EURACTIV: LE ULTIME MOSSE DEL MINISTRO DEL LAVORO

IL GOVERNO BERLUSCONI SE NE VA SENZA AVER NEPPURE AVVIATO LA RIFORMA CHE AVREBBE DOVUTO COSTITUIRE IL SUO PRIMO IMPEGNO, FIN DALL’INIZIO DELLA LEGISLATURA

Intervista a cura di Alessandra Flora pubblicata sull’editoriale on line Euractiv il 4 novembre 2011

Il Ministro Sacconi ha annunciato che nell’emendamento alla legge di Stabilità varato il 3 novembre dal Consiglio dei Ministri non ci saranno le norme sui licenziamenti. Il confronto, ha confermato Sacconi, partirà sulla base del ddl Ichino e, quindi, sul “testo di un parlamentare dell’opposizione” per cercare un consenso che vada “al di là della maggioranza parlamentare”. Qual è il suo commento?
Non posso che salutare con soddisfazione questa dichiarazione del ministro del Lavoro. Che è però un ministro uscente. La speranza è che con il prossimo Governo possa aprirsi al più presto un tavolo con le maggiori confederazioni sindacali e imprenditoriali per una rapida discussione punto per punto degli snodi essenziali del progetto contenuti nel disegno di legge n. 1873. Penso che la verifica possa essere rapida, perché in realtà in questi due anni il progetto flexsecurity è già stato discusso in centinaia di incontri organizzati da sindacati, associazioni di imprese, partiti di maggioranza e opposizione, e anche in numerosi convegni accademici. Di questo processo di elaborazione do conto in un libro – Inchiesta sul lavoro. Perché non dobbiamo avere paura di una grande riforma, Mondadori – che sarà in libreria la settimana prossima.

É vero che l’Unione europea chiede maggiore flessibilità all’Italia? I licenziamenti più semplici contribuiscono davvero a ridurre il debito pubblico?
La lettera della Banca Centrale Europea del 5 agosto scorso ci chiede qualche cosa di più complesso: una riforma del nostro diritto del lavoro che sostituisca la vecchia tecnica di protezione del lavoratore, costituita in sostanza da una ingessatura del posto di lavoro, con una nuova tecnica di protezione incentrata sulla sicurezza economica e professionale del lavoratore nel passaggio dalla vecchia alla nuova occupazione. Se il nostro Governo avesse affrontato questo problema due anni fa, o anche soltanto un anno fa, con lo stesso intendimento che ora il ministro Sacconi ha enunciato, la riforma potrebbe essere già fatta; invece su questo terreno siamo stati fermi.

Il mercato del lavoro in Italia tende a trovare sempre delle soluzioni poco convincenti, se non inique, come il reiteramento ad libitum dell co.co.pro, del c.t.d o l’uso improprio di partite Iva. Secondo lei a cosa è dovuto questo far west?
I rapporti di lavoro atipici e precari sono l’altra faccia della iperprotezione che caratterizza i rapporti di lavoro regolari a tempo indeterminato. Le imprese scaricano tutta la flessibilità di cui hanno bisogno sulla metà non protetta della forza-lavoro.

Ritiene che la legge Biagi, a distanza di dieci anni, sia ancora attuale?
La legge Biagi è una legge molto articolata e complessa. In parte conserva tutta intera la sua attualità: per esempio nella parte relativa ai servizi nel mercato del lavoro. In parte mi sembra che vada rivista: per esempio per la parte relativa alla disciplina del lavoro a progetto.

Come definirebbe oggi il mercato del lavoro italiano, nel confronto con il resto dell’Unione Europea?
É un mercato vecchio in tutti i sensi: perché regolato da norme di quarant’anni fa, non più adatte ai tempi e alle esigenze di un’economia globalizzata, oltretutto disorganiche, complicatissime e non traducibili in inglese; inoltre, vecchio perché privilegia le vecchie generazioni di lavoratori e penalizza gravemente i giovani. Anche a questo tema cruciale è dedicato in larga parte il mio libro “Inchiesta sul lavoro” di cui le ho fatto cenno prima.

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