FUORI DEL SISTEMA CONFEDERALE NON È DATA ATTUALMENTE ALCUNA POSSIBILITÀ DI CONTRATTAZIONE IN DEROGA: USCENDO DALLA CONFEDERAZIONE, DUNQUE, LA FIAT RISCHIA DI VEDERE RIDOTTI I PROPRI SPAZI DI NEGOZIAZIONE
Dichiarazione rilasciata all’agenzia TM News il 3 ottobre 2011 – In argomento v. anche la mia intervista all’Agenzia Adn Kronos dello stesso giorno e la lettera di Sergio Marchionne a Emma Marcegaglia del 30 settembre 2011
La Fiat motiva la propria prossima uscita da Confindustria con l’intesa integrativa del 21 settembre scorso della stessa Confindustria con Cgil, Cisl e Uil, che avrebbe “svuotato” l’articolo 8 del decreto di Ferragosto, ristabilendo i limiti alla contrattazione aziendale posti dall’accordo interconfederale del 28 giugno. Ma in realtà è lo stesso articolo 8 del decreto, nella versione definitiva uscita dalla legge di conversione, che dice quello che sta scritto in quell’intesa integrativa: ovvero che gli accordi aziendali devono essere stipulati nel rispetto delle disposizioni contenute negli accordi interconfederali, e di quello del 28 giugno in particolare. E che a stipularli possono essere soltanto aziende e sindacati che si collochino in quel sistema interconfederale. Dunque l’intesa del 21 settembre, a ben vedere, non depotenzia la nuova norma legislativa, ma ribadisce ciò che è scritto nel suo primo comma.
L’articolo 8 è depotenziato, semmai da alcuni suoi gravi difetti di formulazione, che ne fanno una base poco sicura su cui fondare un piano industriale serio. L’unico modo per evitare i rischi derivanti da questi difetti, finché non verranno corretti, è restare ben ancorati all’accordo interconfederale. D’altra parte, l’accordo interconfederale al punto 3 riconosce espressamente che la contrattazione collettiva aziendale si esercita, oltre che “per le materie delegate, in tutto o in parte, dal contratto nazionale”, anche per quelle delegate “dalla legge”. Attenersi all’accordo del 28 giugno, dunque, non impedisce affatto di cogliere la parte buona delle opportunità che l’articolo 8 offre al sistema delle relazioni industriali, anche in termini di sostituzione della vecchia disciplina legislativa con disposizioni nuove, più semplici e allineate con le migliori esperienze straniere; ma consente di cogliere questa opportunità con maggiore certezza di tenuta dell’accordo aziendale.
Nella scelta di uscire da Confindustria vedo, semmai, il rischio per la Fiat di vedere ridotta l’ampiezza della propria libertà contrattuale al livello aziendale. Fuori del sistema interconfederale, infatti, quelle possibilità di contrattazione in deroga non sono date.
Va però anche detto che il principio del pluralismo sindacale, nel nostro sistema costituzionale, non vale solo per i lavoratori: vale anche per gli imprenditori. E questo principio mira a consentire il confronto e la competizione tra strategie e modelli di relazioni sindacali diversi. Ora nessuno può prevedere con sicurezza che cosa accadrà dopo l’uscita della Fiat da Confindustria; potrebbe anche non accadere nulla di davvero rilevante. Ma il pluralismo serve proprio a questo: consentire che accada anche ciò che non è previsto. A ben vedere, anche lo stesso accordo interconfederale del 28 giugno non sarebbe stato possibile, senza lo strappo costituito dagli accordi di Pomigliano e di Mirafiori dell’anno precedente. Dunque, non drammatizziamo questo nuovo strappo e limitiamoci a osservare, pragmaticamente, che cosa produrrà, per trarne se possibile qualche insegnamento per il futuro.