SE DAVVERO IL GOVERNO VOLESSE FAR PROPRIO IL PROGETTO FLEXSECURITY, SINDACATI E PD NON POTRANNO CERTO METTERSI DI TRAVERSO: SIGNIFICHEREBBE RIFIUTARE DI VOLTAR PAGINA RISPETTO AL REGIME ATTUALE DI APARTHEID FRA PROTETTI E NON PROTETTI NEL MERCATO DEL LAVORO, METTERSI CONTRO LE NUOVE GENERAZIONI
Intervista a cura di Cristiano Lozito, pubblicata su il Tirreno, il 29 ottobre 2011
Sulla questione dei licenziamenti Berlusconi ha detto di ispirarsi al suo disegno di legge n. 1873: ci sono davvero delle assonanze, e se sì quali?
Questo non deve chiederlo a me, ma al Presidente del Consiglio: finora aveva parlato d’altro e il suo ministro del Lavoro aveva opposto un muro al nostro progetto. Se ora il Governo ha deciso di far proprio il disegno di legge presentato da me con altri 54 senatori due anni fa, possiamo soltanto rallegrarcene. Ammesso che un Governo ancora ci sia.
Può spiegare la sua proposta di flexsecurity, chiarendo in particolare quali sono i modi con cui il datore di lavoro viene responsabilizzato per la sicurezza economica del lavoratore licenziato?
Il testo e le schede sintetiche sono disponibili nel mio sito, al “portale della semplificazione e della flexsecurity”. In sostanza si tratta di questo: un codice del lavoro semplificato, composto di 70 articoli molto chiari e facilmente traducibili in inglese, suscettibili di applicarsi a tutta l’area del lavoro sostanzialmente dipendente. Così si supera il dualismo fra protetti e non protetti nel mercato del lavoro. L’idea è che, in partenza, questo nuovo “diritto del lavoro unico”, per la parte relativa ai licenziamenti si applichi soltanto ai rapporti di lavoro nuovi, che si costituiranno da qui in avanti. La nuova disciplina si può sintetizzare così: tutti a tempo indeterminato (tranne, ovviamente, i casi classici di contratto a termine, per punte stagionali, sostituzioni temporanee, ecc.), a tutti le protezioni essenziali, in particolare contro le discriminazioni, ma nessuno inamovibile. E a chi perde il posto una garanzia robusta di assistenza intensiva nella ricerca della nuova occupazione, di continuità del reddito e di investimento sulla sua professionalità.
Davvero una riforma che favorisca i licenziamenti può creare nuovo lavoro?
No, la riforma non crea nuovo lavoro. Ma nemmeno ne distrugge, perché si applica solo ai nuovi rapporti che si costituiscono da ora in poi. E consente alle imprese di assumere tutti a tempo indeterminato, evitando di scaricare tutta la flessibilità soltanto sui “paria”. Consente cioè di superare il regime attuale di aparheid fra protetti e non protetti.
Come giudica i distinguo del Pd (Treu, Damiano, Fassina)?
Su questa proposta il Pd effettivamente è diviso. Ma è stata pur sempre firmata dalla maggioranza dei senatori democratici. E il 10 novembre scorso il Senato ha votato a larga maggioranza, anche con i voti del Pd, una mozione – presentata da Francesco Rutelli ‑ che impegna il Governo a varare una riforma ispirata proprio a questo mio disegno di legge.
Come giudica la reazione dei sindacati che si preparano allo sciopero generale?
Lo hanno proclamato contro una ipotesi molto diversa: quella appunto dei “licenziamenti facili”. Su questo progetto non faranno barricate. Anche perché il vertici della Cisl e della Uil, e anche numerosi dirigenti della Cgil, hanno manifestato il loro consenso su di esso nel corso di questi due anni: tutte le loro dichiarazioni sono reperibili nel portale della semplificazione e della flexsecurity, di cui ho detto sopra. E poi, come potrebbero fare le barricate contro un progetto che consente di voltar pagina rispetto all’attuale regime di apartheid fra protetti e non protetti nel mercato del lavoro?