CORRIERE DELLA SERA: RENZI E I FANTOZZI DI PALAZZO VECCHIO

IL SINDACO DI FIRENZE FA BENISSIMO A CRITICARE I PROPRI DIPENDENTI CHE TIRANO A CAMPARE, MA DOVREBBE ANCHE ATTIVARE UNA STRATEGIA DI RIFORMA DELL’AMMINISTRAZIONE CITTADINA FONDATA SULLA TRASPARENZA TOTALE E SULLA VALUTAZIONE RIGOROSA DEI DIRIGENTI

Intervista a cura di Edoardo Lusena, pubblicata sul Corriere di Firenze il 21 luglio 2011

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Professor Ichino, come commenta sul piano generale le dichiarazioni del sindaco Renzi sui dipendenti comunali?
A me sembra che Renzi abbia denunciato un certo modo di concepire e vivere il ruolo dell’impiegato pubblico, che tutti ben conosciamo, ma si sia ben guardato dal dire che tutti i dipendenti del Comune di Firenze si comportano in quel modo. Anzi, ha precisato il contrario.

Il rottamatore fiorentino è noto per le sue provocazioni, Lei ritiene che sia possibile svecchiare anche il linguaggio delle relazioni sindacali?
Per ridare orgoglio e prestigio alla funzione pubblica, più che svecchiare il linguaggio occorre che la dirigenza pubblica si riappropri delle proprie prerogative manageriali e le eserciti fino in fondo. Questo dovrebbe essere il primo impegno del sindaco.

Come?
É indispensabile che a ogni dirigente si fissino degli obiettivi specifici e misurabili. Poi occorre che ogni dirigente sia valutato in base a questi obbiettivi, e rimosso se non è in grado di raggiungerli. Sarebbe necessario anche un altro passaggio fondamentale, su cui Renzi dovrebbe impegnarsi. Ma la cosa più importante è la trasparenza totale.

Che cosa significa?
L’anno scorso il Codice della privacy è stato emendato proprio per consentire che tutti i dati inerenti allo svolgimento dei rapporti di lavoro pubblici siano accessibili on line; ma la norma non è attuata. Renzi potrebbe partire da lì: la full disclosure, che nei Paesi anglosassoni ha dato risultati eccellenti, mettendo il fiato dell’opinione pubblica sul collo della dirigenza.

Nella stessa intervista Renzi dichiara anche che l’organizzazione più lontana dalla sua generazione è il sindacato, reo di rappresentare ormai oltre il 50% di pensionati. Cosa ne pensa?
I giovani oggi sono di fatto quasi del tutto esclusi dalla cittadella del lavoro regolare e stabile, protetto dal sindacato. È naturale, dunque, che il sindacato non li rappresenti ed essi non se ne sentano rappresentati. Il problema è che anche la politica stenta a rappresentarli. Anche per questo il regime di apartheid tra protetti e non protetti nel mercato del lavoro è duro a morire.

Per superare i veti, ultimo esempio le pedonalizzazioni estese nel centro della città, Renzi ha azzerato la concertazione. Ma la politica non dovrebbe essere l’arte di armonizzare le diverse posizioni tra loro?
Armonizzare, mediare tra interessi contrapposti, sì. Il fatto è che in Italia concertazione qualche volta ha significato riconoscere a una o più parti un potere di veto. La buona politica deve comunque saper dare voce anche agli interessi non organizzati, che non hanno voce ai tavoli della concertazione, ma sovente sono quelli della maggioranza dei cittadini.

Brunetta loda Renzi, la Cisl lo bolla come populista, ma il sindaco fiorentino è comunque un amministratore del Pd. Lei giudica la sua posizione in linea con quella del partito?
Brunetta farebbe meglio a occuparsi della sua legge, che è stata totalmente svuotata e paralizzata, anche per effetto dell’accordo che lui stesso ha stipulato con i sindacati nel febbraio scorso. Quanto al Pd, peccherei di faziosità se dicessi che si è del tutto emancipato dalla sudditanza nei confronti dei sindacati della funzione pubblica. Stentiamo a renderci conto del fatto che questi sindacati rappresentano l’interesse di tre milioni di persone, mentre il partito deve proporsi di rappresentare l’interesse di sessanta milioni.

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