COME SI POSSONO ALLARGARE GLI ORIZZONTI DELLA POLITICA?

UN LETTORE INTERROGA OPINIONISTI E POLITICI SULLE DIFFICOLTÀ CHE LA DEMOCRAZIA CONTEMPORANEA STA ATTRAVERSANDO, NON SOLO IN ITALIA – GLI RISPONDO INDICANDO UN ITINERARIO POSSIBILE PER IL RILANCIO DELLA GRANDE POLITICA NEL NOSTRO PAESE

Lettera pervenuta il 30 maggio 2011 – Segue la mia risposta

Caro Senatore,
le invio queste mie inutili considerazioni sperando in un suo commento. La domanda finale – che ho fatto anche ad altri editorialisti – è stata finora senza risposta! Spero lei vorra’ darmene una.
DEMOCRAZIA E RAPPRESENTANZA – CRISI ?
Alcune democrazie europeee stanno attraversando un periodo di crisi
I Governi inglesi, francesi, spagnoli, tedeschi e italiano stanno attraversando la cosidetta “crisi di midterm“.
Si tratta di Governi – sia di destra sia di sinistra-eletti con buone maggioranze che si scontrano – dopo un certo numero di anni – con lo scontento generalizzato dei loro cittadini che rinfacciano loro di non aver fatto le cose che avevano promesso di fare . Le opposizioni sfruttano questo malcontento generalizzato per rendere ancora piu’ difficile la realizzazione dei programmi su cui i Governi avevano ricevuto la fiducia dei loro elettori.
Si tratta di una crisi superficiale o di una crisi sostanziale che mette in discussione la sopravvivenza del sistema democratico rappresentativo – parlamentare ?
Queste democrazie rappresentative si basano su poteri piu’ o meno forti dell’esecutivo ( p.es la Francia ove da De Gaulle in poi, i poteri del capo del Governo che e’ anche capo dello Stato, sono molto piu’ forti che in Italia dove per evitare un nuovo Mussolini la nostra Costituzione ha svuotato i poteri del Pres.del Consiglio ).
La conseguenza di tutto questo è : la pratica impossibilita’ dei Governi di riuscire a completare riforme incisive.
Per riforme incisive io intendo riforme che – in previsione dei problemi che dovranno affrontare le prossime generazioni ( per l’Italia ne cito due sole : le pensioni e il nucleare per non parlare della riforma dello Stato! ) – richiedono quasi sempre azioni impopolari che sottraggano consenso e quindi voti ( ricordiamoci i famosi NIMBY).
Appena i cittadini elettori si sentono toccati nel loro orticello, subito scatta in loro l’impulso alla difesa del loro interesse personale, dimenticando quello dei loro figli e dei loro nipoti.
A questo punto le maggioranze che esprimono i governi entrano in crisi e nella migliore delle ipotesi le riforme vengono accantonate e i governi navigano a vista giorno per giorno senza poter mettere in cantiere le riforme per cui sono stati eletti.
Se poi ci si mette pure la crisi economica il panorama diventa ancora piu’ tetro.
Comincio a convincermi che il sistema democratico rappresentativo riesca a fatica a gestire l’esistente e non possa essere la soluzione dei nostri problemi futuri.
Quali sono le soluzioni a questo problema senza far degenare le nostre democrazie da parlamentari-rappresentative a democrazie popolari o autoritarie che la Storia ha dimostrato di democratico non hanno nulla e di popolare meno che meno salvo lo sfruttamento (del popolo)??!!
La ovvia risposta di “un Governo forte” è troppo vaga !?
Un caro saluto,
Giuseppe Gloria

La democrazia, come il mercato concorrenziale, non si dà allo stato di natura: è uno strumento sofisticatissimo, che richiede non soltanto buone norme giuridiche ma anche una cultura radicata e un insieme di civic attitudes diffuse. Costruire tutto questo richiede tempo; e in questa costruzione l’Italia è un po’ più indietro rispetto agli altri grandi partner occidentali. Quello che manca all’Italia è soprattutto un rapporto di fiducia tra elettori e politici eletti, che consenta a questi ultimi di lavorare su di un orizzonte più largo dell’anno o due anni. Questa fiducia non si costruisce con nuove norme, ma con comportamenti adatti a generarla. Oggi, per esempio, la forza politica che voglia acquisire la fiducia necessaria per un programma severo di risanamento della finanza e delle amministrazioni pubbliche e di rilancio della crescita economica del Paese dovrebbe partire dal dimezzamento dei parlamentari, dalla riduzione di due terzi dei 120 consiglieri e del personale del CNEL, dalla soppressione delle province, dalla dismissione della parte male utilizzata del patrimonio pubblico (si pensi, per esempio, alle caserme e alle carceri che occupano enormi aree nel centro delle nostre città), dall’unificazione degli organi periferici di rappresentanza del Governo centrale. Queste misure non basterebbero, certo, ma sarebbero un primo passo importante, cui potrebbe seguire più credibilmente un programma severo di tagli degli sprechi e delle rendite parassitarie nelle amministrazioni pubbliche e di responsabilizzazione dei rispettivi dirigenti su obiettivi specifici, misurabili, ambiziosi ma realistici. Bisogna andare avanti in questa direzione con fiducia, senza impazienza. E senza cercare scorciatoie.   (p.i.)

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