LA VICENDA DELLA PROCLAMATA MA SUBITO RIENTRATA “ABOLIZIONE DEGLI ORDINI PROFESSIONALI”: QUANDO LA POLITICA DELL’ANNUNCIO SI RIDUCE A PURA IMPROVVISAZIONE E CADE NEL RIDICOLO
Editoriale per la Newsletter n. 161, 18 luglio 2011 – In argomento v. anche l’editoriale per la Newsletter n. 146, del 4 aprile scorso, Frustate liberalizzatrici e pesci d’aprile
Stando all’annuncio del Governo di lunedì scorso, pareva che gli ordini professionali, o quanto meno gli esami di stato per accedere alle rispettive attività, avessero le ore contate. Ma nella manovra approvata giovedì dal Senato e venerdì dalla Camera di questa svolta clamorosa non è rimasto nulla. Un ennesimo episodio della “politica dell’annuncio”.
Il vantaggio della politica dell’annuncio, per chi la pratica, sta in questo: che non occorre un gran lavoro, basta che l’annuncio suoni bene. Non occorre neanche preoccuparsi della sua coerenza con quel che si è detto o fatto in altre occasioni. Così, il 31 gennaio scorso il Governo ha potuto permettersi di lanciare improvvisamente la parola d’ordine della “frustata liberalizzatrice”, prospettando addirittura una modifica in tal senso dell’articolo 41 della Costituzione, dopo due anni in cui si sono conservate o varate ex novo soltanto misure anticoncorrenziali in tutti i settori, da quello della distribuzione del gas ai servizi aeroportuali, dalle poste ai farmaci da banco, all’editoria libraria. E già pochi giorni dopo quell’annuncio Governo e maggioranza hanno potuto tornare al loro piccolo cabotaggio protezionistico, in difesa dell’italianità di Parmalat contro il perfido straniero. Che importa? All’occorrenza, rinnovare l’annuncio di una frustata liberalizzatrice non costa nulla.
Questo, infatti, è quanto è accaduto ora in occasione di questa manovra finanziaria. Dal Fondo Monetario Internazionale e dall’Unione Europea viene una pressante raccomandazione all’Italia affinché, oltre a sistemare i conti pubblici, essa rimetta in moto la propria economia liberandola dai mille vincoli corporativi e conseguenti rendite di posizione che la appesantiscono. Per rassicurare i mercati, il Governo deve dare un segnale in questo senso. Come si fa? Ovvio: si “annuncia”. E questa volta, per dare maggiore concretezza alla cosa, si annuncia niente meno che l’abolizione degli ordini professionali. Ma come? Dopo che la maggioranza ha condotto in Senato per un anno intero una battaglia senza quartiere per una riforma dell’avvocatura tutta sotto il segno della massima chiusura corporativa, presentandola come modello per la riforma degli altri ordinamenti professionali? Acqua passata. Oggi il Governo non guarda in faccia nessuno e dichiara di voler abolire anche l’esame per l’accesso alla professione! Questo, dunque, l’annuncio di lunedì scorso. Naturalmente si scatena il finimondo: la maggioranza è scossa dall’ondata delle proteste di tutti gli ordini e gli albi minacciati dallo tsunami.
Un mercato concorrenziale allo stato di natura non esiste; e non lo si ottiene quasi mai a colpi di accetta, cioè soltanto abrogando questa o quella legge: occorre costruirlo con sapienza e pazienza. Ma non è per discutere di questo che mercoledì la Commissione Bilancio del Senato è rimasta bloccata quattro ore. Né si pensi a un gruppo di senatori asserragliato con il ministro dell’Economia in difesa della drastica sterzata annunciata due giorni prima: il ministro in Commissione non si fa neanche vedere, e i senatori della maggioranza, ben convinti fin dall’inizio della seduta della necessità di disattendere totalmente l’annuncio governativo di due giorni prima , sono impegnati soltanto a discutere sul come riempire, nella finanziaria, lo spazio rimasto vuoto alla voce “liberalizzazioni”. Perché il bello della politica dell’annuncio sta in questo: con la stessa rapidità e disinvoltura con cui lo si confeziona, l’annuncio medesimo lo si può svuotare. Infatti anche in questo caso la frustata liberalizzatrice si trasforma in uno sberleffo. Ecco come se la cavano i nostri liberalizzatori (articolo 29, comma 1-bis del testo approvato giovedì dal Senato): “Al fine di incrementare il tasso di crescita dell’economia nazionale, ferme restando le categorie di cui all’articolo 33, quinto comma, della Costituzione, sentita l’Alta Commissione di cui al comma 2, il Governo formulerà alle categorie interessate proposte di riforma in materia di liberalizzazione dei servizi e delle attività economiche”.
Avete letto bene: al fine di incrementare il tasso di crescita dell’economia nazionale … il Governo formulerà alle categorie interessate proposte di riforma in materia di liberalizzazione. Che sferzata tonificante! Così spronato a sangue, il tasso di crescita avrà certamente un’impennata.