UN COLLOQUIO SULL’INSEDIAMENTO DELLA MIA FAMIGLIA MATERNA IN VERSILIA CENTO ANNI FA E SU QUALCHE MEMORIA DELLE VACANZE PASSATE QUI DA RAGAZZINO
Intervista a cura di Edoardo Lusena, pubblicata sul Corriere Fiorentino, dorso toscano del Corriere della Sera, il 30 agosto 2011
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«“Mamma, stanno dipingendo la nostra cabina” mi disse allarmato Pietro a 8 anni, quasi come se ce la stessero rubando». Ricordi di una madre che sfoglia l’album delle foto più care. Il pittore era Ardengo Soffici, il figlio Pietro Ichino, giuslavorista e senatore Pd: da sempre trascorre le vacanze nella casa di famiglia tra il Forte dei Marmi e Vittoria Apuana. «Il mio bisnonno , Giovanni Battista Pellizzi – racconta – era psichiatra a Pisa e aveva sposato una Sarteschi di Carrara che aveva una casa di villeggiatura alla Partaccia, oggi frazione di Marina di Massa.
Venne il momento in cui pensarono di fare una casa propria qui: alla vigilia della guerra del ′15-18 – secondo la leggenda familiare – scelsero questo punto della lunga spiaggia vuota per ragioni panoramiche: perchè da qui si vede il maggior numero di vette delle Apuane e in particolare il monte Forato».
Professore, il suo primo ricordo versiliese e quello più caro legato a questi luoghi.
Il primo è quello della spiaggia, completamente libera con le tende rettangolari oblique, il più caro è forse quello della prima volta in cui feci il giro dei passi del Cipollaio e del Vestito con mio padre. Avevo 11 anni e con la bicicletta che mi era stata appena regalata seguivo lui con la sua che, al contrario della mia, aveva il cambio. Molti ricordi sono legati alla famiglia anche perchè questo è il luogo in cui si ritrovano, nei mesi estivi, tutti i cugini con i loro consorti, e i nipoti, sparsi per il mondo.
Cosa rende la Versilia così unica?
Intanto il mare e i monti: per me è più villeggiatura di montagna che di mare ma con la caratteristica eccezionale che al ritorno delle gite ci si può tuffare in acqua. Anche il suo retroterra con la Garfagnana, la Lunigiana, la Lucchesia, così ricco di significati e di eventi, di uno spessore storico unico. Non credo esista altra spiaggia che abbia alle spalle quello che c’è qui. Qui ho conosciuto personaggi come Pietro del Giudice, domenicano di Firenze poi capo dei partigiani delle Apuane. O ancora Agostino Bartolucci, vecchio della zona di Cardoso che vide uccidere per mano tedesca con una granata il nonno a Collemezzana, nel bosco sotto la Pania. Insomma non sono solo sentieri e pareti.
Com’è nata la sua passione per l’esplorazione e la bicicletta?
Per noi ragazzini negli anni ′50 la bici era un grande momento di autonomia: ci consentiva di allontanarci da soli. Poi c’era l’ebbrezza della velocità nelle discese. Certo, tecnicamente le bici erano diverse da adesso: in gita poteva capitare più spesso di forare, o di rompere la catena o i freni. C’era il Mauro – lo storico ciclaio di Vittoria Apuana – che ci riforniva dei materiali e c’insegnava a riparare le bici da noi, contro il suo interesse.
Per anni ha raccolto impressioni e itinerari nella rubrica «Il gitario» su Versilia Oggi. Qual è, tra tutti, il suo percorso preferito?
É la salita all’Altissimo: si arriva al Pasquilio in bici (800 metri), poi da lì si prende il sentiero 33 che porta alla foce del Pitone, al passo degli Uncini e arriva in vetta all’Altissimo per la cresta Ovest (1590 sul livello del mare). É uno dei più spettacolari, dal punto di vista panoramico. S’impiegano circa 5 o 6 ore a salire e circa 3 al ritorno. Non presenta difficoltà tecniche, fatta eccezione per qualche piccolo passaggio sulla cresta. Non è comunque necessaria una attrezzatura particolare, salve le scarpe da montagna, ovviamente.
Gli industriali del vicino bagno Piero, guardano all’autunno con preoccupazione. «Il peggio deve venire», dicono. Dal Senato come vede l’orizzonte?
Siamo in una situazione di grandissima incertezza, la gamma di eventi possibili nel prossimo futuro è molto ampia. Dipende da noi restringere quella negativa, con scelte che però credo dovrebbero essere molto diverse da quelle che stiamo facendo. Non meno rigorose, anzi anche di più; ma mirate ed incisive. Da questo punto di vista la riforma Brunetta delle amministrazioni pubbliche ha fallito in modo clamoroso. Sono comunque tendenzialmente ottimista: anche una crisi grave come questa ha i suoi aspetti positivi, costringe a ristrutturare società e istituzioni, ma occorrerebbe un’autorevolezza che il ceto politico oggi non ha.
Alla riapertura del Senato, dopo la polemica estiva, troverà un menu della Buvette con prezzi allineati al mercato.
Bene anche così; ma non consideravo il servizio di ristorante di Palazzo Madama un privilegio ingiustificato: serve quasi esclusivamente ai parlamentari non romani, e tutte le aziende che inviano un dirigente in trasferta gli rimborsano i pasti al ristorante. Al Senato costa meno offrire direttamente il servizio in casa propria ai senatori che vengono da fuori, come accade nei Parlamenti di tutti i Paesi maggiori. Anche l’indennità parlamentare, di 120 mila euro l’anno, non mi sembra superiore rispetto allo stipendio di un dirigente medio. Da che sono senatore ho avuto una netta perdita di reddito rispetto a quello che avevo in precedenza, come professore a tempo definito e avvocato. Sono altri gli sprechi e i privilegi scandalosi, su cui avrei preferito si concentrassero le misure di correzione: tra questi il vitalizio dei parlamentari. Le misure più efficaci di riduzione dei costi della politica sono comunque il dimezzamento dei parlamentari e dei consiglieri regionali e la soppressione dei consigli provinciali: sono contento di vedere che sono state inserite nell’ultima versione della manovra.