GIORNALETTISMO: LE PROPOSTE DEL PD E IL PROGETTO FLEXSECURITY

NESSUN CONTRASTO: LE MISURE CONTRO IL DUALISMO DEL MERCATO DEL LAVORO EMERSE DALL’ASSEMBLEA PROGRAMMATICA DI GENOVA POTREBBERO CONSIDERARSI COME IL PRIMO PASSO DI UNA AZIONE DI PIÙ AMPIO RESPIRO

Intervista pubblicata sul sito Giornalettismo il 1° luglio 2011, a cura di Andrea Mollica, responsabile dei giovani Pd della provincia di Varese

La precarietà in Italia da cosa è determinata principalmente secondo la sua analisi?
È determinata soprattutto da due fattori. Per un verso dall’indebolimento ulteriore della parte già debole dei lavoratori per effetto della concorrenza dei lavoratori dei Paesi emergenti. Per l’altro verso dall’invecchiamento del nostro diritto del lavoro rispetto all’evoluzione rapida del tessuto produttivo: la protezione statica dei posti di lavoro regolari, in una situazione in cui il ritmo del cambiamento è sempre più rapido, fa sì che le imprese cerchino la flessibilità di cui hanno bisogno attraverso la fuga dal diritto del lavoro.

Quali sono i principali punti programmatici del Pd per contrastare la precarietà?
Dall’Assemblea di Genova su lavoro e relazioni industriali è uscito un documento articolato in otto punti, di cui uno dedicato al superamento del dualismo nel mercato del lavoro. Qui le due misure principali sono costituite: a) dalla parificazione della contribuzione previdenziale per gli iscritti alla Gestione separata dell’Inps, quindi soprattutto per i collaboratori autonomi, rispetto agli iscritti al Fondo Lavoratori Dipendenti; b) da un rilancio dell’apprendistato, coniugato con incentivi alla stabilizzazione dei rapporti di lavoro.

Le sue posizioni sul contratto unico sono compatibili con l’impianto uscito dalla Conferenza di Genova? Come?
Il “progetto flexsecurity” contenuto nel disegno di legge n. 1873, che ho presentato con altri 54 senatori nel 2009, non si pone affatto in contraddizione con le misure proposte dal Pd: è solo molto più radicale nel perseguire il superamento dell’apartheid fra protetti e non protetti. Le misure proposte dal Pd potrebbero costituire una prima tappa sulla via di una riforma più ambiziosa. Però nell’unificazione del sistema contributivo occorre stare attenti a non confondere il lavoro parasubordinato o falso-autonomo con il lavoro dei veri autonomi. Per questi ultimi un aumento del contributo previdenziale al 30 per cento del fatturato è una vessazione. Il Pd deve stare attento a non eludere l’esigenza di questa distinzione fondamentale.

L’Italia è contrassegnata da un quindicennio di bassa crescita. Come far ripartire la creazione di ricchezza nel nostro Paese, necessaria per creare lavoro?
Occorrono certamente alcune misure di liberalizzazione di alcuni settori bloccati da vecchi monopoli o vecchie bardature corporative. Ma la leva più importante sulla quale dobbiamo agire è quella dell’apertura del nostro Paese agli investimenti stranieri. Oggi siamo i penultimi in Europa per capacità di intercettare gli investimenti nel mercato globale dei capitali. Se riuscissimo ad allinearci a un Paese europeo mediano, come l’Olanda, questo ci porterebbe un maggior flusso annuo di capitali in entrata pari a quasi 60 miliardi di euro: 29 volte il pur colossale investimento progettato da Sergio Marchionne per il progetto “Fabbrica Italia”.

L’incremento degli investimenti esteri diretti permette di incrementare il Pil a costo zero. Il PD crede che un mercato del lavoro più libero possa favorire l’arrivo di nuovi capitali, o lo reputa non necessario?
Non è questione di maggiore “libertà” del mercato del lavoro, ma di allineamento del nostro diritto del lavoro e del nostro diritto sindacale rispetto agli standard dei maggiori Paesi industrializzati. L’accordo interconfederale stipulato il 28 giugno scorso da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria costituisce un passo importante in quella direzione. Ma occorre anche semplificare la nostra legislazione in materia di rapporto di lavoro, rendendola più leggibile e traducibile in inglese, più capace di rispondere in modo chiaro alle domande che pone l’operatore straniero interessato a uno start up a sud delle Alpi.

La grande alleanza di riscossa civica e democratica, per dirla con le parole di Bersani, che unisca magari il Terzo Polo e Vendola, può reggere alla riedizione di un nuovo caso Marchionne?
Il problema non è “reggere” agli scossoni cui la globalizzazione e la crisi sottopone il Paese, ma avere una strategia e una visione chiare circa le riforme di cui il Paese ha bisogno. Su questo terreno programmatico la riscossa del centrosinistra mi sembra necessiti ancora di compiere un bel po’ di strada.

La concertazione tra capitale e lavoro sembra ancora la stella polare del centrosinistra. E’ ancora possibile, dopo la frattura del mondo sindacale?
Il pluralismo sindacale può anche essere una grande risorsa, se consente a strategie e modelli sindacali diversi di confrontarsi e competere tra loro, senza che le divergenze producano paralisi. In una nuova cornice di regole condivise che consentano questa competizione, si confronteranno un sindacato più propenso al rapporto tradizionale con il management e un sindacato più propenso alla scommessa comune con il management su piani industriali innovativi. Questo secondo modello vincerà soltanto se i lavoratori si troveranno davanti un management di buona qualità. Ma per migliorare la qualità del management occorre aprire alla concorrenza straniera. E così siamo tornati alla questione cruciale per il rilancio della crescita del Paese.

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