11 aprile 2008
Caro Professore,
a 4 giorni dal voto sono indecisa: salvo me o mio figlio? Mi aiuti.
Io: dipendente pubblica a 1150 euro al mese, senza speranze di pensione, a contatto giornaliero con i nullafacenti che lei conosce bene e con i sindacati-sindacalisti che li proteggono.
Mio figlio: alcuni anni fa, quando ne aveva 30, ha fatto (con entusiasmo e benedicendo la fortuna) l’operatore in un call center a 60 km da casa.
Quando quel call center ha chiuso, per disperazione, indebitandoci tutti, senza sapere se avrebbe funzionato, si è inventato un lavoro attivando a sua volta, con altri due ragazzi, dei piccoli call center. Dopo tanti sacrifici e tante incertezze oggi si può dire che vanno bene. Ha 150 dipendenti a progetto più 20 dipendenti con contratto a tempo indeterminato. I lavoratori a progetto sono dei ragazzi che non hanno un titolo di studio o conoscenze particolari, e signore che, per diversi motivi, sono fuori dal mercato del lavoro.
CALL CENTER – PRECARI e PUBBLICI DIPENDENTI
Chi sono i precari? Sono solo i dipendenti dei famigerati call center?
Valeria, la dolcissima ragazza che ogni mattina mi prepara il caffè al bar, che prende servizio alle 6,30 del mattino, che ha uno stipendio in nero di 300 euro al mese, non ha ferie né assicurazione e fa anche pulizie del locale, cosa è? Di dolcissime Valerie è piena l’Italia, sono sempre esistite ma sono invisibili, oggi hanno visibilità solo gli operatori dei call center.
Qualcuno, sfruttando la corrente e speculando sull’argomento che fa presa su un pubblico che non ne conosce la realtà, ci scrive il libro, qualcuno ci fa il film di cassetta. A proposito del film vorrei chiedere al signor Virzì di fare un film sui dipendenti della pubblica amministrazione, il materiale glielo fornisco io:
1. signore che vanno a fare la spesa, dalla parrucchiera, al cimitero (persino!) a porre i fiori sulla tomba del marito defunto…tutto durante le ore di servizio regolarmente timbrato;
2. signori promossi a responsabili di servizio che hanno la terza media (alla faccia della mia laurea), tra l’altro di servizi per i quali la legge prevede il possesso della laurea (vedi URP);
3. quelli che vincono il concorso interno (con un tema che viene valutato 8/10) ma che non sanno scrivere una lettera.
Che vuole professore, a me lascia perplessa il fatto che all’improvviso uno diventi capace di disquisire su un argomento in maniera quasi eccellente ma in altre circostanze non conosca le più elementari regole grammaticali. Che lo avesse già pronto magari preparato dal dirigente che lo ha promosso? Penso, però, che il signor Virzì non avrebbe mai l’ardire di affrontare l’argomento perché entrerebbe in un campo troppo protetto e tutelato. Allora non potrebbe andare in televisione a ridacchiare e prendere in giro delle persone che lavorano seriamente per guadagnare qualcosa, perché non lo ospiterebbe nessuno.
Il signor Virzì ha descritto un call center che rappresenta un caso limite di un mondo nel quale operano anche moltissime persone serie. Persone che hanno la colpa di offrire l’opportunità, a persone non qualificate, di guadagnare qualcosa in attesa di un lavoro sicuro come il mio. Non hanno la pretesa di reclutare persone laureate, plurilingue, insomma dei cervelli particolari, tanto per intenderci.
Nei call center che conosco io non ci sono ridicoli inni iniziatici, né umiliazioni verbali, ci sono degli ambienti molto confortevoli con arredi colorati, aria condizionata, saletta per ricreazione con frigo e forno a microonde.
Però, però… ai dipendenti viene chiesto di produrre! Già, produrre! Parola sconosciuta nella PA.
Cosa ci sia, in questo, di tanto assurdo io non lo capisco. Sembra una cosa scandalosa, una nuova forma di schiavismo legalizzato, io auspico, invece, che questo venga introdotto anche nella pubblica amministrazione.
Sissignori! Pagati a produttività e licenziabili. Mi chiedo perché un dipendente che non fa nulla tutto il giorno debba essere pagato come me, avere lo stesso premio di produttività, e dei diritti che, caschi pure il mondo, niente può mettere a rischio? Solo lei ha sostenuto che il lavoro del singolo dipendente si può pesare; i sindacalisti e i dirigenti che danno i premi a pioggia ci ridono sopra .
Avrei tante cose da dire ma mi fermo qui.
Mio figlio è sottoposto ad attacchi terroristici da parte dei rappresentanti sindacali. Questi sobillano i ragazzi con argomenti che non rispondono alla realtà incitandoli alla rivendicazione di diritti che la disciplina normativa non riconosce loro. Ecco quindi la sua convinzione che solo Berlusconi assicura la continuità di lavoro a lui e i suoi ragazzi, mentre io vorrei convincerlo che Veltroni non può porre fine a tutto questo e che se lei sarà il Ministro del Lavoro si impegnerà a mettere ordine al suo mondo e al mio.
Che fare? Domenica andrò a votare ma non so ancora dove porrò quella croce: destra, sinistra o a tutta scheda?
Mi permetta di inviarle un affettuoso abbraccio, professore, con tutta la mia riconoscenza per aver difeso il mio lavoro.
P. A.
Mi propongo di costruire un’Italia nella quale in tutte le amministrazioni pubbliche ogni dipendente – dal dirigente all’ultimo degli impiegati – sia effettivamente responsabile dell’efficienza e della produttività del segmento di attività che gli è affidato; per questo occorre rompere il circolo vizioso dell’irresponsabilità che attanaglia tanta parte del nostro settore pubblico. Un’Italia nella quale qualsiasi giovane – ma anche qualsiasi cinquantenne – possa essere assunto da un call center con lo stesso costo oggi necessario per il “lavoro a progetto”, ma con un rapporto a tempo indeterminato, senza che questo significhi diventare inamovibile (il come è spiegato nella sezione dove espongo le mie proposte). La speranza, signora, è che in questa Italia possano lavorare bene sia lei, sia suo figlio, sia tutti i suoi dipendenti; ed è proprio per garantire questo che il Partito Democratico si propone di voltar pagina – in materia di politiche del lavoro – sia rispetto agli errori della vecchia sinistra, sia rispetto all’immobilismo della destra.
p.i.