UNA BOZZA DI CODICE DEL LAVORO SEMPLIFICATO

LA NUOVA DISCIPLINA DEL LAVORO CHE PUÒ ESSERE INTRODOTTA IN AZIENDA IN SOSTITUZIONE DI UN CENTINAIO DI LEGGI IN MATERIA DI LAVORO DI FONTE NAZIONALE

Testo di una disciplina contrattuale suscettibile di essere attivata, mediante apposito accordo aziendale, a norma dell’accordo interconfederale 28 giugno 2011 e dell’articolo 8 del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, con efficacia per tutti i rapporti di lavoro dipendente, come individuati dall’accordo stesso – Il testo è costruito sul modello delineato nel disegno di legge n. 1873/2009

Allegato A
all’accordo aziendale …………….…. …………………. 2011

 CODICE DEL LAVORO SEMPLIFICATO

Sezione I – Disposizioni generali

Articolo 1
Tutela delle condizioni di lavoro e della riservatezza del lavoratore 

        1. Fermo restando il rispetto della disciplina europea e delle leggi speciali sulla materia, il titolare dell’azienda è tenuto ad adottare le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie per tutelare l’integrità fisica e psichica, la personalità morale e la riservatezza di chiunque presti la propria attività di lavoro nell’azienda.
        2. Coloro che prestano continuativamente la loro opera in ambiente di cui sia titolare l’impresa, quale che sia la natura giuridica e il contenuto della prestazione, hanno diritto di controllare mediante tecnici di propria fiducia:
   a) l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali;
   b) le tecniche applicate dall’impresa quando questi li sottoponga a indagini attitudinali o motivazionali o a test psico-reattivi, nonché l’utilizzazione che egli faccia dei dati risultanti da tali indagini o test.
        3. È fatto divieto all’impresa, ai fini della selezione precedente alla costituzione del rapporto, come nel corso del suo svolgimento, di effettuare indagini, anche tramite terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del prestatore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione della sua attitudine professionale e ai fini di tutela della sicurezza delle cose e delle persone. L’impresa ha facoltà di far controllare l’idoneità pesico-fisica del lavoratore o del candidato esclusivamente da parte di presidi sanitari pubblici a ciò preposti o del medico competente.
        4. L’impresa, ferma restando la protezione dei dati personali disposta dalla legge, è tenuta al segreto, a norma dell’articolo 622 del codice penale, sulle notizie riservate concernenti il prestatore, delle quali venga a conoscenza per ragione del rapporto di collaborazione o delle attività selettive precedenti alla sua costituzione. Tale obbligo riguarda, in particolare, le notizie concernenti la natura delle infermità o dei diversi impedimenti personali o familiari che causino l’astensione dal lavoro, nonché le componenti della valutazione della prestazione eventualmente idonee a rivelare taluno dei dati sensibili protetti. Non sono, invece, oggetto di protezione i dati inerenti allo svolgimento della prestazione lavorativa e al suo corrispettivo.

Articolo 2
Parità di trattamento e divieti di discriminazione 

        1. È fatto divieto all’impresa di differenziare in alcun modo, direttamente o indirettamente, il trattamento riservato a uno o più prestatori, ivi compresi i criteri di assunzione e di licenziamento, a causa della loro razza, sesso, nazionalità o provenienza regionale, origine etnica, religione, attività, opinione o appartenenza politica o sindacale, età, orientamento sessuale.

Sezione II – Disciplina del lavoro dipendente e del lavoro subordinato

Articolo 3
Inquadramento professionale

         1. In assenza di disposizioni negoziate al livello di azienda, l’impresa applicherà il sistema di inquadramento previsto dal contratto collettivo nazionale per il settore ……… .

Articolo 4
Assunzione e periodo di prova

        1. All’atto dell’assunzione e comunque prima dell’inizio della prestazione lavorativa l’impresa è tenuta a confermare al lavoratore in forma scritta, oltre alla propria identità:
   a) il luogo di svolgimento della prestazione;
   b) la data di inizio della prestazione e la durata prevista del rapporto, se a tempo determinato;
   c) l’oggetto della prestazione;
   d) l’inquadramento professionale;
   e) la durata delle ferie annuali retribuite;
   f) i termini di preavviso cui sono assoggettati il recesso del lavoratore e il recesso del’impresa;
   g) la retribuzione-base e ogni altro elemento del trattamento economico;
   h) la durata normale giornaliera o settimanale del lavoro e la sua collocazione temporale;
   i) il contratto o i contratti collettivi eventualmente applicabili, con indicazione delle parti stipulanti ove non si tratti di contratto aziendale.
        2. Qualsiasi modifica di una delle voci di cui al comma 1 in corso di rapporto deve risultare da atto scritto, di cui l’originale o una copia deve essere consegnata preventivamente al lavoratore.
        3. Salvo diversa disposizione collettiva applicabile, l’assunzione del lavoratore dipendente in prova deve risultare da atto scritto.
        4. Il periodo di prova non può durare più di sei mesi. Durante tale periodo, ciascuna delle parti può recedere dal rapporto senza onere di preavviso. Compiuto il periodo di prova, l’assunzione diviene definitiva e il servizio prestato si computa nell’anzianità del prestatore di lavoro.

 Articolo 5
Contratto a termine e lavoro intermittente

        1. La prima assunzione del lavoratore alle dipendenze di un’azienda può avvenire con contratto a termine. In questo caso, qualora il contratto, durato più di sei mesi, cessi senza conversione in rapporto a tempo indeterminato, al lavoratore è dovuta una indennità di cessazione calcolata secondo il criterio indicato a suo luogo per l’indennità di licenziamento.
        2. L’assunzione ulteriore del lavoratore alle dipendenze di un’azienda dopo un primo contratto a termine, nonché la proroga di tale primo contratto, possono avvenire con apposizione di un termine soltanto nei casi previsti da un contratto collettivo applicabile, e comunque nei casi seguenti:
   a) lavori stagionali, come definiti dalla normativa vigente in materia;
   b) sostituzione di altro lavoratore il cui rapporto sia per qualsiasi motivo temporaneamente sospeso;
   c) assunzione in funzione di fiere, mercati, manifestazioni commerciali a carattere temporaneo, o altre esigenze a carattere meramente occasionale o straordinario;
   d) al di fuori dei casi di cui alle lettere precedenti, assunzione per prestazioni intermittenti di durata pari o inferiore a sei giorni lavorativi relative a servizi occasionali, quando negli ultimi trenta giorni lo stesso lavoratore non abbia prestato lavoro per lo stesso datore o committente complessivamente per più di cinque giorni lavorativi;
   e) assunzione in funzione di uno spettacolo o per una stagione teatrale o musicale;
   f) assunzione di dirigente.
        3. L’assunzione con contratto a termine e il motivo dell’apposizione del termine devono risultare da atto scritto.
        4. Al lavoratore dipendente assunto a termine deve essere riservato, a parità di prestazione svolta, lo stesso trattamento che è riservato nell’azienda ai lavoratori assunti a tempo indeterminato, salvo che per quanto riguarda gli elementi della retribuzione effettivamente collegati alla produttività o redditività dell’azienda e i programmi di previdenza complementare.
        5. Quando la pattuizione del termine di durata, nei casi di cui al comma 2, è invalida, per vizio di forma o per illegittimità sostanziale, il contratto di lavoro si intende stipulato a tempo indeterminato. L’impugnazione della clausola di apposizione del termine deve essere proposta con atto scritto entro 60 giorni dalla cessazione di fatto del rapporto. L’invalidità del termine di durata non dà luogo a obbligo retributivo per i periodi nei quali di fatto la prestazione lavorativa non sia stata svolta, prima che il termine sia stato impugnato e il prestatore abbia fatto esplicita offerta della prestazione stessa.
        6. Il lavoratore che sia stato assunto a termine per lavori stagionali ha la precedenza nella riassunzione alle dipendenze dell’impresa per gli stessi lavori stagionali.

  Articolo 6
Retribuzione

        1. La retribuzione del lavoratore dipendente deve essere corrisposta mediante prospetto-paga dal quale risultino con chiarezza tutti i dati retributivi che devono essere annotati nel libro-paga e matricola.
        2. La retribuzione base deve essere determinata in euro. Essa viene di regola corrisposta mediante accredito su conto corrente di cui il lavoratore è titolare.

Articolo 7
Usi aziendali e concorrenza di fonti negoziali in materia retributiva 

        1. Quando il comportamento tenuto continuativamente dall’impresa da cui derivi un beneficio per la generalità dei lavoratori dipendenti o collaboratori configuri comportamento concludente nel senso di un impegno negoziale al mantenimento dello stesso trattamento, questo, salvo dichiarazioni negoziali in senso contrario, si considera come oggetto di una pattuizione a tempo indeterminato con ciascuno dei medesimi dipendenti o collaboratori.
        2. La pattuizione di cui al comma 1 è suscettibile di recesso anche in costanza dei rapporti di lavoro o collaborazione, mediante comunicazione del’impresa agli interessati.
        3. Quando alla disciplina della retribuzione in uno stesso rapporto di lavoro concorrano con il contratto individuale uno o più contratti collettivi, ciascuno di tali contratti regola l’assorbimento tra gli elementi della retribuzione da esso previsti e quelli previsti dagli altri contratti. In caso di contrasto tra le discipline contrattuali, si applica quella più favorevole al lavoratore.
        4. In difetto di disciplina negoziale specifica, si ha assorbimento fino a concorrenza tra elementi svolgenti la stessa funzione retributiva specifica.

Articolo 8
Luogo della prestazione, trasferta e trasferimento

        1. La prestazione lavorativa si svolge nel luogo contrattualmente convenuto dalle parti. Quando la natura delle mansioni lo richieda, il contratto può prevedere che esse siano svolte di volta in volta nel luogo indicato dall’impresa, oppure attribuire a quest’ultimo il potere di inviare in trasferta o in missione il lavoratore in luogo diverso da quello di svolgimento abituale, disciplinando il relativo trattamento indennitario cui ha diritto in tal caso il prestatore.
        2. Qualora l’impresa sia interessata a un trasferimento del luogo di lavoro che comporti il mutamento di residenza del lavoratore, essa è tenuta a proporlo a quest’ultimo in forma scritta con anticipo ragionevole. In caso di rifiuto da parte del lavoratore, l’impresa può recedere dal rapporto secondo la disciplina del licenziamento per motivi economici od organizzativi.
        3. Nel caso di trasferimento, missione o trasferta all’estero, l’impresa è tenuta a confermare al lavoratore dipendente in forma scritta:
   a) la durata prevista della prestazione all’estero;
   b) la valuta in cui verrà corrisposta la retribuzione;
   c) gli eventuali elementi aggiuntivi del trattamento economico, collegati all’invio all’estero;
   d) se prevedibili all’atto dell’invio, le modalità del rimpatrio.

Articolo 9
Mansioni del lavoratore 

        1. Il lavoratore dipendente deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito, o a mansioni professionalmente equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza riduzione degli elementi della retribuzione direttamente riferiti al contenuto professionale della prestazione dedotta in contratto. Ogni patto preventivo in senso contrario è nullo.
        2. L’impresa può validamente pattuire con il lavoratore dipendente, assistito da un rappresentante sindacale di sua fiducia, l’assegnazione di mansioni utili all’azienda diverse da quelle contrattualmente esigibili a norma del comma 1 quando, alternativamente:
   a) l’evoluzione tecnologica determini l’obsolescenza del contenuto professionale delle mansioni contrattuali;
   b) le mansioni contrattuali risultino incompatibili con la protezione della salute e sicurezza del lavoratore;
   c) il lavoratore stesso lo richieda in funzione di un proprio interesse personale. 

Articolo 10
Diligenza del prestatore di lavoro 

        1. Fermo restando il dovere di diligenza di cui all’articolo 1176, il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta e da quella dell’azienda.
        2. Il prestatore di lavoro subordinato deve altresì osservare le disposizioni per l’esecuzione del lavoro impartite dal titolare dell’azienda o dai preposti.

Articolo 11
Divieto di concorrenza e obblighi di segreto

        1. Il prestatore dipendente non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’impresa. Non costituisce violazione dell’obbligo di non concorrenza, salvi gli obblighi di segreto di cui ai commi 2 e 3, la ricerca di una occupazione alternativa, né le negoziazioni ad essa relative.
        2. Il prestatore, dipendente o autonomo, è tenuto al segreto, salvo il caso di giusta causa di utilizzazione o rivelazione a soggetti vincolati al segreto, sulle notizie riservate apprese in occasione della propria prestazione inerenti all’organizzazione del lavoro o alle tecnologie applicate, ai programmi commerciali, ai fornitori o ai clienti dell’impresa, che possano essere utilizzate da imprenditori concorrenti. Quando le suddette notizie siano state apprese per ragione della propria specifica funzione o mansione, la violazione dell’obbligo di segreto è punita con le sanzioni di cui all’articolo 623 del codice penale.
        3. Il prestatore, dipendente o autonomo, è tenuto al segreto, salvo il caso di giusta causa di utilizzazione o rivelazione a soggetti vincolati al segreto, sulle notizie apprese per ragione della propria specifica funzione o mansione, dalla cui divulgazione possa derivare danno al datore di lavoro. La violazione di questo obbligo è punita con le sanzioni di cui all’articolo 622 del codice penale.

 Articolo 12
Sanzioni disciplinari

        1. L’inosservanza, da parte del lavoratore dipendente, delle disposizioni contenute negli articoli 10 e 11 può essere sanzionata sul piano disciplinare, secondo la gravità dell’infrazione. Nella valutazione dell’aggravante della recidiva non può tenersi conto di mancanze commesse prima dell’ultimo biennio precedente alla nuova infrazione.
        2. Le informazioni relative a infrazioni e sanzioni disciplinari eccedenti il codice deontologico proprio della generalità dei lavoratori devono essere portate a conoscenza dei dipendenti dell’azienda mediante pubblicazione in rete con adeguata evidenza, quando la prestazione lavorativa comporti il collegamento abituale allo stesso sito, o affissione in luogo conosciuto e facilmente accessibile per tutti gli interessati.
        3. Nessun provvedimento disciplinare può essere adottato a carico del lavoratore, senza che gli sia stato contestato preventivamente l’addebito o senza che egli sia stato sentito a sua difesa. Il lavoratore può farsi assistere da un sindacalista o consulente di sua fiducia.
        4. Salva diversa disposizione contenuta nel contratto collettivo applicabile, la sanzione disciplinare può consistere nel licenziamento, in tronco o con preavviso, nella sospensione fino a un massimo di dieci giorni di calendario, nella multa di importo non superiore a otto ore di retribuzione, nella censura o rimprovero scritto, nel rimprovero verbale.
        5. I provvedimenti più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano decorsi cinque giorni dalla contestazione in forma scritta del fatto che vi ha dato causa.
       6. In riferimento a fatti contestati suscettibili di dar luogo al licenziamento in tronco l’impresa può disporre la sospensione cautelare del lavoratore fino al termine del procedimento disciplinare. Il lavoratore ha diritto alla retribuzione per la durata della sospensione cautelare, salvo che all’esito del procedimento venga applicata la sanzione del licenziamento in tronco.
       7. Salvo il caso di licenziamento in tronco, la sanzione irrogata non può essere eseguita prima della scadenza del termine per l’impugnazione in sede arbitrale, di cui al comma 8.
       8. Il provvedimento disciplinare può essere impugnato dal lavoratore in sede arbitrale, davanti all’apposito collegio costituito presso la Direzione provinciale per l’impiego. Nel caso di impugnazione in sede arbitrale, l’esecuzione del provvedimento diverso dal licenziamento in tronco resta sospesa per la durata della procedura. Qualora l’impresa rifiuti la procedura arbitrale, promuovendo il procedimento giudiziale ordinario, l’esecuzione del provvedimento stesso resta sospesa per tutta la durata di questo.

 Articolo 13
Orario di lavoro

        1. Ferma l’applicazione della disciplina europea e delle leggi speciali sulla materia, la durata normale della prestazione di lavoro dipendente è di 40 ore settimanali.
        2. Per ogni altro aspetto la materia dell’estensione temporale della prestazione di lavoro è regolata dal contratto collettivo e dal contratto individuale di lavoro.
        3. La distribuzione dell’orario di lavoro nell’arco della giornata, della settimana, del mese e dell’anno è stabilita dal contratto, nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 15. Quando la prestazione sia di natura subordinata, il contratto collettivo e quello individuale possono attribuire al datore di lavoro il potere di variare la distribuzione dell’orario, disciplinandone l’esercizio e prevedendo una adeguata remunerazione della flessibilità di cui in tal modo si fa carico al prestatore.

 Articolo 14
Rapporto di lavoro a tempo parziale e lavoro ripartito 

        1. Impresa e prestatore di lavoro sono liberi di pattuire una durata della prestazione di lavoro inferiore rispetto alla durata normale. Qualora la pattuizione preveda anche la variabilità della collocazione o dell’estensione temporale della prestazione a discrezione del’impresa, essa deve prevedere anche una adeguata remunerazione di questa flessibilità posta a carico del prestatore. Le pattuizioni previste in questo articolo devono risultare da atto scritto.
        2. Nel rapporto di lavoro a tempo parziale tutti gli standard minimi di trattamento economico riferiti alla durata della prestazione lavorativa si applicano in proporzione all’estensione temporale ridotta della prestazione stessa. È vietata qualsiasi disparità di trattamento nei confronti di un lavoratore dipendente motivata o comunque collegata con la riduzione dell’orario di lavoro.
        3. Qualora la riduzione della durata della prestazione, oppure la variabilità della sua collocazione o estensione temporale a discrezione del’impresa, siano convenute tra le parti in costanza di rapporto di lavoro, la pattuizione deve essere stipulata dal prestatore di lavoro con l’assistenza di un rappresentante sindacale di sua fiducia.
        4. Il contratto di lavoro, stipulato in forma scritta, può prevedere che per la stessa prestazione di lavoro si obblighino solidalmente due lavoratori. In tal caso deve essere indicata nel contratto la distribuzione dell’orario prevista tra i lavoratori. Il rispettivo trattamento economico e i relativi obblighi fiscali e contributivi sono stabiliti in relazione alla distribuzione contrattuale dell’orario, fermo restando l’obbligo reciproco di sostituzione tra i lavoratori e la loro responsabilità reciproca per la compensazione economica della sostituzione, secondo le intese liberamente intercorse tra di loro, delle quali non è dovuta alcuna annotazione nel libro-paga aziendale. La prestazione resta sospesa soltanto in caso di impedimento contemporaneo di entrambi i lavoratori.
        5. Salva diversa intesa tra le parti, le dimissioni o il licenziamento di uno dei lavoratori coobbligati comportano l’estinzione dell’intero vincolo contrattuale. Tale disposizione non trova applicazione se, su richiesta dell’impresa, l’altro prestatore si renda disponibile ad adempiere l’obbligazione lavorativa, integralmente o parzialmente, nel qual caso il contratto di lavoro ripartito si trasforma in un contratto di lavoro ordinario.

Articolo 15
Riposo domenicale, festivo e annuale

        1. Il lavoratore dipendente ha diritto a un giorno di riposo ogni sette di lavoro, di regola in coincidenza con la domenica, o con l’altro giorno di riposo settimanale previsto da una intesa tra lo Stato italiano e la comunità religiosa cui il lavoratore appartenga.
        2. In aggiunta al riposo settimanale, il lavoratore dipendente ha diritto ogni anno a dieci altri giorni di riposo infrasettimanale retribuito, coincidenti di regola con le festività individuate dalla legislazione nazionale.
        3. Le attività per le quali la regola della coincidenza del riposo settimanale con la domenica e del riposo infrasettimanale con la festività non si applica sono quelle individuate con apposito decreto del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali.
        4. Il lavoro prestato di domenica o in giorni festivi deve essere retribuito con una maggiorazione non inferiore al 10 per cento della retribuzione globale normale.
        5. Il lavoratore dipendente ha diritto a quattro settimane di riposo retribuito per ciascun anno di lavoro, nel tempo che il titolare dell’azienda stabilisce, tenuto conto delle esigenze aziendali e degli interessi personali e familiari del lavoratore stesso.

Articolo 16
Impedimenti personali alla prestazione lavorativa 

        1. Nel caso di infermità che costituisca impedimento per più di tre giorni lavorativi allo svolgimento delle mansioni cui il dipendente è addetto, questi ha diritto alla retribuzione nella misura stabilita dal contratto collettivo applicabile. In difetto di disciplina collettiva applicabile, che contempli anche il computo per sommatoria delle assenze frazionate, la retribuzione è dovuta nella misura di quattro quinti dell’ultima retribuzione precedente all’insorgere dell’infermità, per la durata di 180 giorni di calendario nell’arco di 365, dedotto il periodo corrispondente ai primi tre giorni lavorativi perduti. Nel caso di infermità che consenta lo svolgimento parziale delle mansioni, e l’impresa se ne avvalga, per lo stesso periodo il lavoratore ha diritto alla retribuzione piena.
        2. Costituiscono infermità ai fini di cui al comma 1 anche l’interruzione della gravidanza e i suoi postumi ostativi allo svolgimento delle mansioni. È equiparato all’infermità in fase acuta il trattamento terapeutico preventivo non differibile, prescritto da medico specialista di presidio sanitario pubblico.
        3. Sono altresì equiparati al periodo di infermità di cui al comma 1 i periodi di astensione dal lavoro necessari per la donazione di sangue o di midollo osseo, o di altro organo.
        4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3, ferma restando la facoltà di licenziamento disciplinare in caso di insussistenza dell’impedimento alla prestazione, o comunque di svolgimento da parte del lavoratore di attività incompatibile con lo stato di infermità o con le relative ragionevoli esigenze di cura, l’impresa ha facoltà di recedere dal contratto soltanto dopo il compimento del periodo di comporto stabilito dal contratto collettivo applicabile. In difetto di disciplina collettiva applicabile, il recesso è consentito allo scadere dei 180 giorni di calendario di astensione dal lavoro nell’arco di 365. Il recesso intimato prima del detto termine è privo di alcun effetto fino alla scadenza del termine stesso.
        5. Il prestatore è tenuto a comunicare il proprio stato di infermità, la prognosi della sua durata e il luogo di reperibilità appena possibile, e comunque entro il primo giorno dal suo manifestarsi, al’impresa . Questi può chiedere che l’idoneità dell’infermità a giustificare l’astensione dal lavoro sia controllata dai servizi medici ispettivi degli istituti previdenziali, o da un servizio medico ispettivo istituito e regolato mediante contratto collettivo applicabile. Il lavoratore ha l’onere di tenersi a disposizione per la visita ispettiva domiciliare in due fasce orarie giornaliere di due ore ciascuna, collocate, salva diversa pattuizione, tra le dieci e le dodici antimeridiane e tra le cinque e le sette pomeridiane. In caso di inadempimento dell’onere, che non sia giustificato da un serio motivo di allontanamento dal domicilio, l’astensione dal lavoro si considera ingiustificata, salvo che il lavoratore abbia precedentemente fornito prova dell’infermità e della sua idoneità a costituire impedimento alle mansioni, mediante certificazione rilasciata da presidio sanitario pubblico.
        6. Quando la sospensione per infermità abbia durata superiore a 7 giorni di calendario o si determini ripetutamente per periodi più brevi, o quando lo stato di infermità si determini in luogo diverso dal domicilio abituale e non agevolmente raggiungibile dai servizi medici ispettivi, il prestatore ha l’onere di fornire a questi, su richiesta loro o del’impresa, una relazione del proprio medico curante sull’infermità da cui è affetto e le terapie praticate.
        7. L’infermità che comporti ricovero in struttura sanitaria sospende il decorso delle ferie di cui il lavoratore stia fruendo. La collocazione temporale del relativo recupero, dopo la scadenza originariamente prevista, viene determinata a norma dell’articolo 15, comma 4.
        8. Il lavoratore dipendente ha diritto a 15 giorni di permesso retribuito in occasione del matrimonio. Ha diritto inoltre a permessi non retribuiti per gravi eventi familiari o per l’adempimento di doveri civili quali la testimonianza in giudizio e lo svolgimento di funzioni in uffici elettorali.
        9. Il lavoratore dipendente ha diritto all’aspettativa non retribuita per l’assolvimento di cariche politiche elettive. 

Articolo 17
Maternità, paternità e congedi parentali 

        1. Dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di età del neonato il licenziamento della lavoratrice madre è vietato a pena di nullità, salvo che per gravi motivi disciplinari o per chiusura dell’azienda. Lo stesso divieto si applica per il periodo di un anno dall’affidamento preadottivo di un figlio.
        2. La lavoratrice in istato di gravidanza ha diritto a essere adibita a mansioni non pericolose, fisicamente faticose o insalubri, e comunque a mansioni compatibili con la salute propria e del nascituro; ha inoltre diritto a non essere adibita al lavoro dalle ore 24 alle 6. Qualora l’impossibilità dello spostamento a mansioni compatibili sia accertato dalla commissione all’uopo istituita presso l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, la lavoratrice ha diritto alla sospensione della prestazione. Alla lavoratrice è dovuto, in tal caso, un trattamento economico pari a quattro quinti dell’ultima retribuzione, quando il rapporto di lavoro sia in corso da almeno sessanta giorni prima dell’inizio della gravidanza.
        3. La sospensione della prestazione è comunque obbligatoria per un periodo di almeno un mese prima della data prevista del parto e per almeno tre mesi dopo tale data. La lavoratrice madre ha inoltre diritto a un ulteriore mese di astensione dal lavoro, del quale può usufruire a sua scelta prima o dopo il parto, nonché al trattamento economico di cui al comma 2 a carico dell’istituto previdenziale, per il periodo complessivo di cinque mesi. Lo stesso diritto, per la parte non goduta dalla lavoratrice madre, può essere goduto dal padre cui il neonato resti affidato in via esclusiva nel caso di morte o grave infermità della madre, di abbandono del neonato da parte sua, o comunque per provvedimento dell’autorità giudiziaria.
        4. Tutte le protezioni e i diritti posti da questo articolo per lavoratrice madre e lavoratore padre per il periodo successivo alla nascita del figlio si applicano anche ai lavoratori genitori adottivi, in alternativa tra loro. In caso di adozione internazionale il congedo può essere goduto prima dell’ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all’estero richiesto per l’incontro con il minoree gli adempimenti necessari per la procedura, oppure, in tutto o in parte, entro i cinque mesi successivi all’ingresso del minore in Italia. Per il periodo di permanenza all’estero i genitori adottivi hanno diritto, in alternativa al congedo retribuito, a un congedo non retribuito della durata massima di quattro mesi cumulabile con il primo.
        5. I genitori del neonato o figlio adottivo, entro i primi otto anni dalla sua nascita o affidamento preadottivo, hanno diritto in alternativa tra loro a un ulteriore periodo di congedo parentale, complessivamente non superiore a dieci mesi, anche frazionati, con trattamento economico a carico dell’istituto previdenziale, per un periodo massimo complessivo di 6 mesi, pari al trenta per cento dell’ultima retribuzione calcolata come indicato nel comma 2, se a godere della sospensione è la madre; pari al quaranta per cento se a goderne è il padre. La durata complessiva del congedo parentale è aumentata a 11 mesi se il padre ne gode per almeno 3 mesi. Della decisione di avvalersi del congedo parentale l’impresa deve essere avvisato con almeno 15 giorni di anticipo.
        6. Nel caso in cui il figlio naturale o adottivo sia affetto da handicap grave, il limite massimo di durata del congedo parentale di cui al comma 5 è aumentato a 3 anni.
        7. La lavoratrice madre ha diritto, fino al compimento del primo anno di età del neonato o dall’ingresso del figlio adottivo nel nucleo familiare, a un permesso retribuito di due ore per ogni giornata lavorativa di durata pari o superiore a sei ore, di un’ora per ogni giornata lavorativa di durata inferiore. Dello stesso diritto può avvalersi in alternativa alla madre il padre. Nel caso di parto plurimo, le ore di permesso retribuito si moltiplicano per il numero dei gemelli.
        8. I genitori del neonato hanno diritto, in alternativa tra loro, a ulteriori periodi di sospensione della prestazione non retribuita per infermità del figlio minore di tre anni, e, nei limiti di 5 giorni lavorativi all’anno, per il figlio maggiore di tre e minore di otto anni. Per il controllo di tale infermità si applicano le disposizioni contenute nel comma 3 dell’articolo 16.
        9. Hanno diritto a non essere adibiti al lavoro dalle ore 24 alle 6 la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a 3 anni, o in alternativa il padre convivente con la stessa, e la lavoratrice o il lavoratore che sia unico affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni, per i primi tre anni dall’affidamento.
       10. Dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di vita del bambino, le dimissioni della lavoratrice madre sono efficaci soltanto se convalidate dall’interessata davanti alla Direzione provinciale per l’impiego.
        11. Nel caso di recesso dell’impresa per ragioni economiche, tecniche od organizzative nei confronti di  lavoratrice o lavoratore il cui orario di lavoro sia ridotto o la cui prestazione lavorativa sia sospesa a norma di questo articolo, l’indennità di licenziamento di cui allo stesso articolo è commisurata alla retribuzione corrispondente alla prestazione precedente alla riduzione o sospensione per motivi parentali.

Articolo 18
Trasferimento di azienda 

        1. Costituisce trasferimento di azienda qualsiasi mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.
       2. Ferma restando l’applicazione della disciplina europea della materia, quando il trasferimento coinvolga più di 15 lavoratori dipendenti, il cedente e il cessionario che hanno deciso di stipulare il relativo atto sono tenuti a informarne con almeno 25 giorni di anticipo le rappresentanze sindacali aziendali interessate e i sindacati di categoria che hanno stipulato i contratti collettivi applicabili ai lavoratori interessati, ai fini dell’esame congiunto preventivo delle conseguenze giuridiche ed economiche del trasferimento stesso sulle condizioni dei lavoratori dipendenti interessati e delle eventuali misure previste nei loro confronti.
        3. In caso di trasferimento di azienda il rapporto di lavoro dipendente continua con il cessionario e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. I contratti collettivi applicabili ai rapporti ceduti al momento del trasferimento continuano ad applicarsi fino alla rispettiva scadenza o sostituzione mediante altri contratti collettivi.
        4. Il cedente e il cessionario sono obbligati in solido per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui al comma 3 dell’articolo 19 il lavoratore può liberare il cedente dai suoi debiti.
        5. Il cedente è obbligato in solido con il cessionario per i crediti derivanti in capo al lavoratore dal licenziamento non disciplinare intimato entro tre anni dal trasferimento.
        6. Il lavoratore dipendente le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica in conseguenza del trasferimento nei tre mesi successivi, e che per tale motivo rassegni le dimissioni, ha diritto al trattamento stabilito per il caso di licenziamento per motivi non disciplinari.

Articolo 19
Rinunzie e transazioni 

        1. Gli atti con i quali un lavoratore dipendente rinunci per il futuro a protezioni o diritti posti inderogabilmente in suo favore da disposizioni legislative o collettive, o comunque accetti che il rapporto di lavoro sia disciplinato in modo per lui meno favorevole rispetto alle dette disposizioni, sono nulli e sono sostituiti dalle disposizioni stesse.
        2. Gli atti con i quali un lavoratore dipendente rinunci a diritti derivanti dall’avvenuta violazione nei suoi confronti di disposizioni inderogabili legislative o collettive sono annullabili. L’impugnazione deve avvenire, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla cessazione del rapporto o dalla data dell’atto invalido, se successiva. L’impugnazione può avvenire mediante qualsiasi atto scritto del lavoratore, anche stragiudiziale, idoneo a manifestarne la volontà.
        3. La disposizione contenuta nel comma 2 non si applica alle rinunce o transazioni stipulate dal lavoratore in sede giudiziale, oppure davanti alla commissione di conciliazione e arbitrato presso la Direzione provinciale per l’impiego, oppure con l’assistenza di un rappresentante sindacale di sua fiducia, accreditato dall’associazione sindacale per lo svolgimento di tale funzione.

 Articolo 20
Diritto del lavoratore alla riservatezza

        1. L’inviolabilità della sfera riservata del lavoratore è protetta anche nel luogo di lavoro. Ferma restando la protezione dei dati personali disposta dalla legge, è garantita al lavoratore l’inaccessibilità:
   a) degli spazi fisici chiusi che gli vengano assegnati per uso personale nel posto di lavoro o in locali ausiliari;
   b) della casella di posta elettronica che gli venga assegnata per uso personale;
   c) della corrispondenza personale, distinta da quella inerente al suo ufficio o funzione, che pervenga presso l’azienda o da questa venga spedita.
        2. L’impresa può sottoporre i propri dipendenti a test attitudinali, motivazionali, o psico-reattivi soltanto in funzione dell’accertamento delle rispettive capacità rilevanti ai fini della prestazione lavorativa. Fermo quanto disposto nel comma 2, lettera b), dell’articolo 1, l’effettuazione dei test suddetti deve essere preceduta di almeno dieci giorni dalla comunicazione ai lavoratori stessi che vi saranno sottoposti e alle rappresentanze sindacali aziendali della natura delle indagini, delle finalità per cui esse vengono disposte e delle tecniche applicate.
        3. Le perquisizioni sul lavoratore sono vietate fuorché nei casi in cui siano indispensabili per la tutela del patrimonio aziendale. In tal caso esse possono essere effettuate soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali; si applicano in proposito le disposizioni contenute nel comma 3 dell’articolo 21. Esse devono in ogni caso essere effettuate all’uscita del luogo di lavoro, con l’applicazione di sistemi di selezione automatica e con modalità tali da salvaguardare la dignità e la riservatezza del lavoratore.

Articolo 21
Controlli del datore di lavoro

        1. L’impresa può impiegare guardie armate soltanto per scopi di tutela del patrimonio aziendale. Queste non possono essere adibite a funzioni di controllo sulle prestazioni di lavoro, né accedere con le armi al luogo di svolgimento delle prestazioni stesse.
        2. Il nome e le mansioni specifiche degli addetti alla vigilanza sull’attività lavorativa devono essere comunicati ai lavoratori interessati e resi permanentemente conoscibili. Questa disposizione non deve essere interpretata in modo tale da precludere la possibilità di indagini ispettive e controlli a campione sulla regolarità e correttezza dei rapporti tra i lavoratori dipendenti e i clienti, utenti o altri interlocutori esterni dell’azienda.
        3. È vietata l’istallazione e l’uso di impianti audiovisivi o di altre apparecchiature finalizzate al controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. Gli impianti e le apparecchiature che siano richiesti da esigenze inerenti alla produzione o alla sicurezza delle persone e dei beni, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali. In caso di disaccordo tra queste, l’accordo è valido se stipulato con quelle che possano considerarsi maggioritarie secondo i criteri fissati dall’accordo interconfederale applicabile. In difetto di accordo, su istanza dell’impresa, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti o apparecchiature.
        4. La disposizione di cui al comma 3 si applica anche all’installazione e all’uso di programmi informatici che rispondano a esigenze inerenti alla produzione o alla sicurezza delle persone e dei beni, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori in tempo reale. Essi devono comunque essere strutturati in maniera tale da:
   a) ridurre al minimo necessario la memorizzazione e l’uso di dati che consentano il controllo a distanza della singola prestazione di lavoro;
   b) cancellare periodicamente e automaticamente i dati relativi all’accesso individuale a internet o al traffico telematico, la cui conservazione non risponda a giustificate esigenze aziendali.
        5. Nei casi di cui al comma 4, il trattamento di dati personali è limitato alle informazioni indispensabili per il perseguimento di finalità preventivamente determinate ed è effettuato secondo modalità strettamente proporzionate alle finalità stesse.

Articolo 22
Sospensione della prestazione nell’interesse dell’impresa

        1. Quando l’impresa disponga la sospensione totale o parziale delle prestazioni di lavoro in una unità produttiva, reparto o ufficio, per ragioni oggettive imputabili all’azienda, e la sospensione abbia durata pari o inferiore a 10 giorni lavorativi  anche non consecutivi nell’arco di 180 giorni di calendario, il prestatore ha diritto all’intera retribuzione base ordinaria. Salvi i casi non prevedibili di forza maggiore, di tale sospensione deve essere data informazione con almeno 48 ore di anticipo alle rappresentanze sindacali aziendali, o, in difetto di queste, alle organizzazioni sindacali territoriali competenti, ai fini dell’esame congiunto eventualmente da queste richiesto, nonché in ogni caso ai dipendenti interessati.
        2. Per i periodi di sospensione eccedenti il limite di cui al comma 1, il prestatore ha diritto a quattro quinti della retribuzione base ordinaria. In quest’ultimo caso la protrazione della sospensione deve essere preceduta dall’informazione circa i motivi per cui la prosecuzione normale delle prestazioni lavorative determinerebbe una perdita per l’impresa, nonché circa le prospettive e il personale interessato, comunicata con almeno 5 giorni di anticipo alle rappresentanze sindacali aziendali, o, in difetto di queste, alle organizzazioni sindacali territoriali competenti, nonché in ogni caso ai dipendenti interessati.
        3. Durante i periodi di sospensione di cui al comma 1 il prestatore è obbligato a partecipare alle iniziative di aggiornamento o riqualificazione professionale che vengano promosse dall’imprenditore. Fermo restando tale obbligo, nel periodo di sospensione eccedente i primi 10 giorni il prestatore è libero di svolgere attività lavorativa in favore di terzi, fermo il divieto di concorrenza, previa comunicazione all’impresa, la quale in tal caso è esonerata dalla prestazione retributiva per il periodo di lavoro prestato in favore di terzi, fino a concorrenza con la retribuzione pagata dai terzi medesimi al lavoratore.

Articolo 23
Recesso del prestatore di lavoro 

         1. Il prestatore di lavoro a tempo indeterminato può rassegnare le dimissioni dandone preavviso alla controparte nel termine previsto dal contratto.
        2. Il prestatore di lavoro che rassegni le dimissioni per colpa grave del’impresa non è tenuto al preavviso. Quando il contratto sia a termine, egli ha diritto in tal caso al risarcimento in relazione al mancato reddito e al danno professionale derivante dalla cessazione anticipata del rapporto. Quando il contratto sia a tempo indeterminato, egli ha diritto al trattamento stabilito dall’articolo 25 per il caso di licenziamento per motivi non disciplinari. Grava sull’impresa l’onere della prova dell’adempimento degli obblighi retributivi e contributivi; grava sul lavoratore l’onere della prova dell’inadempimento degli altri obblighi contrattuali o del diverso motivo delle dimissioni in tronco.
        3. È vietata la detenzione e conservazione da parte del datore di lavoro, in costanza di rapporto, di un documento sottoscritto da un lavoratore dipendente, contenente una dichiarazione di recesso unilaterale o consensuale dal rapporto con data in bianco. Il trasgressore è punito con l’ammenda da 5.000 a 20.000 euro, salvo che il fatto costituisca fase attuativa di reato più grave, giunto a compimento.
        4. Il prestatore di lavoro che abbia rassegnato le dimissioni o stipulato la risoluzione consensuale del rapporto, quale che sia la forma dell’atto, ha facoltà di revocare l’atto entro tre giorni dalla sua comunicazione al’impresa, quando si tratti di recesso unilaterale, o dalla sua stipulazione, quando si tratti di recesso bilaterale. La revoca deve essere comunicata in forma scritta. Il contratto di lavoro, se interrotto per effetto del recesso, torna ad avere corso dal giorno successivo alla comunicazione della revoca.
        5. Per il periodo intercorso tra il recesso e la revoca, qualora la prestazione lavorativa non si sia svolta, il prestatore non matura alcun diritto retributivo. Alla revoca del recesso consegue la cessazione di ogni effetto delle eventuali pattuizioni a esso connesse e l’obbligo in capo al lavoratore di restituire tutto quanto eventualmente percepito in forza di esse.
        6. In caso di controversia grava sul lavoratore l’onere della dimostrazione della data di comunicazione della revoca, sul datore di lavoro l’onere della dimostrazione della sua tardività rispetto alla data effettiva dell’atto di recesso.

Articolo 24
Recesso dell’impresa

        1. Il recesso del’impresa deve essere comunicato al lavoratore in forma scritta.
        2. Decorso il periodo di prova, l’impresa può legittimamente recedere dal rapporto di lavoro:
   a) per una mancanza grave del lavoratore, mediante licenziamento disciplinare in tronco o con il preavviso previsto dal contratto collettivo o individuale;
   b) per motivi economici, tecnici od organizzativi, mediante l’atto di recesso disciplinato dall’articolo 25.
        3. Il licenziamento può essere impugnato dal lavoratore per difetto della forma scritta, perché determinato da motivo discriminatorio, oppure, quando esso sia stato irrogato con motivazione di natura disciplinare, per difetto di giustificazione o mancato rispetto del procedimento disciplinare. L’impugnazione del licenziamento deve in ogni caso avvenire in forma scritta entro 60 giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, o, nel caso di difetto di forma scritta, dalla cessazione di fatto del rapporto per iniziativa del’impresa; e, salvo accordo tra le parti, deve essere seguita entro 120 giorni da impugnazione giudiziale.
        4. Nel caso del licenziamento disciplinare, fermo il rispetto di quanto disposto dall’articolo 12, grava sull’impresa l’onere della prova circa la mancanza grave imputata al lavoratore. Quando il licenziamento disciplinare sia viziato da difetto procedurale o da difetto di giustificazione, il giudice, valutate le circostanze, la natura del vizio e il comportamento delle parti, condanna l’impresa al risarcimento del danno nei confronti del lavoratore, oppure alla ricostituzione del rapporto di lavoro, oppure a entrambe le sanzioni. Quando non vi sia condanna alla reintegrazione, il risarcimento del danno non può essere inferiore a 5 mensilità più una per ciascun anno di anzianità di servizio. Quando il risarcimento si accompagni alla reintegrazione, esso non può essere superiore all’importo della retribuzione perduta dal lavoratore nel periodo tra il licenziamento e la reintegrazione, dedotti i redditi di lavoro di altra fonte. Quando il risarcimento non si accompagni alla reintegrazione, esso deve comprendere il mancato preavviso contrattuale.
        5. Nel caso di condanna alla ricostituzione del rapporto di lavoro, ciascuna delle parti ha facoltà di optare, in alternativa alla ricostituzione, per il pagamento a carico del’impresa di un indennizzo sostitutivo pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione.
        6. Nel caso di licenziamento illegittimo per violazione di un divieto di discriminazione il giudice dispone la reintegrazione del lavoratore e il risarcimento del danno. Il lavoratore può esercitare la facoltà di cui al comma 5. 

Articolo 25
Licenziamento per motivo economico, tecnico od organizzativo 

       1. Quando non sia stato stipulato il patto di prova, o il relativo termine sia scaduto, il licenziamento non disciplinare deve essere comunicato al lavoratore dipendente con espressa menzione del motivo economico, tecnico od organizzativo. Esso deve essere preceduto da un preavviso non inferiore a un periodo pari a tanti mesi quanti sono gli anni compiuti di anzianità di servizio del lavoratore nell’azienda, con un massimo di dodici, computandosi nell’anzianità anche l’eventuale rapporto a termine che abbia preceduto quello a tempo indeterminato. Dal momento della comunicazione del preavviso, il lavoratore ha la facoltà di optare per la cessazione immediata del rapporto, con conseguente godimento della corrispondente indennità sostitutiva; oppure la facoltà di optare per la prosecuzione della prestazione lavorativa in azienda, nelle condizioni precedenti alla comunicazione del licenziamento, salvo che l’azienda o il reparto abbia cessato del tutto l’attività. Decorsi sei mesi dalla comunicazione, il datore ha in ogni caso la facoltà di esonerare il lavoratore dalla prestazione, corrispondendogli la retribuzione corrispondente al preavviso non lavorato.
        2. All’atto della cessazione del rapporto conseguente a licenziamento non disciplinare, al prestatore che abbia superato il periodo di prova è dovuta dal datore di lavoro, in aggiunta a quanto è oggetto del contratto di ricollocazione di cui all’articolo 26, un’indennità pari a tanti dodicesimi della retribuzione lorda complessivamente goduta nell’ultimo anno di lavoro, quanti sono gli anni compiuti di anzianità di servizio in azienda, computandosi anche l’eventuale contratto a termine tra le stesse parti che abbia preceduto quello a tempo indeterminato, diminuita della retribuzione corrispondente al preavviso spettante al prestatore stesso a norma del primo comma.
      3. La retribuzione per il periodo di preavviso e la corrispondente indennità sostitutiva sono imponibili ai fini delle assicurazioni obbligatorie. L’indennità di licenziamento non costituisce retribuzione imponibile ai fini delle assicurazioni obbligatorie.
      4. L’indennità di licenziamento è ridotta a un quarto di mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un massimo di due mensilità, nel caso di licenziamento di lavoratore che alla data della comunicazione del licenziamento abbia raggiunto i requisiti per il pensionamento di vecchiaia.
      5. Le esigenze economiche, organizzative o comunque inerenti alla produzione, che motivano il licenziamento, non sono soggette a sindacato giudiziale, salvo il controllo, quando il lavoratore ne faccia denuncia, circa la sussistenza di motivi discriminatori determinanti, o motivi di mero capriccio, intendendosi per tali motivi futili totalmente estranei alle esigenze economiche, organizzative o produttive aziendali.
      6. Quando il lavoratore abbia maturato venti anni di anzianità di servizio e non abbia ancora maturato il diritto al pensionamento di vecchiaia, l’indennità di licenziamento di cui al comma 2 prende a maturare in ragione di due dodicesimi della retribuzione annua per ogni anno di servizio ulteriore rispetto al ventesimo.
     8. Ferma restando l’applicazione della disciplina europea della materia, l’impresa, quando il numero dei licenziamenti per motivi economici od organizzativi sia superiore a 4 nell’arco di 120 giorni, è tenuta ad applicare la procedura di informazione ed esame congiunto preventivo in sede sindacale e amministrativa prevista dalle direttive comunitarie. Gli avvisi e informazioni in funzione dell’esame congiunto in sede sindacale devono essere comunicati alle rappresentanze sindacali aziendali e alle rispettive organizzazioni sindacali territoriali; gli avvisi e informazioni in funzione dell’esame congiunto in sede amministrativa devono essere comunicati alla Direzione provinciale per l’impiego competente, oppure, quando il licenziamento riguardi unità produttive dislocate in diverse province della stessa regione, la Direzione regionale; altrimenti la Direzione centrale per l’impiego.

Articolo 26
Assistenza nel mercato del lavoro al lavoratore licenziato

        1. Tra l’impresa e il lavoratore che abbia compiuto il secondo anno di anzianità di servizio, computandosi anche l’eventuale rapporto a termine o di lavoro temporaneo tramite agenzia che abbia preceduto quello a tempo indeterminato, quando il lavoratore stesso abbia perso il posto in conseguenza di un licenziamento non disciplinare, oppure di un licenziamento disciplinare di cui sia stata accertata l’illegittimità in sede giudiziale cautelare o di merito e al quale non abbia fatto seguito la reintegrazione, si instaura un rapporto denominato contratto di ricollocazione, che prevede:
   a) l’erogazione a cura e spese del’impresa, per la parte non coperta da programmi statali o regionali, anche mediante un’agenzia terza, di un trattamento complementare per il periodo di disoccupazione effettiva e involontaria, tale che il trattamento complessivo ammonti al 90 per cento dell’ultima retribuzione per il primo anno, essendo la retribuzione di riferimento soggetta al limite massimo di 40.000 euro annui; qualora lo stato di disoccupazione effettiva e involontaria si protragga oltre il primo anno, l’ammontare complessivo del trattamento garantito al lavoratore si riduce all’80 per cento per il secondo e al 70 per cento per il terzo; il trattamento è condizionato all’assolvimento da parte del lavoratore degli obblighi di cui alle lettere d) ed e); la durata minima del trattamento di disoccupazione che deve essere garantita al lavoratore in istato di disoccupazione effettiva e involontaria è pari alla durata del rapporto di lavoro che lo ha preceduto, dedotto il primo biennio, con il limite di tre anni;
   b) l’erogazione di assistenza intensiva nella ricerca della nuova occupazione, programmata, strutturata e gestita secondo le migliori tecniche del settore;
   c) la predisposizione di iniziative di formazione o riqualificazione professionale mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle capacità del lavoratore;
   d) l’impegno del lavoratore a porsi a disposizione dell’organismo deputato all’erogazione del trattamento di cui alle lettere a), b) e c) per le iniziative da esso predisposte, secondo un orario settimanale corrispondente all’orario di lavoro praticato prima del licenziamento;
   e) l’assoggettamento dell’attività svolta dal lavoratore nella ricerca della nuova occupazione al potere direttivo e di controllo dell’organismo deputato all’erogazione del trattamento;
   f) la possibilità di sospensione delle prestazioni reciproche oggetto del contratto di ricollocazione, per la durata del rapporto di lavoro a termine o in prova in cui il lavoratore si impegni, con conseguente e corrispondente riduzione della durata complessiva residua delle prestazioni stesse.
      2. Al lavoratore dipendente che abbia superato il periodo di prova ma non il secondo anno di anzianità di servizio, quando abbia perso il posto nelle circostanze indicate al comma 1, deve essere offerto un contratto di ricollocazione che preveda quanto indicato allo stesso comma 1, eccettuata la prestazione di cui alla lettera a).
      3. ll lavoratore è libero di recedere dal contratto di ricollocazione, anche senza preavviso.
      4. L’impresa o l’agenzia deputata all’erogazione del trattamento di cui al comma 1 possono recedere dal contratto di ricollocazione soltanto quando sia cessato lo stato di disoccupazione effettiva e involontaria del lavoratore, oppure il lavoratore abbia rifiutato senza giustificato motivo un’opportunità di lavoro o un’iniziativa di formazione o riqualificazione professionale che gli siano state offerte a condizioni appropriate, secondo le circostanze, o comunque abbia commesso un grave inadempimento degli obblighi di cui alle lettere d) ed e) del comma 1.
      5. Le controversie relative alla stipulazione, all’esecuzione o alla risoluzione del contratto di ricollocazione sono di competenza del giudice del lavoro, secondo il rito di cui agli articoli 414 e seguenti del codice di procedura civile.
      6. Il costo medio gravante sui datori di lavoro o committenti per il trattamento di cui al comma 1, lettere b) e c), è sostenuto, direttamente o indirettamente, dalle Regioni secondo le modalità determinate dalle stesse.

 Articolo 27
Accantonamento per trattamento di fine rapporto o previdenza complementare

        1. Ogni lavoratore dipendente ha diritto all’accantonamento annuo, a carico del’impresa, di un importo pari alla retribuzione imponibile a fini previdenziali dovuta per l’anno stesso, divisa per 13,5.
        2. Salvo diversa previsione dei contratti collettivi, la retribuzione annua, ai fini dell’accantonamento di cui al comma 1, comprende tutte le somme e l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, con esclusione di quanto è corrisposto come indennità di trasferta o di rimborso spese a pie’ di lista.
        3. In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell’anno per una delle cause di cui agli articoli 16, 17 o 22, deve essere computato nella retribuzione di cui al primo comma l’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro.
        4. Al lavoratore è data la scelta, all’atto della costituzione del rapporto, circa la destinazione totale o parziale dell’accantonamento a un programma di previdenza complementare, secondo la disciplina vigente della materia, oppure a un trattamento di fine rapporto gestito direttamente dall’impresa. Quando il lavoratore abbia optato per la destinazione dell’accantonamento al trattamento di fine rapporto, deve essergli data l’opzione per la destinazione totale o parziale a un programma di previdenza complementare anche in costanza di rapporto.

 Articolo 28
Indennità in caso di morte

        1. In caso di morte del lavoratore dipendente, il trattamento di fine rapporto di cui all’articolo 27 e l’indennità di preavviso prevista dal comma 1 dell’articolo 25 devono essere corrisposti, divisi in parti uguali, al coniuge e ai figli; un terzo della somma complessiva è riservato ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo grado, se vivevano a carico del lavoratore.
        2. In mancanza delle persone di cui al comma 1, i cespiti ivi indicati sono attribuiti secondo le norme della successione legittima.
        3. Qualora il lavoratore deceduto avesse optato per la destinazione dell’accantonamento di cui all’articolo 27 a un programma di previdenza complementare, si applica quanto previsto nel detto programma.

 Articolo 29
Distacco del lavoratore

        1. Nel rispetto di quanto disposto dagli articoli 8 e 9, l’impresa può comandare il prestatore subordinato presso un’azienda di cui sia titolare un soggetto diverso, per un periodo determinato o determinabile con riferimento a un evento futuro e certo. In tal caso egli risponde in solido con il titolare dell’azienda fruitrice della prestazione lavorativa di tutti i diritti che maturino in capo al lavoratore durante il periodo di distacco.

 Articolo 30
Patto di non concorrenza

        1. Il patto con il quale si limita lo svolgimento dell’attività del lavoratore dipendente per il tempo successivo alla cessazione del contratto è nullo se non risulta da atto scritto, se non è pattuito a favore del lavoratore un corrispettivo commisurato al sacrificio professionale prevedibile come conseguenza della pattuizione, e se il vincolo non è contenuto entro limiti determinati di oggetto e di tempo. La durata del vincolo non può superare i tre anni.

Sezione III – Disciplina speciale dei rapporti di lavoro e formazione

Articolo 31
Apprendistato

        1. Il contratto di apprendistato è il contratto di lavoro in forza del quale una persona si obbliga alla prestazione lavorativa dipendente nei confronti del titolare di un’azienda, il quale si obbliga, oltre che alla retribuzione, alla prestazione di formazione e addestramento alle mansioni specifiche, in funzione del conseguimento da parte del prestatore di una determinata qualifica professionale o dell’effettuazione da parte sua di un percorso di alta formazione.
        2. Il contratto deve essere stipulato in forma scritta e contenere l’indicazione precisa del programma di formazione, nonché della sua durata.
       3. Al termine del programma di formazione l’impresa è tenuta a comunicare al dipendente in forma scritta l’esito del programma stesso.
       4. Nel corso del programma di formazione, ciascuna delle parti può recedere dal rapporto a norma degli articoli 2117, 2118 e 2119. Se nessuna delle parti esercita la facoltà di recesso, al termine del programma di formazione il rapporto prosegue come rapporto di lavoro ordinario. In tal caso il lavoratore ha diritto all’inquadramento corrispondente alla qualifica prevista nel contratto, salvo che il programma di formazione abbia dato esito negativo.
       5. Il programma di formazione oggetto del contratto di apprendistato può essere mirato:
   a) al conseguimento da parte del lavoratore di una qualifica professionale;
   b) a un percorso di alta formazione, con o senza conseguimento da parte del lavoratore di un diploma di istruzione superiore.
       6. L’apprendista deve essere assegnato a un lavoratore qualificato o specializzato operante stabilmente nell’azienda, cui compete la funzione di tutor. Il numero degli apprendisti non può superare quello dei lavoratori qualificati o specializzati operanti nell’azienda. Nell’impresa artigiana limiti diversi possono essere stabiliti dalla contrattazione collettiva.
      7. Alla determinazione della durata minima e massima del periodo di apprendistato e alla regolamentazione del suo contenuto formativo provvede la Regione. All’apprendista deve essere consentito di frequentare i corsi di formazione professionale previsti nel programma e devono essere assegnate in prevalenza mansioni attinenti al programma stesso.
     8. Quando il trattamento economico dell’apprendista non sia disciplinato da un contratto collettivo, esso viene determinato tenendosi conto del minor rendimento dell’apprendista e dei costi aziendali per la formazione e addestramento.

 Articolo 32
Stage di formazione e orientamento in azienda

        1. Durante il periodo di frequenza di corsi di istruzione media superiore o universitaria, nonché entro un anno dal conseguimento del diploma relativo a tali corsi, il giovane può stipulare con il proprio istituto scolastico o universitario, o centro di formazione professionale, e con il titolare dell’impresa il contratto di stage finalizzato all’orientamento e alla formazione professionale.
        2. Il contratto di stage impegna l’impresa ad accogliere il giovane assegnandogli una o più mansioni coerenti con la finalità di orientamento e formazione indicate nel contratto stesso, in affiancamento a un lavoratore qualificato o specializzato operante stabilmente nell’azienda, cui compete la funzione di tutor aziendale. Impegna il giovane a svolgere il lavoro assegnatogli secondo le direttive ricevute e con la diligenza esigibile, tenuto conto del suo difetto di esperienza professionale. Impegna l’istituto scolastico o universitario, o centro di formazione professionale, a farsi carico dell’assicurazione antinfortunistica, salvo che se ne faccia carico l’azienda, e ad affidare a un docente o istruttore la funzione di controllo circa l’effettività del contenuto formativo dello stage e assistenza al giovane nell’inserimento in azienda.
        3. Il contratto di stage non può durare più di tre mesi, quando ha per oggetto l’esperienza di mansioni prevalentemente manuali o meramente esecutive; non può durare più di sei mesi quando ha per oggetto l’esperienza di mansioni di concetto. Il contratto è rinnovabile o prorogabile soltanto nel rispetto di questi limiti di durata complessiva.
        4. Il contratto di stage può essere altresì stipulato da persona portatrice di menomazione fisica, psichica o sensoriale, o da handicap sociale, assistita da un centro di riabilitazione per disabili o di assistenza sociale, in funzione del suo inserimento nel tessuto produttivo. In tal caso, fino a che dura la menomazione, non si applica il divieto di proroga o rinnovo del contratto.
        5. Il contratto può prevedere che non sia corrisposta allo stagista alcuna retribuzione solo quando la sua durata sia pari o inferiore a due mesi, o esso sia inserito in un programma di alternanza scuola-lavoro. Negli altri casi deve essere corrisposta allo stagista una indennità non inferiore al 30 per cento del minimo retributivo tabellare previsto dal contratto collettivo applicabile. Alla stipulazione del contratto può partecipare anche un soggetto terzo, il quale si impegna a corrispondere all’impresa, in tutto o in parte, il costo della retribuzione dello stagista.

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