziare assieme una riflessione sul fenomeno della disoccupazione giovanile in Calabria e in particolare di quella intellettuale, per tentare di proporre delle strategie pregnanti e significative utilizzando anche i contributi positivi emersi dalle  critiche, accogliendo  i suggerimenti utili e mirati.
     C’è poi un problema di fondo che in una regione come la nostra pesa tanto ed è la strategia che il settore pubblico mette in campo per corrispondere ai bisogni di futuro di 348 mila giovani tra i 19 e i 32 anni che nella nostra regione vivono un problema evidente: inserirsi nel mercato del lavoro! Forse sarà opportuno  partire dai dati dell’annuario Istat edito alla fine del  2008 fermandoci per coerenza  (ma il discorso è ancor più grave se riferito a diplomati od ai senza titolo) ai soli riguardanti i laureati. Sul totale dei laureati nel 2004  (anno di riferimento utile per un corretto esame della problematica dopo almeno tre anni del conseguimento del titolo) vedremo che solo il 55% lavora e che tra gli stessi, i bravi e fortunati  che hanno conquistato un lavoro non sporadico ed occasionale  rappresentano  solo il 34% del totale. Del 45 %  residuo i 2/3 cercano ancora il primo lavoro mentre l’altro terzo non lo cerca neppure.
     Inutile in questa fase, davanti a numeri così drammatici, fare ulteriore analisi degli sbocchi occupazionali trovati e delle sedi di lavoro raggiunte. Ora  dopo tante polemiche, puntualizzazioni e chiarimenti mi si consentano alcune  riflessioni.
     Una prima sulla durata e sui possibili sbocchi.
     Al di là del limite legislativo temporale, certamente non strumentale ma sancito (ovviamente per gli stages per quello che sono e valgono e non serve fermarsi in puntuali specificazioni dell’istituto rischiando ulteriori e forse fondate  polemiche) in vista di un rapido inserimento nel mercato del lavoro, va ripensata la modalità di esperienza specialistica formativa presso enti locali o altrove , che normalmente (sempre negli stages … ahi la parola !) è finalizzata allo sbocco della assunzione.
     La statistica ci dice che negli stages (degni del nome e di durata media non superiore ai 6 mesi) effettuati nel 2008 in oltre 50 aziende nazionali la percentuale degli stagisti che hanno ottenuto un contratto a tempo indeterminato è superiore all’80 %. Purtroppo non è pensabile che gli enti locali calabresi  (soprattutto in tempi di rigore, crisi e stretta finanziaria e dimenticando le regole costituzionali sulle assunzioni nel settore pubblico) siano potenzialmente in grado di assorbire neppure il… 20% dei bravi  laureati non stagisti. Nè mi pare, senza poi doverci lamentare e sentire offesi e derisi dalla scienza di altri, possa giustificarsi la scelta dell’esperienza sul campo con l’opportunità addirittura essenziale di poter…” conoscere la realtà calabrese per cambiarla prima in meglio”
     E’ dunque chiaro e lo doveva essere per tutti, neo laureati calabresi compresi, che non si trattava di stages ma di qualcos’altro.
     Altro; e allora? Master di 2° Livello!
     Una seconda riflessione flash sul contenuto “dell’alta  formazione” che farà conseguire un titolo pari ai “master di 2° livello” condotta su argomenti imposti da un programma generalizzato non individualizzato in base a attitudine, interessi e possibili utilizzi.
     Mi si consentano due timide considerazioni non polemiche ma costruttive: se di master si tratta credo sia debole la formazione che questi giovani ricevono o hanno già ricevuta perché indeterminata e poco mirata ( anche a non accedere alle valutazioni trancianti scritte da alcuni stagisti) Penso altresì che la destinazione presso vari e diversi  Enti locali possa essere del tutto inadatta a assicurare quel di più e di diverso che deve tornare a essere l’obiettivo ispiratore del provvedimento e il contenuto di diversi (!!) Master di 2° livello che secondo me avrebbero dovuto e potuto essere organizzati in termini coerenti con gli obiettivi.
     Innanzitutto master diversi, individuati seguendo logiche di potenzialità lavorative future, indirizzati a creare competenze specialistiche coerenti alle aspirazioni ed alle conoscenze già acquisite nel periodo formativo che aveva portato alla laurea.
     Forse alla base vi è stato un difetto di comprensione tra lo spirito animatore che ha mosso la Presidenza del Consiglio Regionale e le Università; tali incomprensioni si sono riverberate sulla costruzione del progetto e via,via a cascata hanno prodotto ulteriori incomprensioni ed incertezze.
     E allora? L’idea lanciata è certamente un meritorio tentativo di dare una  prima risposta a un reale problema. Superata questa difficile e contestata  fase si tratterà di ripartire dalla stessa e, partendo dalla legge del 2004 più volte citata da tutti, di ridare uno sguardo alla legge  regionale 5/2001, all’epoca vista dagli studiosi nazionali come innovativa, e potenzialmente incisiva nel campo del mercato del lavoro, di ripensare il concetto di stage, di borsa formativa o di assegno di studio e l’opportunità di promuovere (o finanziare, gestire?)  master o altro e rilanciare una politica complessiva che contemperi il pur  necessario discrimine tra laureati e non con una serie di iniziative di più ampio respiro. In una parola si tratta non di rilanciare ma di proporre una serie efficace ed incisiva politica del lavoro per i giovani calabresi – laureati e non.
     Il discorso diventa lungo e complesso e merita riflessioni che possiamo e dobbiamo iniziare a fare avendo in mente anche la utilizzazione del tipico iter  dell’outplacement per quanto riguarda l’analisi delle potenzialità del giovane, le sue aspirazioni  e l’assistenza per aiutarlo a perseguire gli sbocchi possibili ecc.
     D’altro canto la gravità della crisi, l’accordo Sindacati – Confindustria  del settembre 2008 e quello di gennaio tra  Governo e Sindacati  sulle nuove regole della contrattazione, rappresentando comunque un modesto ma significativo superamento del mercato duale del lavoro che ha tanto penalizzato il Mezzogiorno e la Calabria, possono permettere, forse anche, di sperare in quella che il professor Ichino ha tanto invocato nei suoi pregevoli e anticipatori  studi, come il momento della rinascita di un mercato del lavoro in Calabria e, perché no, della “possibilità per gli stessi lavoratori di trovare il loro datore di lavoro.
     Solo così daremo senso alla valorizzazione del capitale umano della Calabria, alla svolta generazionale nelle politiche , con interventi ben progettati, il cui impatto sia efficace e valutabile ex ante. Se la nostra politica saprà andare oltre provvedimenti che segnalano un problema ma sono inidonei a risolverlo per scegliere invece soluzioni che generano valore pubblico e superare una certa retorica autoreferenziale avremo iniziato un processo di fortissima innovazione in Calabria e non dovremo subire giudizi trancianti e alle volte ingenerosi.
Demetrio Naccari Carlizzi
Assessore al Bilancio e ai Trasporti della Regione Calabria

Apprezzo molto lo stile e il contenuto di questa riflessione, che ha tra l’altro il merito non piccolo di riconoscere l’incompatibilità dell’iniziativa del Consiglio regionale calabrese con la disciplina formale e sostanziale degli stage formativi. Mi permetto di osservare, però, che per risolvere il problema non basta certo ribattezzare l’iniziativa qualificandola come “master di secondo livello” (lo stesso Assessore Naccari lo riconosce espressamente): un master di secondo livello – se vuol essere una cosa seria – implica una offerta didattica di livello post-universitario ben strutturata e focalizzata su di un obiettivo formativo specialistico. Implica, cioè, qualche cosa di cui in questo caso non vi è neppure una lontana parvenza. Osservo, inoltre, che non si è mai visto un master (serio) indistintamente rivolto a centinaia di studenti, provenienti da facoltà universitarie diverse e con interessi disciplinari tra loro diversissimi. Ribattezzare l’iniziativa di cui stiamo discutendo come “master di secondo livello”, lungi dal ricondurla nell’alveo delle iniziative formative serie, allargherebbe il gap tra ciò che si promette e ciò che effettivamente si dà a queste centinaia di giovani laureati. Si rischia, anzi, di fuorviarli ulteriormente: perché un titolo di master di secondo livello nel loro curriculum alimenterebbe in essi aspirazioni ancora più velleitarie e irrealistiche di quelle che possono essere alimentate da uno “stage”.  (p.i.) 
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