IL PROGRAMMA DI POLITICA DEL LAVORO DEL NUOVO GOVERNO RISPONDE ESATTAMENTE ALLE ESIGENZE PIÙ URGENTI DI EQUITÀ ED EFFICIENZA DEL NOSTRO TESSUTO PRODUTTIVO
Intervista a cura di Cristina Giudici per il settimanale Grazia, 21 novembre 2011
Senatore del Partito Democratico, autorevole giuslavorista, docente universitario, Pietro Ichino, 62 anni, vive protetto da una scorta perché è stato minacciato dalle Brigate Rosse. Convinto riformista, ha cercato di modificare statuto dei lavoratori, correggere l’inefficienza dell’amministrazione pubblica e promuovere il concetto di flexsecurity, ispirato al modello danese che coniuga le tutele sociali per i lavoratori a una maggiore flessibilità. Considerato un battitore libero, ora ha scritto un nuovo libro, “Inchiesta sul lavoro” (Mondadori), nel quale immagina di essere processato dal suo partito, che lo accusa di “intelligenza con il nemico”.
Senatore, lei è un uomo di sinistra, che ha sempre cercato di fare delle riforme liberali, criticate sia all’interno del suo partito, sia dai sindacati. E poi in parte copiate o assorbite nei programmi dei governi di centro-destra. É un fatto, questo, che la fa sentire a disagio?
Per niente. E poi, in realtà, le mie proposte vengono assorbite anche nei programmi dei governi di centro-sinistra.È solo un problema di tempi: sia la destra sia la sinistra in Italia arrivano sempre a capire quel che va fatto con troppo ritardo.
Nel suo libro “Inchiesta sul lavoro”, lei inventa un finto processo da parte del suo partito. Come mai ha sentito l’esigenza di difendersi?
Per tre anni ho raccolto i dissensi, le obiezioni ragionate, le vere e proprie accuse. Finché ho deciso di riordinarle, mettendole tutte in bocca a un unico immaginario “ispettore”. Mi sembra che questo serva anche al mio partito per riflettere su se stesso.
Quali sono le riforme necessarie e ora inderogabili, per il lavoro, che non siamo mai riusciti a realizzare in Italia?
Conciliare molta più flessibilità per le strutture produttive con molta più sicurezza per i lavoratori. Ed eliminare le rendite parassitarie: da noi ce ne sono molte di più che nel resto d’Europa.
Per risolvere il problema della scarsa occupazione femminile in Italia, propone agevolazioni fiscali per le imprese, che aumentino l’occupazione femminile. É una variante fiscale delle quote rosa?
No, perché non istituisce un vincolo, ma soltanto un incentivo. Temporaneo, ovviamente: solo fino al raggiungimento dell’obiettivo europeo del 60 per cento di donne attive nel mercato del lavoro.
Alla fine del processo si autoassolve. Non ha nulla da rimproverarsi?
Col senno del poi, si vedono tutti gli errori commessi. Per esempio, nel 1979 avrei fatto meglio a rifiutare l’elezione alla Camera e restare a lavorare alla Cgil: avrei potuto diventare un ottimo segretario generale. Saremmo arrivati alla flexsecurity con vent’anni di anticipo. Se potessi ricominciare, gli errori fatti li eviterei. Ma solo per far meglio le cose che ho cercato di fare.
Lo hanno già definito il governo del preside per la presenza di tanti professori, ma ironia a parte, lei crede che il nuovo premier, Mario Monti, potrà mettere d’accordo due formazioni cosi contrapposte che rappresentano elettori e interessi divergenti come Pd e Pdl per fare le riforme che l’Europa ci chiede? Pare quasi un esperimento di alchimia…
Credo proprio che Monti riuscirà nell’impresa, per tre motivi. Perché è persona di grandissima serietà e competenza; perché gode di un amplissimo appoggio nell’opinione pubblica, anche per la copertura che gli è data dal Presidente della Repubblica; e perché il suo Governo è l’unica ancora di salvezza per il nostro Paese in questo momento. Nessuna delle forze politiche maggiori può rischiare di andare a elezioni anticipate avendo fatto cadere questo Governo e avendo, così, esposto il Paese a un rischio gravissimo di catastrofe.