IL SISTEMA ELETTORALE A COLLEGIO UNINOMINALE, MA CON POSSIBILITÀ PER L’ELETTORE DI ESPRIMERE ANCHE UNA SECONDA SCELTA, È PROBABILMENTE L’UNICO SUL QUALE SI PUÒ TROVARE UN COMPROMESSO DI BUONA QUALITÀ, ACCETTABILE SIA PER I DUE PARTITI MAGGIORI, SIA PER IL TERZO POLO
Fondo di Angelo Panebianco pubblicato sul Corriere della Sera del 9 ottobre 2011 – In tema v. anche il mio editoriale per la Newsletter n. 170
Il successo della raccolta delle firme per il referendum abrogativo ha riaperto i giochi intorno alla legge elettorale. Nessuna decisione, naturalmente, verrà presa prima del gennaio prossimo, prima della sentenza della Corte costituzionale sull’ammissibilità del referendum. Se la sentenza sarà a favore dell’ammissibilità resteranno alla classe politica poche settimane per decidere il da farsi: andare al referendum, chiedere al presidente della Repubblica le elezioni anticipate o varare una nuova legge elettorale. Anche se la decisione, quale che sia, maturerà solo allora, conviene discuterne fin da adesso. Perché i termini del problema siano chiari a tutti.
Sappiamo che al governo non conviene il referendum: l’insofferenza per l’attuale sistema elettorale è talmente diffusa nel Paese che la vittoria del «sì» sarebbe molto probabile. E sarebbe un’altra sberla (forse definitiva) per il governo e la maggioranza, arroccati nella difesa dell’indifendibile. Dunque, la vera scelta sarà fra elezioni anticipate (ammesso che il presidente della Repubblica le conceda) e una nuova legge elettorale. Poniamo che, ritenendo probabile una sconfitta, la maggioranza scarti l’opzione delle elezioni anticipate. Verso quale legge elettorale dovrebbe allora orientarsi?
Il segretario del Pdl Alfano ha tentato, proprio sulla riforma elettorale, ma fin qui senza successo, di «agganciare» l’Udc di Casini. Anche in vista di una alleanza politica che il Pdl giudica vitale per le proprie sorti future. Solo che arrivare a un accordo fra Pdl e Udc è come quadrare il cerchio. Il Pdl deve salvare il bipolarismo, l’Udc deve farlo saltare. Come superare l’ostacolo? È sufficiente reintrodurre le preferenze? No, non scongiurerebbe il referendum e inoltre (come ha osservato Roberto D’Alimonte, Il Sole 24 Ore del 4 ottobre) non soddisferebbe Casini che ha bisogno, per mettere in soffitta il bipolarismo, di eliminare il premio di maggioranza. Men che mai ha senso proporre il «sistema spagnolo» (proporzionale con collegi piccoli che penalizzano le forze intermedie) perché anche questa soluzione è inaccettabile per Casini (e per la Lega).
Come uscirne? Consiglierei ad Alfano e a Casini di leggere con attenzione la proposta di legge presentata il 30 luglio del 2010 dal senatore Stefano Ceccanti (del Pd). Ho avuto già occasione di parlarne ai lettori del Corriere (il 12 ottobre del 2010). Quella proposta prefigura una variante del sistema elettorale australiano: è un sistema maggioritario, con collegi uninominali, e si vota in un solo turno. Come in Gran Bretagna. Ma c’è una decisiva differenza: l’elettore ha a sua disposizione due voti, una prima scelta e una seconda scelta. In altri termini l’elettore, dopo avere votato per il candidato del partito con cui si identifica, può spendere un secondo voto per il candidato di un altro partito. Combina aspetti del maggioritario a un turno (britannico) e del doppio turno (francese). Salvaguarda il bipolarismo perché incentiva le alleanze prima del voto: solo se il partito A si allea col partito B può sperare di ottenere, sommandole, le prime scelte dei propri elettori e le seconde scelte (di una parte almeno) degli elettori del partito B. Al tempo stesso, proprio come nel sistema francese, è un meccanismo che non penalizza i partiti di medie dimensioni. Non li stritola come invece tende a fare il sistema britannico. Possiamo chiamarlo maggioritario con doppio voto.
Per convergere su tale proposta sia il Pdl che l’Udc dovrebbero rinunciare a qualcosa: il Pdl dovrebbe mettere da parte la sua ostilità per i collegi uninominali (che verrebbero comunque reintrodotti in caso di vittoria dei «sì» al referendum). Casini, a sua volta, dovrebbe rinunciare alla proporzionale e al connesso sogno di ereditare i consensi in uscita da un Pdl rassegnato alla disgregazione dopo il ritiro di Berlusconi. Il sogno di Casini potrebbe avere senso solo se i tacchini risultassero felici per l’avvicinarsi del Natale, solo se il Pdl mostrasse una gran voglia di suicidarsi. Ma se così non fosse, allora Casini dovrebbe rivedere le sue posizioni e cercare una soluzione comunque buona per lui. Il sistema qui indicato non dovrebbe affatto sfavorirlo.
Anche la Lega di Bossi non dovrebbe avere obiezioni. Il maggioritario con doppio voto incentiva le alleanze competitive: al Nord continuerebbe quindi ad esserci l’alleanza competitiva del passato fra Pdl e Lega. Infine, il Partito democratico: perché dovrebbe opporsi a una soluzione che gli garantisce la centralità a sinistra?
Qualcuno ha avanzato l’obiezione secondo cui il sistema elettorale qui prospettato sarebbe «astruso». È un’obiezione ridicola. Che cosa c’è di più astruso dell’attuale legge elettorale? E non è forse astruso il cosiddetto «sistema ungherese» proposto da Bersani? Anche il maggioritario con quota proporzionale che verrebbe reintrodotto se vincessero i «sì» al referendum (e che è comunque, secondo me, di gran lunga preferibile all’attuale legge), quanto ad astruserie non scherzava: qualcuno ricorda il famigerato «scorporo», la formula inventata per annacquare in senso proporzionale gli effetti del maggioritario? Nessun adulto che non abbia una preparazione specifica può capire davvero come funzionano i suddetti sistemi elettorali. Ma può comprendere subito il funzionamento di un maggioritario che lascia all’elettore la facoltà di dare due voti.
In omaggio a un’antica tradizione che negli ultimi tempi si va un po’ appannando, e che consiste nel pensare prima di parlare, sarebbe utile se i protagonisti della politica ci ragionassero sopra un po’ prima di negare che questo sistema possa servire al Paese. E forse anche a loro.