MILANO: LA VITTORIA DEL PARTITO DELLE PRIMARIE

SENZA LE ELEZIONI PRIMARIE LA STRAORDINARIA ESPERIENZA CHE IL CENTROSINISTRA STA VIVENDO A MILANO NON SAREBBE STATA POSSIBILE: DI QUESTO METODO IL PARTITO DEMOCRATICO PUÒ E DEVE ANDARE FIERO 

Editoriale per la Newsletter n. 153, 23 maggio 2011 – V. anche gli altri due miei scritti di questa campagna elettorale milanese: Milano deve riscoprire la propria antichissima vocazione di città moderna e Lo strano garantismo del PdL milanese – Leggi inoltre l’editoriale di Luca Ricolfi, pubblicato su la Stampa,il 18 maggio 2011

     Senza le elezioni primarie del marzo scorso, Giuliano Pisapia non avrebbe avuto modo di farsi le ossa per il duro corpo a corpo elettorale con il sindaco uscente, non avrebbe potuto colmare il gap di notorietà che dallo stesso sindaco uscente all’inizio della corsa lo separava. E non sarebbe emersa la capacità dello stesso Pisapia – libero professionista prestato alla politica – di entrare in una sintonia tutta sua personale con la maggioranza dei milanesi.
     Senza le primarie – primarie vere, dall’esito incertissimo fino all’ultimo, svoltesi a marzo in un clima di grande rispetto reciproco tra i candidati – Stefano Boeri non avrebbe avuto l’occasione di diventare un vero leader dei democratici milanesi, dando loro un grande esempio di lealtà verso l’ex-avversario e di spirito unitario verso le altre componenti del centrosinistra.  L’eleganza e il fair play della sua campagna elettorale hanno colpito anche chi non lo ha votato, e non soltanto tra i sostenitori di Pisapia.
     Senza le primarie il centrosinistra milanese non avrebbe potuto far maturare, come scelta condivisa da tutte le proprie componenti, quella del ticket Pisapia-Boeri; si sarebbe presentato a queste elezioni municipali soltanto come una alleanza tra apparati di partiti e non – come invece è stato – come un movimento politico fondato sulla partecipazione attiva di decine di migliaia di militanti e di elettori.
     Senza le primarie, probabilmente il centrosinistra milanese non sarebbe riuscito a emanciparsi dal vezzo tutto italiano del particolarismo ideologico e dalla conseguente tendenza al frazionarsi in molte parrocchie, tanto fortemente connotate dalla fede politica astratta quanto indistinguibili nel modo concreto di governare la cosa pubblica.
     Certo, il “partito delle primarie” può nascere e consolidarsi solo se c’è un minimo di valori e di programmi condiviso da tutte le sue componenti. Solo il prossimo futuro ci dirà se l’asse Pisapia-Boeri, che tanto bene ha funzionato in questa fase della campagna elettorale, saprà funzionare altrettanto bene in questa settimana decisiva che ci attende prima del ballottaggio; e, in caso di vittoria,  dopo. Ma una cosa è certa: difficilmente questo sarebbe potuto accadere senza il passaggio delle primarie. Dell’introduzione di questo metodo tutto il centrosinistra milanese – e, chissà, anche il nuovo centrodestra che probabilmente sorgerà dalle ceneri del vecchio – deve rendere merito al Partito democratico. Il quale a piena ragione in questi giorni ne va fiero, dopo tre anni nei quali tutti i media hanno fatto a gara per svalutarlo e preconizzarne il collasso.

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